Stereotipi e falsi miti accompagnano le risposte ad una domanda che riguarda la maggior parte dei ciclisti. Quanti anni dura un telaio in carbonio?
C'è un momento nella vita utile del "re dei materiali compositi" in cui le proprietà strutturali e meccaniche iniziano a decadere al punto da compromettere sicurezza e prestazioni?
Per liberare il campo dall'approssimazione abbiamo rivolto la fatidica domanda a Luca Bernardotto (foto sotto), titolare di Compositex S.r.l., azienda che dal 1986 si occupa della lavorazione della fibra di carbonio in ambito aerospaziale, automotive, motorsport senza dimenticare il ciclismo.
Al fianco di Luca, in questa nostra indagine, Alessio Rebagliati (foto sotto), CEO e co-fondatore di Exept che vanta una esperienza pluriennale nello studio della laminazione e del processo di industrializzazione della fibra di carbonio.
Schede tecniche e polimerizzazione
Il processo di lavorazione del carbonio è delicato e richiede una scrupolosa precisione.
Ogni minima contaminazione può compromettere l'integrità del prodotto finito. Un rischio che si insinua tra la fase di laminazione e polimerizzazione.
Ne avevamo parlato in un articolo pubblicato su BiciDaStrada.it:
Polimerizzazione, in pratica, significa "cottura" del carbonio attraverso diverse tecniche di lavorazione che portano il composito ad assumere lo stato solido desiderato.
«Le aziende del settore ciclo così come molte altre realtà - precisa Bernardotto - quasi mai producono in casa la fibra di carbonio. Le schede tecniche elaborate dalle aziende che forniscono i tessuti diventano quindi determinanti. Una volta solidificata correttamente la resina il materiale ha vita infinita certificata: "on condition", come si dice in gergo».
«Raggi UV, pioggia ed altri agenti esterni vengono schermati dalla verniciatura che diventa una vera e propria barriera protettiva. Oggi anche le finiture traslucide sono schermate così come le resine».
«Si crea così una doppia protezione che mette in cassaforte il componente in fibra di carbonio: un materiale che non teme l'umidità né tantomeno i solventi più aggressivi.
Non è un caso se nell'industria chimica si utilizzano serbatoi in carbonio. Un telaio grezzo potrebbe essere addirittura trattato con acetone senza riportare conseguenze».
Qui, però, una precisazione è d'obbligo.
Se il carbonio non è igroscopico (cioè capace di assorbire l'umidità nell'atmosfera) non si può dire altrettanto delle fibre aramidiche (es. Kevlar): esposte ad acqua ed umidità queste ultime tendono a distaccarsi.
Il Kevlar (immagine in basso) è uno dei materiali di rinforzo che ancora oggi in alcuni casi viene utilizzato per aumentare la rigidezza dei telai. Una scalfittura anche lieve in una di queste zone potrebbe quindi portare ad una deformazione.
Al di là di questi casi particolari (non preoccupatevi il Kevlar non è più così comune nella laminazione dei telai) serve un cambio di prospettiva.
«La fibra di carbonio non ha scadenza, ma ci deve essere il controllo, i cosiddetti Controlli Non Distruttivi (Non-Destructive Inspections), come ad esempio la tomografia che esegue una vera e propria radiografia ai raggi X della struttura».
«Metto un attimo in disparte il telaio della bicicletta. I forcelloni utilizzati in MotoGp pesano solo 4 kg e viaggiano su moto da 300cv. Hanno vita utile infinita, ma vengono controllati ogni 2.000 km perché lo stress è molto alto. Così avviene anche per alcune pale d'elicottero da noi prodotte che sono addirittura sovradimensionate di sei volte rispetto al carico nominale d'utilizzo. Anche qui vita utile infinita certificata, vernici dedicate e controlli costanti».
Nel ciclismo, aggiungiamo noi, tutto ciò non è la prassi anche se è doveroso precisare che diverse aziende eseguono a campione Controlli Non Distruttivi a fini di controllo qualità.
Calore e temperatura: massima attenzione
Ci sono delle condizioni che non fanno bene al carbonio.
Parliamo in particolare delle elevate temperature di un ambiente.
Non c'è da preoccuparsi: un telaio in fibra di carbonio non si liquefarà.
Lasciare la bici in auto, sotto il sole estivo, è, però, assolutamente da evitare così come tutte le situazioni in cui in gioco c'è un'importante e costante esposizione ad una fonte di calore.
«Oggi anche a 120°C le moderne resine continuano a svolgere regolarmente la loro funzione di collante con il rinforzo (cioè la fibra, il tessuto, ndr) che resiste ad oltre 1.500°C. Il modulo viene dichiarato compromesso solo quando si inizia ad erodere lo stato della resina. I limiti, quindi, sono piuttosto alti senza contare che ci si accorge presto di aver compiuto qualcosa di sbagliato perché è difficile maneggiare a mani nude un telaio a 100°C. C'è un però...».
Secondo Bernardotto un conto è esporre una struttura statica ad un'elevata temperatura mentre un altro è associare all'alta temperatura uno stress meccanico.
«In linea di massima la bici abbandonata in auto sotto il sole non dovrebbe presentare problemi se di recente costruzione. Il rischio aumenta quando un telaio, a seguito dell'esposizione a calore, viene pedalato in maniera intensiva: qui potrebbero insorgere deformazioni/cedimenti».
«In nostro aiuto però arriva la bassissima inerzia termica della fibra: significa che dopo poco tempo il carbonio tende a copiare la temperatura dell'ambiente. Se l'ambiente registra 40°C al composito bastano anche solo due minuti per raggiungere questo valore. Allo stesso modo la struttura si raffredda velocemente. L'attenzione a mio avviso si deve spostare su verniciatura ed incollaggi (ad esempio la zona del carro sulle hardtail o sulle bici da strada/gravel, ndr), due dimensioni che paradossalmente sono più sensibili al calore».
Attenzione!
Se il telaio di una bici in carbonio si deforma e/o presenta bolle (blistering, ndr), è fortemente sconsigliato operare una riparazione.
Gli spessori sono minimi, le superfici delle tubazioni non sono planari e bisognerebbe conoscere tutte le specifiche tecniche della resina per monitorare i cambiamenti di stato a diverse temperature.
Un dato quest'ultimo che non viene mai condiviso dai vari marchi.
Quanti anni dura un telaio in carbonio? Occhio al sovradimensionamento
«La vita è infinita, ma la prestazione non è sempre la stessa. Può esserci un lieve calo - precisa Alessio Rebagliati di Exept - Se analizziamo un telaio in carbonio a distanza di dieci anni usato e mantenuto nelle condizioni ideali ci sarà sempre una lieve discrepanza sugli indicatori percentuali della performance».
È una questione che ha a che fare con il sovradimensionamento.
Le pale di un elicottero possono impiegare fino a sei volte la quantità di materiale richiesto per l'utilizzo.
Un telaio di una bici da competizione è, sì, sovradimensionato (l'UCI ha stabilito appositi test di resistenza a fatica e impatto), ma allo stesso tempo "tirato" e vicino al limite per garantire il miglior compromesso sicurezza/peso/rigidezza/prestazione.
«I vari marchi costruiscono i telai per farli rendere al meglio alle condizioni d'uso di un ciclista. Sembra un'affermazione banale, ma non lo è».
«Factor, ad esempio, applica un adesivo che vieta di sedersi sul tubo orizzontale.
Cosa significa ciò?
Dato che il carbonio è un materiale anisotropo (ovvero le sue proprietà peculiari dipendono dalla direzione lunga la quale vengono considerate), la fibra viene stesa nello stampo per resistere al meglio a determinate situazioni. Se vengono applicate forze differenti da quelle stabilite il materiale potrebbe cedere o delaminarsi perché non presenta le medesime caratteristiche in ogni direzione (condizioni di isotropia)».
«Il nocciolo della questione è che la fatica dei metalli è facilmente calcolabile grazie a formule matematiche. Significa che oggi è possibile sapere come reagirà una lega di alluminio tra cinque o dieci anni.
Non è così per il carbonio. Per il semplice motivo che "non esiste il carbonio". Parliamo di un composito che è oggetto di continue variazioni ed ottimizzazioni da parte dei produttori. Difficile, quindi, creare un database per aggregare dati di resistenza a fatica nel lungo periodo».
In conclusione
Quindi, quanti anni dura un telaio in carbonio?
Al contrario di quanto succede con i metalli soggetti a snervamento, possiamo dire che la vita utile è pressoché infinita se utilizziamo la bici con criterio e non la esponiamo a temperature estreme caldo/freddo.
Verniciatura ed incollaggi, però, potrebbero avere una tenuta inferiore rispetto alle resine epossidiche impiegate nel telaio, diventando così i veri punti critici.
Molte hardtail moderne, ad esempio, sono composte da un triangolo principale e dai foderi del carro provenienti da altri stampi, che vengono assemblati in un secondo momento tramite incollaggio e fasciatura: la zona posteriore è sicuramente quella da tenere sotto controllo nel lungo periodo.
Per i telai full, il discorso è diverso, abbiamo di solito due pezzi monoscocca (triangolo e carro) che vengono collegati tra loro grazie ai vari link: questa tecnica di costruzione, unita alla presenza di un ammortizzatore che filtra le sconnessioni del terreno, potrebbe rendere i telai biammortizzati addirittura più longevi. A patto che non abbiano subito impatti diretti importanti...
Infine, una dimensione che pare non essere ancora del tutto compresa è quella del controllo nel tempo.
I Controlli Non Distruttivi vengono eseguiti "per sapere come sta" una struttura in fibra di carbonio: forcelloni della MotoGp, scocche delle auto da Formula 1 e gli arm delle imbarcazioni che partecipano alla Coppa America sono solo alcuni esempi legati all'ambito sportivo di parti analizzate ai raggi X.
Perché il telaio in carbonio di una bicicletta non gode delle stesse attenzioni?
Rimanete sintonizzati perché andremo ad esplorare anche l'universo dei Controlli Non Distruttivi...
Qui tutti i nostri approfondimenti riguardanti il carbonio.
Qui sotto, un articolo pubblicato su BiciDaStrada.it in cui vi spieghiamo come si produce un telaio:
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Sull'autore
Giovanni Bettini
"I poveri sono matti" diceva Zavattini. Anche i ciclisti oserei dire. Sono diventato "pazzo" guardando Marco Pantani al Tour de France 1997 anche se a dire il vero qualcosa dentro si era già mosso con la mitica tappa di Chiappucci al Sestriere. Prima le gare poi le esperienze in alcune aziende del settore e le collaborazioni con le testate specializzate. La bici da strada è passione. E attenzione: passione deriva dal greco pathos, sofferenza e grande emozione.