Allenamento per le gare di Mtb: qualità vs quantità.
Dai vari post "Il mio anno di Sport" su Strava, sono usciti fuori dei dettagli interessanti.
Molti amatori che corrono in Mtb (Xc e marathon), nel 2018 hanno percorso gli stessi o addirittura più chilometri di tanti professionisti, rendendo però molto meno in gara...
Ora, a prescindere dai fattori genetici e sociali, questa è un'ulteriore conferma sul fatto che negli ultimi anni le abitudini dei pro' sono cambiate (fanno molti meno chilometri, ma prestando più attenzione alla qualità), mentre parecchi amatori fanno ancora un po' fatica a comprendere alcuni concetti...
Proprio per questo motivo, abbiamo deciso di approfondire il discorso di "qualità vs quantità" insieme a Matteo Lonati, coach di diversi pro' della Mtb, ma anche di molti amatori. Ecco il suo parere sulla questione.
DC
Negli ultimi anni, in mountain bike si osservano amatori che svolgono un monte ore settimanale di allenamento molto più alto dei professionisti e di riflesso arrivano al termine dell’anno solare con anche il doppio di chilometri percorsi rispetto a chi fa di lavoro il biker.
La domanda che spesso mi viene posta è il motivo di questa tendenza e se sia più utile concentrarsi sulla quantità o sulla qualità dell’allenamento.
Il carico allenante è un processo molto complesso che si pone lo scopo di influire positivamente sull’aumento della performance dell’atleta e di realizzare nei migliori dei modi possibili tale prestazione in situazioni di competizione contro avversari o contro sé stesso.
Il carico allenante è composto dalla relazione e combinazione dei parametri di volume (quantità), intensità (qualità) e densità degli stimoli allenanti. Il variare e bilanciare questi tre elementi, va sommato alla fase di recupero necessaria per assimilare in un secondo momento lo stimolo allenante introdotto.
Tali parametri sono altamente soggettivi e condizionati nel pratico dal livello dell’atleta, dalla capacità di tollerare più quantità o più qualità e da altri fattori extra allenamento, come ore disponibili per allenarsi o le ore disponibili per garantire il giusto recupero.
La risposta a questa a tendenza a livello tecnico la possiamo trovare in diverse e varie motivazioni: l’amatore ha necessità di sviluppare e creare una base di resistenza aerobica generale, che è alla base di qualsiasi disciplina di endurance e rappresenta il principale fattore limitante.
Questo processo prevede la necessità di sviluppare in primis una buona capacità di tolleranza al volume e alle ore da passare in sella, presupposto che atleti professionisti hanno di default e bastano poche settimane o un mese di ritiro invernale per ritrovare una capacità aerobica generale ben solida che gli permetta di poter già iniziare a costruire aspetti molto articolati della loro forma fisica.
Continuare a pedalare in zone di comfort, seppur per tante ore, non gli permette invece di aumentare il loro fitness: il professionista, per evitare questa situazione, sfruttando le sempre più moderne tecniche di allenamento sposta il focus sulla sempre più importante necessità di curare e migliorare la qualità del carico, rendendo i propri allenamenti più specifici e funzionali alla realtà che poi troverà in gara.
Questo presuppone alta intensità (esercitazioni su cambio ritmo, scatti, progressioni e attacchi) e cura dei dettagli della tecnica in bici (generalmente nel mondo amatoriale si vincono le gare in salita e si perdono in discesa, mentre nel professionismo si vincono e si perdono sia in salita che in discesa) che portano a coprire meno chilometri e meno ore in sella, ma che comunque rimangono notevoli e non alla portata di qualsiasi amatore.
Scendendo nel dettaglio, l’amatore ha meno ore da dedicare al recupero rispetto al professionista, ma ha il vantaggio di correre meno della metà delle gare che corre un professionista della mountain bike sia nel campo Xco, sia nel campo Marathon.
Il correre praticamente tutte le domeniche presuppone la necessità di dover dedicare in un microciclo settimanale classico almeno il giorno pre-gara e il giorno post-gara al recupero, riducendo in primis il volume.
Spesso, per garantire massima freschezza e brillantezza atletica viene sacrificato anche il venerdì (spesso giorno di viaggio) e, per recuperare a pieno dallo sforzo intenso della domenica, il martedì viene ulteriormente dedicato al recupero, perché quella è la giornata in cui la fatica, per una serie di fattori fisiologici, è al suo massimo livello.
L’amatore sfrutta a pieno il meritato weekend, il professionista corre spesso e quando (raramente) ha un weekend libero senza dover subire lunghe trasferte, lo dedica al relax.
Sul piano metodologico non ci deve essere l’esasperazione di una componente rispetto all’altra, bisogna bilanciare in modo adeguato e ottimale quantità, qualità e densità dello stimolo allenante. Amatori e professionisti che hanno piena disposizione dell'allenamento, una volta che hanno soddisfatto determinati adattamenti funzionali (consolidamento, capacità e resistenza aerobica base) e specifiche (sufficienti per garantire la copertura dell’evento sportivo che si andrà a svolgere) dati dalle sedute di allenamento più lunghe, che presuppongono quindi intensità più basse, dovranno spostare il focus sulla qualità dell’allenamento, che se effettuata con metodo è la componente fondamentale per il successivo miglioramento.
Per l’amatore o il professionista che ha tempo limitato, invece, un focus fin da subito su qualità ed intensità è fondamentale, in quanto si esclude la possibilità di modulare il parametro volume.
I due principali errori da evitare sono: rendere monotone e standard sia quantità che qualità dell’allenamento e non garantire il giusto recupero se esasperate queste due componenti.
Per informazioni su Matteo Lonati visitate il suo sito internet o la sua pagina Facebook.
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Redazione MtbCult
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