Scena realmente accaduta.
Sto caricando la Borealis Echo sul portabici della macchina (con qualche accortezza in più, viste le gommone) per andare a provarla in montagna.
Dietro di me c’è un tizio che parla al cellulare.
«Aspetta, aspetta, ti devo richiamare. Ciao».
Chiude la conversazione e, venendo verso di me, chiede:
- Scusa, ma che razza di bici è? E’ da un po’ che vado in Mtb, ma non ne ho mai viste così.
- E’ una fatbike.
- Cioè?
- E’ una bici nata per pedalare sulla neve.
- Ma pensa te… E guarda che gomme! Ma quanto sono gonfie?
E allunga la mano per toccarle e quando si accorge che non lo sono tanto rimane ancora più perplesso.
- Ma… non si bucano?
- Diciamo che non si pizzicano e il bello è proprio pedalare con ruote quasi sgonfie.
- Aspetta che gli faccio una foto. La voglio far vedere ai miei amici…
Il tizio mi saluta, salgo in macchina e parto.
Passare con la Borealis sul portabici dentro i centri abitati equivale a farlo guidando una Ferrari, perché in tanti si voltano a guardare questo mezzo così insolito, ma allo stesso tempo simpatico.
Sembra quasi di sentirli: «Hai visto che bici?».
Nemmeno la più bella delle bici da enduro, Dh o cross country otterrebbe lo stesso effetto.
Arrivo su in montagna, piove, ma tiro giù la bici e parto comunque.
Il fattore Q maggiore si sente
Due pedalate e me ne accorgo: i pedali sono più distanti fra loro perché la scatola del movimento centrale è da 100 mm di larghezza invece dei classici 68 o 73 mm. Sembra di pedalare a gambe larghe. Anzi, forse è proprio così.
Il rumore delle gommone
Dato il grande volume d’aria dei copertoni 26x4,0” e i cerchi Turnagain Rs80 da 80 mm di larghezza, la pressione può scendere molto in basso.
E si sente.
Pedalando sullo sterrato, il classico crepitio delle gomme che rotolano viene quasi a sparire. Si ha più la sensazione di un nastro che scorre.
Incredibile.
La scelta della pressione delle gomme sulla Echo è cruciale, perché ti cambia il feeling con la guida, le reazioni e anche il comfort.
Ho scelto 8 Psi, cioè una pressione molto bassa (anche se volendo si può scendere fino a 4, se il proprio peso lo permette) e la sensazione in sella è semplicemente assurda.
Immaginate la situazione.
Siete in salita su sterrato e davanti a voi c’è una serie di rocce incastonate nel terreno. Ci si deve passare sopra, insomma. Ecco, farlo con la Echo significa non sentirle minimamente. Nemmeno una full da Dh arriva a tanto.
La salita “rotola” via bene
La Echo, pur avendo un telaio in fibra di carbonio da 1370 grammi, non è in assoluto leggerissima. La bilancia ha dichiarato 13,11 Kg, ma viste le ruote è un bel risultato.
Se pesa, direte voi, in salita è lenta. E invece no.
La Echo si arrampica ovunque, soffre di meno davanti agli ostacoli (come sassi, rocce e radici) e permette un ritmo di pedalata più regolare.
Si guida come una ruspa, ma è molto più agile.
Arriva il single track
Per assaggiare le capacità della Borealis Echo serve la montagna. Servono le salite ripide, i sassi, le discese, le radici e ghiaioni. Serve insomma un habitat che sia il più simile possibile a quello in cui questa bici (e questa tipologia di bici in generale) è stata concepita.
Borealis si trova in Colorado.
Questo test lo abbiamo fatto sull’Appennino Centrale, a ridosso dei 2000 metri, giusto per farla sentire un po’ più a casa…
Il giro che ho scelto è divertente, vario, completo. Sentieri esposti, sentieri stretti, salite e discese ripide, tanto da guidare.
Salite ripide, un’altra rivelazione
Tanta impronta a terra e tanta capacità di filtrare le sconnessioni si traducono in grip, tanto grip. Se si hanno le gambe, la Borealis Echo sale bene, si arrampica ovunque, non pattina quasi mai e mantiene la sua velocità. Anche sui pendii fangosi se la cava davvero bene.
Sentiero guidato: l’inerzia si sente
Ecco un altro dettaglio caratteristico delle ruotone: cambiano direzione malvolentieri. O meglio, richiedono la giusta tecnica, ossia un certo periodo di tempo di ambientamento, dopo di che diventano più facili, ma mai immediate come una Mtb tradizionale.
La Borealis Echo mi ha dato la sensazione di preferire il passaggio sopra l’ostacolo piuttosto che aggirarlo scegliendo un’altra traiettoria.
Meglio “mangiarseli” gli ostacoli e, alle brutte, ci si salva con un bunny hop che, per inciso, riesce benissimo con questa fatbike.
Divertimento, insomma, ma a piccoli step, perché la Echo è tanto bella quanto misteriosa all’inizio.
Sentiero stretto: attenzione agli ingombri
Se vi piacciono i single track allora avrete imparato a conoscere gli ingombri e le misure della vostra Mtb. Ecco, salendo su questa bici occorre fare un reset.
La gomma è più larga (9,5 cm di larghezza misurati) e non riesce a passare sempre dove siete abituati a fare passare la vostra ruota anteriore.
I pedali sono più distanti fra loro e fra le rocce occorre ricordarsene.
Ma soprattutto il cambio è più spostato verso l’esterno perché il mozzo posteriore ha una battuta da 197 mm anziché 142.
Cambia tutto, insomma, e prima di infilarvi a manetta giù nei toboga, beh, ricordatevene…
Discesa: la gommona e la Bluto insieme
Difficile quantificare il travel effettivo di questa bici. La Rock Shox Bluto è da 100 mm di escursione, mentre la ruota anteriore ne avrà 40 mm. Totale 140 mm? No, il conteggio non è attendibile, ma la sensazione è quella di averne davvero tanti di mm e la difficoltà è riuscire a far lavorare la forcella e la gomma anteriore in maniera armonica.
La prima discesa mi ha dato la sensazione che la forcella fosse rigida, ma poi a fine discesa ho visto che il testimone sullo stelo era piuttosto in alto. Quindi la Bluto lavora, ma quasi non ce ne si accorge.
L’anteriore, comunque, è di grande comfort e sul discorso precisione occorre prenderci la mano prima di poter dire “ok, la posso guidare come voglio”.
Dietro è un hardtail e lo si sente dalle risposte più secche, nonostante la gommona, che arrivano sulla schiena e sulle gambe e che poi si trasferiscono sul manubrio.
Il reggisella telescopico (per di più uno splendido Thomson Elite Dropper Covert) è un bell’aiuto a guidare con più disinvoltura in discesa.
Borealis Echo: come non usarla
E’ una front, ma non è una front fino in fondo.
L’assetto in sella è piuttosto disteso (60 cm di orizzontale reale per la taglia M), ma meglio non acquistarla se state pensando di usarla su sentieri battuti e scorrevoli.
Non dà grossi benefici al piacere di guida. Pesa tanto (per essere un hardtail) e l’impronta a terra maggiore non dà vantaggi sui terreni compatti.
Se però vi entusiasma l’effetto “wow!” sui vostri amici quando andate a prendere l’aperitivo, allora è la bici che fa per voi.
Trasforma i sentieri difficili in sentieri divertenti
Ecco la conclusione: la Borealis Echo e, in generale, le fatbike sono bici per divertirsi sui sentieri impegnativi, che siano in montagna oppure no.
Le gommone rendono simpatica questa Echo e invitano a salirci sopra.
Danno una sensazione di piacevole protezione.
Ti fanno sorridere.
Date un’occhiata a questo video:
Il primo sorriso, quando la vedi, è di simpatia.
Poi, una volta imparato a conoscerla, diventa un sorriso di divertimento e di soddisfazione.
Borealis insieme a Surly avevano pensato a una bici per l’inverno. Era una idea nata un po’ per scherzo e un po’ per necessità.
E adesso è un fenomeno mondiale.
Ma quanto costa?
Il test è stato condotto con una Borealis Echo allestita in maniera impeccabile. Mancherebbero solo i cerchi in carbonio, ma il prezzo salirebbe tanto.
Il telaio è venduto da Dsb a 2199€, ma occorre considerare alcuni componenti specifici come forcella, pedivelle e ruote per poterla allestire.
A tale scopo Dsb propone un kit telaio con forcella Rock Shox Bluto, guarnitura Race Face Turbine da 100 mm di larghezza e le ruote Turnagain Rs 80 con gomme 45Nrth Husker Du a 3899€.
Insomma, costa quanto una bici full o front di alto livello, ma dopo averla provata (per breve tempo, purtroppo) vi consiglio di fare altrettanto: provatela e capirete che è una nuova maledetta tentazione.
Per informazioni Borealisbikes.com oppure Dsb-bonandrini.com
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Sull'autore
Simone Lanciotti
Sono il direttore e fondatore di MtbCult (nonché di eBikeCult.it e BiciDaStrada.it) e sono giornalista da oltre 20 anni nel settore delle ruote grasse e del ciclismo in generale. La mountain bike è uno strumento per conoscere la natura e se stessi ed è una fonte inesauribile di ispirazione e gioia. E di conseguenza MtbCult (oltre a video test, e-Mtb, approfondimenti e tutorial) parla anche di questo rapporto privilegiato uomo-Natura-macchina. Senza dimenticare il canale YouTube, che è un riferimento soprattutto per i test e gli approfondimenti.