Sette anni sviluppo, è vero, sono un bel po’ di tempo, ma ciò che Ibis ha ottenuto con la Ripley giustifica tutta questa attesa.
Da tempo gli amanti del marchio attendevano una 29er in vero stile Ibis, cioè non una full da Xc, ma per il divertimento, con un’escursione non esagerata, con una geometria degna di una 29” moderna e con un feeling di guida in stile 26”.
Scot Nicol, il fondatore di Ibis, ha una filosofia ben precisa: costruiamo bici che ci piace poi di usare.
E quando Nicol è andato da Dave Weagle (il signor Dw-Link) per spiegargli cosa aveva in mente con la Ripley ha subito immaginato un’altra Ibis, ossia una bici capace di essere configurata in tanti modi diversi e tutti capaci di dare piacere nella guida.
Dalla Mojo in poi il nuovo corso delle Ibis è passato proprio attraverso una polivalenza che sulle prime disorienta: ma come? una 29er da 120 mm che però può diventare anche da 140? Beh, sì, la Ripley è anche questo. Volendo…
Un Dw-Link su misura
Non ci sono leveraggi, perché Dave Weagle, per soddisfare le richieste di Scot Nicol, ha dovuto fare una piccola magia: farli sparire e sostituirli con degli eccentrici. Nulla di complicato, anzi, è stata una scelta dettata dalla necessità di semplificare il funzionamento della sospensione posteriore.
Nel video seguente si riesce a comprendere la dinamica di funzionamento degli eccentrici, anche se il loro disegno differisce da quello di produzione così come non è previsto il passaggio interno del cavo del reggisella telescopico.
Gli eccentrici, all’atto pratico, svolgono il medesimo compito dei leveraggi che vediamo sulle Mojo, solo che ingombrano pochissimo. Ciò ha permesso alla Ripley un movimento centrale molto basso (32,5 cm) e un disegno della sospensione posteriore ancora più compatto e reattivo.
In questo video Scot Nicol mostra i principali step per il montaggio e la manutenzione della Ripley oltre al movimento che compie il carro in fase di compressione.
Guardate il carro: sul lato destro non si vedono bulloni o viti perché sono nascosti all’interno.
Solo sul lato sinistro sono più evidenti, ma non disturbano.
Weagle ha fatto ricorso alla sua esperienza per rendere il carro solido, reattivo e leggero.
L’unico neo che i puristi imputano a questa scelta è l’abbandono del classico design Ibis per il triangolo anteriore. Però, in compenso, adesso c’è spazio anche per il portaborraccia…
Il disegno della sospensione è studiato per conferire alla Ripley un naturale anti-squat (ossia antiaffondamento durante la pedalata) ed è ottimizzato per corone da 32-34 denti, ma l’efficienza della sospensione è di alto livello anche con corone più piccole.
La geometria e l’offset della forcella
Ibis suggerisce di utilizzare una forcella con un offset (o rake) di 51 mm per avere in sella le stesse sensazioni che hanno avuto i progettisti del marchio californiano. Questa soluzione, a onor del vero, è adottata da diversi costruttori di 29er ed è un aspetto cui si rivolge poca attenzione.
Ibis, invece, pone particolare cura in questo dettaglio, soprattutto in presenza di un angolo di sterzo di 70°, in caso di forcella da 120 mm, o di 68,5° con forcella da 140.
Appena si sale in sella si apprezza anche la ridotta altezza del tubo di sterzo, 94 mm, che permette di configurare la propria posizione in maniera molto precisa. La Ripley può essere impostata come una bici più o meno “Xc oriented” oppure come una trail bike.
Il carro ha una lunghezza non record, 44,2 cm, ma abbastanza contenuta da consentire alla Ripley di essere guidata davvero con scioltezza.
L’altezza ridotta dello standover (ovvero l’altezza da terra del cavallo della bici) è di 74 cm per la taglia M e questo contribuisce a spostare verso il basso il movimento centrale.
Un cenno sulla lunghezza del telaio: la taglia M prevede un tubo orizzontale reale di 58,4 cm, ovvero sia una lunghezza a nostro avviso per una guida disinvolta nell’offroad. Le scelte che Ibis ha adottato per la geometria della Ripley sono inappuntabili. Anzi, da riferimento.
Fuori dalla scatola…
La Ripley da testare è di taglia M e se vedete nelle foto un reggisella così prominente è perché ci aspettavamo una taglia L. Ma niente paura: una sella così alta aumenta anche la distanza fra la sella stessa e il manubrio e, anche se esteticamente sembrerebbe piccola, questa Ripley, dopo un paio di pedalate, diventa la bici... che abbiamo sempre guidato.
Feeling immediato.
Reattiva, veloce e sensibile, proprio come Scot Nicol la descrive.
Uno sguardo all’anteriore mette in mostra la sezione esigua della gomma di serie, la Specialized Ground Control da 2,1”: è una buona gomma, versatile, ma troppo stretta per i sentieri che abbiamo in mente.
Per inciso, sentieri da enduro…
Montiamo delle gomme più cattive, davanti e dietro: Schwalbe Hans Dampf da 2,35”, le stesse che avevamo sulla Cannondale Trigger 29 Carbon 1 e le stesse che stiamo utilizzando sulla Santa Cruz Bronson (della quale continua il test…), in modo da neutralizzare l’influenza delle gomme nella valutazione della Ripley.
Il cambiamento è impressionante, almeno fuoristrada, mentre su asfalto la scorrevolezza delle Specialized Fast Track da 2,0” è imbattibile, ma è un sacrificio che ripaga alla grande in discesa.
Prima però viene la salita.
Un’efficienza che strizza l’occhio al fuoristrada
E’ così che si può definire la taratura del Fox Float Ctd montato sulla Ripley: fluido, sensibile e anche non troppo propenso a smorzare l’affondamento della sospensione durante la pedalata.
Sulle salite lunghe e con fondo compatto, quindi, aspettatevi che la Ripley, soprattutto quando ci si alza sui pedali, disperda qualcosa.
Per fare un paragone, questo fenomeno è del tutto paragonabile a quello della Specialized S-Works Camber testata a ottobre.
E che non a caso diventa esaltante in discesa. Continuiamo però a salire.
Appena le ruote finiscono sullo sterrato, arriva il piacere puro.
Saranno le ruote da 29”, saranno le gomme endureggianti e metteteci anche il disegno Dw-Link della sospensione, perché questa Ripley è una goduria pura.
Passa sopra tutto e lo fa senza essere brusca.
Una volta che hai trovato il tuo assetto in sella alla Ripley e hai regolato il Sag nel modo migliore, sei pronto per andare ovunque.
E anche a scendere ovunque.
Arriva la discesa
Il modello da noi provato prevede un allestimento stock che non ci dispiace affatto. La forcella, in particolare, ha una corsa da 120 mm e steli da 32 mm che cercano di contenere il peso della bici.
12,01 kg (senza pedali e con le gomme Specialized di serie) sono un risultato non male, considerato che il telaio è capace di prestazioni in discesa di tutto rispetto.
La discesa però è un altro momento rivelatore.
Il Sag lo abbiamo impostato al 25%, seguendo le indicazioni di base di Ibis per avere una guida morbida e fluida in discesa.
Ma ci sono altre opzioni.
Sag al 30%, per avere un movimento centrale più basso e un angolo di sterzo ridotto (o più aperto), oppure Sag al 20%, per favorire l’efficienza di pedalata, specie nelle uscite più lunghe e più in stile marathon.
Noi siamo per questa via di mezzo: 27%, ottenuto dopo non poche misurazioni.
Quando la gravità ti spinge verso il basso la Ripley spegne tutte le virtù pedalatorie e accende quelle discesistiche.
Non è una bici da enduro, ma è una bici che non si trova a disagio sui sentieri enduro.
Non è più solo una bici per lunghe pedalate, ma è anche una bici per andare forte in discesa.
La taglia M si sposa bene con una guida aggressiva e le gomme da 2,35” aiutano le sospensioni e migliorano molto il grip.
Si va forte senza sforzarsi.
Si passa sopra gli ostacoli perché le ruote da 29” invitano a farlo.
I tornanti si chiudono come fosse una 26” e in discesa, davvero, l’unico limite è dettato dalla precisione della forcella che con gli steli da 32 tende a perdere precisione.
O meglio, se si conoscono i benefici di una forcella da 34 o da 35, i piccoli steli della 32 Float Ctd Fit da 120 li vedi andare in crisi presto.
Come sarebbe la Ripley con una forcella da 140?
Forse verrebbe snaturata.
Forse sarebbe meglio una forcella da 130, ma con steli più generosi.
La guida in discesa è molto piacevole a patto di apprezzare l’agilità piuttosto che la capacità di incassare colpi.
La Ripley, con forcella da 120, va forte se si ha la capacità di mettere le ruote nel posto giusto.
Quell’agilità diventa eccezionale in curva, specie in quelle più strette, perché la maneggevolezza raggiunge livelli notevoli.
Da 26”.
Le virtù che più si apprezzano della Ripley spiccano proprio la maneggevolezza e la versatilità.
Da un unico telaio è possibile tirare fuori tante Mtb diverse.
La filosofia di Ibis, in fondo, è proprio questa.
Che cosa non ci ha convinto
La Ibis Ripley è piena di virtù, ma ha anche alcuni dettagli migliorabili, a nostro avviso.
Come il passaggio ruota posteriore che diventa risicato nel caso si montino gomme da 2,35”. E’ vero, si tratta di gomme “importanti”, ma che non sono fuori luogo su una bici del genere.
Manca, inoltre, il passaggio interno per il cavo del reggisella telescopico, anche se montando un Ks Lev, come nel caso del modello testato, il risultato non è molto differente.
In conclusione…
La Ibis Ripley è una scelta da intenditori e di grande valore. E il costo è commisurato alle prestazioni e al blasone del marchio: 5490€ per la bici intera con l’allestimento da noi testato e 3190€ per il solo telaio.
La garanzia è di 3 anni e le colorazioni sono due: blue e black-green.
Come tutte le Ibis, la Ripley è destinata a durare e a segnare un riferimento fra le trail bike da 29 pollici.
Ammesso che sia corretto darle una definizione…
Per informazioni Ibiscycles.com oppure 4guimp.it
Ps: per darvi un'idea di quanto si possa essere veloci su una Ibis Ripley abbiamo realizzato questo video che mette a confronto la Ibis con una bici da enduro da 160 mm di travel. Le capacità di guida dei due rider sono normalmente di pari livello.
Ps2: se siete curiosi di sapere come va la Ibis Ripley con una Fox 34 Float Ctd da 140, cliccate qui.
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Sull'autore
Simone Lanciotti
Sono il direttore e fondatore di MtbCult (nonché di eBikeCult.it e BiciDaStrada.it) e sono giornalista da oltre 20 anni nel settore delle ruote grasse e del ciclismo in generale. La mountain bike è uno strumento per conoscere la natura e se stessi ed è una fonte inesauribile di ispirazione e gioia. E di conseguenza MtbCult (oltre a video test, e-Mtb, approfondimenti e tutorial) parla anche di questo rapporto privilegiato uomo-Natura-macchina. Senza dimenticare il canale YouTube, che è un riferimento soprattutto per i test e gli approfondimenti.