Perché le full da Xc sembrano tutte uguali?
O meglio, perché le linee e gli schemi sospensivi delle full suspension da Xc realizzate negli ultimi anni sono così simili tra loro?
Poca originalità?
Poca voglia di osare?
Poca voglia di investire?
A volte è successo anche questo, soprattutto in passato, ma negli ultimi anni non è così.
La realtà è un'altra, cerchiamo di chiarire la situazione in modo semplice, senza entrare in argomenti troppo tecnici, ma analizzando le evoluzioni e le tendenze del mercato.
GLI OBIETTIVI
Con quali obiettivi nasce un telaio da Xc/Marathon?
1) Leggerezza: il peso è sicuramente un obiettivo importante, non il più importante, ma assume un ruolo fondamentale in fase di progettazione.
2) Prestazioni: lo schema sospensivo deve essere efficiente e compatibile con gli ammortizzatori in commercio, ma anche sufficientemente rigido torsionalmente e reattivo in pedalata.
3) Praticità e integrazione: un aspetto fondamentale, perché la fetta di clienti più importante utilizzerà la bici nelle gare di lunga distanza (GF e Marathon). La bici deve essere pratica, oltre che funzionale, un esempio lampante riguarda la presenza del secondo portaborraccia, ma mettiamoci anche lo spazio per eventuali multitool o kit di riparazione.
I tracciati sono sempre più esigenti, gli utilizzatori sono sempre più “istruiti” ed evoluti, quindi c'è bisogno di un prodotto completo e performante sotto tutti i punti di vista.
I PROBLEMI
Sulla carta è facile, ma quando bisogna mettere in pratica un progetto la situazione si complica.
Pensando al funzionamento “puro” dello schema sospensivo, quindi alla sua capacità di lavorare in modo armonioso, svincolando il lavoro di sospensione, freno e trasmissione, esistono tante ottime soluzioni.
Partendo dal classico quadrilatero con giunto Horst, per passare a schemi più complessi come il VPP, il Dw-Link, lo Split Pivot e arrivando a tutti gli altri sistemi nati sulle bici da trail/enduro, settori in cui i fattori peso e reattività in pedalata passano in secondo piano.
Aziende come Yeti o Santa Cruz hanno provato a modificare e riportare i loro sistemi (Switch Infinity e VPP) anche nel settore Xc, ottenendo dei telai ottimi dal punto di vista delle prestazioni, ma più pesanti e complessi rispetto a quelli dei loro competitors.
Il problema opposto lo hanno avuto in passato le aziende che hanno alleggerito troppo, ottenendo scarsi risultati: o si perde in prestazioni, oppure in resistenza.
Quindi...
IL COMPROMESSO
Quindi c'è bisogno di un compromesso tra prestazioni, peso e praticità.
E qual è lo schema sospensivo in grado di offrire un mix tra queste qualità?
E' il quadrilatero con carro pivotless, quindi senza giunto Horst, ma con foderi superiori flessibili.
Il carro pivotless permette di ridurre il peso del telaio e anche la quantità di boccole, cuscinetti e perni. Ma necessita anche di un carbonio ad hoc, resistente, flessibile e con forme dei tubi studiate per svolgere un lavoro specifico.
Parliamo di uno schema semplice come design, ma esigente dal punto di vista dei materiali, che lavora in maniera ottima con travel contenuti (100-120 mm), quindi si adatta alla perfezione ai telai da Xc e Marathon.
Al giorno d'oggi, quasi tutte le aziende sono riuscite ad ottenere degli schemi sospensivi di questo tipo, con i requisiti corretti sul fronte del funzionamento e questo è stato un bel passo in avanti.
Una soluzione originale e innovativa è quella di Cannondale, ossia il “Flex Pivot” presente sull'ultima Scalpel.
In questo caso, il giunto Horst è sostituito da una lamina di carbonio posizionata sui foderi bassi, in grado di flettere e svolgere una funzione molto simile a quella del fulcro classico.
Possiamo definirla una “versione 2.0” dello schema pivotless tradizionale, che potrebbe ispirare le altre aziende per i progetti futuri.
Dal punto di vista “estetico” esistono due tipi di quadrilateri dotati di carro pivotless: con ammortizzatore verticale e con ammortizzatore orizzontale.
Le differenze funzionali tra i due sistemi sono minime e non dipendono dalla posizione della sospensione, quello che cambia è l'ingombro dell'ammortizzatore stesso e quindi lo spazio libero all'interno del triangolo principale.
Ne abbiamo parlato qui:
IN CONCLUSIONE...
Lo schema sospensivo che si affida ad un carro pivotless con ammortizzatore orizzontale è quello che al momento permette di raggiungere tutti gli obiettivi citati all'inizio, di conseguenza è il più utilizzato dalle varie aziende, più o meno blasonate.
E' proprio per questo che le full da Xc sembrano tutte uguali, ma in realtà non lo sono: cambiano i materiali, la posizione dei vari link, le curve di compressione degli ammortizzatori, le geometrie e tanti altri dettagli che all'occhio nudo sono invisibili, ma che spesso si percepiscono in fase di utilizzo.
La questione è chiara, talmente tanto chiara da aver convinto anche aziende come Santa Cruz ad abbandonare uno schema “simbolo” come il VPP sulla Blur 2022, optando per un sistema più semplice e leggero 👇🏻
Insomma, che vi piaccia o meno, attualmente la situazione è questa: se cercate un telaio leggero e funzionale dovete rinunciare all'originalità estetica. Se invece cercate qualcosa di più esclusivo e non guardate troppo la bilancia, allora avete l'imbarazzo della scelta...
In un certo senso, però, l'unica azienda capace di "cambiare davvero le carte in tavola" è stata Scott, che riprendendo il progetto di Bold e modificandolo in chiave Xc ha tirato fuori dal cilindro la nuova Spark.
Un mezzo che può piacere oppure no, ma di certo ha iniziato a cambiare gli standard estetici ed il modo di intendere la bici da Xc.
Staremo a vedere in che direzione andrà l'evoluzione delle Mtb...
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Sull'autore
Daniele Concordia
Mi piacciono il cross country e le marathon, specialità per le quali ho un'esperienza decennale. Ho avuto un passato agonistico sin da giovanissimo, ho una laurea in scienze motorie e altri trascorsi professionali nell’ambito editoriale della bici.