La bici come medicina e i controlli consigliati: ne abbiamo parlato con uno specialista
Giovanni Bettini
La bici come medicina e i controlli consigliati: ne abbiamo parlato con uno specialista
Giovanni Bettini
Novembre è da sempre un vero e proprio "mese spartiacque" che segna il confine tra la fine e l'inizio di una nuova stagione.
Tempo di bilanci, ma anche di nuove basi e prospettive per godersi al meglio ogni pedalata.
I controlli medici sono il primo passo per capire qual è il nostro stato di salute e la condizione atletica di partenza. Abbiamo approfondito la questione con il dott. Paolo Crepaz (foto sotto), Medico Chirurgo, specialista in Fisiatria e Medicina dello Sport, delegato della Federazione Medico Sportiva Italiana (FMSI) per il Trentino. Ad emergere più che una lista di esami specifici è una nuova visione delle cose: la bici come medicina.
Un modo sano per curare, controllare e prevenire determinate patologie ed allo stesso tempo un'attività che proprio in virtù dei suoi "principi curativi" non deve essere oggetto d'abuso.
- Dottore, la visita di idoneità è forse l'unico controllo che un ciclista amatore medio esegue prima dell'inizio della stagione. È sufficiente?
- Al di là dell'obbligo per tutti coloro che intendono tesserarsi (d.m. 18 febbraio 1982) è proprio questo il primo momento utile per andare a fondo. Detto in altri termini, strappare l'idoneità non basta...
- Com'è possibile andare oltre?
- L'obiettivo della visita è certificare che il soggetto “non presenta controindicazioni in atto alla pratica sportiva agonistica”. Significa escludere fin da subito potenziali patologie. Condividere con il medico dello sport informazioni riguardanti la salute, lo stile di vita, la storia clinica della propria famiglia (anamnesi, ndr) e, non da ultimo, gli obiettivi in ambito sportivo può portare a far emergere situazioni di potenziale rischio. Ed è in questa fase che devono essere eseguiti esami clinici mirati. Attenzione però a non distorcere questo concetto.
- Ovvero?
- Si parla più dei rischi, sconfinando a volte nel terrorismo psicologico, quando le opportunità legate alla pratica sportiva sono di gran lunga superiori. Il passo verso la "medicalizzazione dello sport" è breve ed è una prospettiva che non amo. Messa in termini pratici: fare sport non significa monitoraggio costante, esami del sangue quattro volte l'anno, avere il dietista, il fisioterapista, il preparatore, etc. Tutto questo può essere utile in certi casi-limite, ma spesso non ha senso rispetto alla reale possibilità del soggetto di esprimersi dal punto di vista atletico.
- Andiamo a fondo...
- A me piace intendere la bicicletta come medicina. Una medicina che diventa occasione di socialità, ma anche di conoscenza e percezione del proprio corpo e del relativo stato di salute. E come per i farmaci anche nella pratica del ciclismo e delle attività affini c'è una posologia da rispettare per avere dei vantaggi, migliorare ed andare più forte. Questa è un'ulteriore dimensione che assieme ai fattori di rischio può essere indagata con il medico dello sport. Abbiamo una grande opportunità a portata di mano: usiamola bene!
- C'è qualcosa che un ciclista amatore deve assolutamente evitare?
- I chili di troppo e la voglia di emulare i professionisti. Oggi nel ciclismo si punta molto di più sulla qualità e sull'incremento della potenza. Questo percorso porta a reali benefici solo se alla base c'è un condizionamento aerobico che permette di sostenere determinati carichi di lavoro. La maggior parte della popolazione si allena due o tre volte la settimana. Non ha senso lavorare sulla potenza in bici e/o in palestra quando la capacità di resistenza è contenuta. Il discorso cambia se in una settimana il soggetto porta a termine quattro o cinque sedute.
- Ci sono degli esami che possono essere utili al medico dello sport per una prima attenta valutazione?
- Gli esami del sangue eseguiti nei 30 giorni antecedenti la visita di idoneità. Posso affermare con certezza che su dieci pazienti solo due si presentano in ambulatorio con questa valutazione.
- Per concludere una provocazione: se molto può nascere dal confronto con il medico dello sport c'è da dire che spesso il dialogo con questa figura durante la visita di idoneità è piuttosto sterile. Qualche suggerimento per rompere gli schemi?
- Spesso siamo oberati da una agenda strettissima e dalle visite che finiscono per essere l'unica mansione del nostro lavoro che in realtà ha competenze ben più ampie: alimentazione, valutazione funzionale, prevenzione degli infortuni e del doping solo per citare i principali ambiti. Ammetto le colpe della categoria. Allo stesso tempo rivolgo un invito a tutti i ciclisti: se è vero che la bicicletta è una medicina, il confronto con il medico dello sport è il primo passo verso la conquista del benessere... In sella.
Qui sotto un articolo dedicato a tutti coloro che hanno raggiunto gli "anta"...
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Sull'autore
Giovanni Bettini
"I poveri sono matti" diceva Zavattini. Anche i ciclisti oserei dire. Sono diventato "pazzo" guardando Marco Pantani al Tour de France 1997 anche se a dire il vero qualcosa dentro si era già mosso con la mitica tappa di Chiappucci al Sestriere. Prima le gare poi le esperienze in alcune aziende del settore e le collaborazioni con le testate specializzate. La bici da strada è passione. E attenzione: passione deriva dal greco pathos, sofferenza e grande emozione.