Dove compro la bici? In negozio oppure online?

Simone Lanciotti
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Dove compro la bici? In negozio oppure online?

Simone Lanciotti
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Immaginate la situazione: è arrivato il momento fatidico, quello dell’acquisto di una nuova Mtb.
Mi sono calato nei panni di chi, oggi, si trova a diventare strabico nella scelta della bici da comprare.
E la domanda che in molti si sentono risuonare nella testa è:
«Dove compro la bici? In negozio oppure online?»
Ecco, questa è proprio una cavolo di bella domanda.

Rispondo di seguito, analizzando la faccenda e partendo da un gusto personale: mi piacciono le trail bike da 29”.
E allora ho immaginato questa situazione: se oggi dovessi acquistare una bici 29” da trail riding, quale sceglierei?
Per restare nel tema dell'articolo (cioè un marchio online e un marchio da negozio) ho scelto la Yt Jeffsy 29 e la Santa Cruz Hightower 29 (che ho provato in versione 650b Plus).

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La Yt Jeffsy Cf Pro Race 29

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La Santa Cruz Hightower 29

La Jeffsy 29 più bella e raffinata costa di listino 4499€.
Mentre la Hightower 29 con l’allestimento top, escludendo le ruote con cerchi Enve, arriva di listino a 8199€.
Cioè, quasi il doppio.
E da qui mi calo nei panni di chi, questo dubbio, ce l’ha davvero.

Quale scegliere?
Mettiamo il caso che io quei 7-8000€ da spendere per una Hightower con allestimento “presidenziale” non li abbia, ma che nemmeno voglia ripiegare su qualcosa che dopo un po’ inizi a suonarmi come un “vorrei ma non posso”.
Ho un budget “elastico”: parto da 5000, ma se trovo qualche proposta che mi convince e mi piace, potrei arrivare, sforzandomi, a 6000€.
E dico 6000…
6000€ per una bici.
Ma queste bici li valgono davvero tutti questi soldi?
Perché 6000€ non sono proprio una passeggiata.
Allora mi sono messo un po’ a indagare (e qui sono tornato nei miei panni) ed è venuto fuori che i marchi online sono sicuramente i più convenienti nell’immediato, ma a lungo andare, almeno per ora, le cose non sono così facili…

Il carbonio è tutto uguale?
E poi ho pensato al carbonio e alla solidità delle bici.
Tutti i marchi usano lo stesso carbonio?
E le tecniche costruttive sono le stesse per tutti?
Ho indagato un po’, senza la pretesa, purtroppo, di arrivare alla verità assoluta (perché nessun marchio è interessato-disposto a dirti tutta la verità e nient’altro che la verità), ma è venuto fuori che al mondo i produttori di telai in fibra di carbonio sono quasi tutti in Oriente, fra Cina e Taiwan, dove la manodopera, magari costa meno, ma è sicuramente molto specializzata e molto esperta.

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Gli strati di fibra di carbonio pre-preg ai quali è già stata data la forma del triangolo anteriore.

I telai in fibra di carbonio per i marchi di medio-grandi dimensioni sono realizzati perlopiù da 2-3 produttori e tutti adottano tecniche molto collaudate e molto moderne.
Esistono però differenze, a volte significative, fra un marchio e l’altro.
Da quanto hanno dichiarato Trek, Specialized e Santa Cruz, tanto per citarne alcuni, la loro produzione di carbonio avviene, ancora in Oriente, ma in fabbriche di loro proprietà, per evitare che delle loro specifiche e delle loro accortezze entrino in possesso anche altri marchi, i cui telai vengono prodotti magari nella medesima fabbrica.
Quindi, mediamente la qualità del carbonio è molto alta, ma sussistono differenze comunque marcate fra un brand e l’altro.
Un esempio?

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Gli strati di fibra di carbonio pre-preg utilizzati per la creazione della zona del movimento centrale. I dettagli della realizzazione di un telaio con questa modalità sono stati descritti in questo articolo. Che vi consigliamo di leggere... Foto Martin Bissig/Scott-Sports.com

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Lo stampo è uno degli elementi più costosi per ogni produzione che impieghi la fibra di carbonio, perché è in acciaio e spesso è di dimensioni differenti a seconda della taglia del telaio. Foto Martin Bissig/Scott-Sports.com

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Ed gli strati di fibra di carbonio avviluppati intorno alla struttura che sarà poi l'insieme tubo piantone-movimento centrale. Foto Martin Bissig/Scott-Sports.com

Il passaggio interno dei cavi (in pochi hanno tutte le guide interne), il rapporto rigidità/leggerezza (dovuto alla qualità del carbonio e della resina utilizzate e alla precisione nella sovrapposizione degli strati di fibra di carbonio) e la resistenza agli impatti sono alcuni degli aspetti che fanno una grande differenza fra un telaio e l’altro, pur essendo sempre in fibra di carbonio.
Ovvero, questo materiale ha un costo di produzione superiore a quello della lega leggera, ma non è l’unico motivo per cui le bici arrivano a prezzi, a volte, siderali.

Un fatto di “cartello”
C’è anche questo dettaglio da considerare: le bici con telaio in fibra di carbonio con un certo allestimento e per un certo utilizzo hanno un costo praticamente identico.
E a questa cosa siamo abituati da tempo, anche perché è così in molti altri settori merceologici.
Restando in campo bici, una Mtb da Xc di altissimo livello ha un costo di listino che parte da 6500-7000€ e arriva a superare i 9000€, anche se poi, al momento dell’acquisto, fra sconti e saldi, si arriva a pagarle fra i 500 e i 1000€ in meno.
In sostanza “il cartello” dice che chi è in grado di produrre una Mtb che abbia quelle caratteristiche di leggerezza, rigidità, affidabilità, qualità del montaggio e appeal (leggasi anche “potenza di marketing”) può darle quel prezzo lì.
E poi scendendo nella gamma si trovano tutti gli altri allestimenti e prezzi.
Ma “il cartello” dice questo.
E i marchi online, allora, a quale “cartello” fanno riferimento?

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Un dettaglio del Rose Bike Town, uno dei negozi più grandi di Europa. Qui la nostra visita al suo interno.

In negozio oppure online?
E’ qui una prima differenza sostanziale.
Un marchio che viene venduto solo in negozio ha un costo superiore rispetto a un marchio che invece vende solo online.
E’ torniamo al caso Jeffsy 29 vs Hightower 29.
Il confronto è quasi improponibile in termini di prezzo, e magari, in termini di prestazioni le differenze non sono così marcate da giustificare un tale dislivello di prezzo.
Ma perché allora hanno costi così diversi?
E’ il canale distributivo a fare la differenza.
I marchi online vendono direttamente al consumatore e bypassano distributori, filiali e negozianti, con un bel vantaggio sul prezzo.
Ogni intermediario nella catena distributiva rappresenta un aumento del costo.
Ma a cosa corrisponde questo aumento di costo?
E qui viene il bello.
Quel costo in più corrisponde a un servizio, quello del negozio che, sulla vendita di bici e componenti e sul servizio di assistenza-consulenza pre e post-vendita (leggasi anche supporto in caso di problemi in garanzia) che offre quotidianamente al pubblico, deve tirar fuori un ricavo.
E qui invito a una riflessione tutti i lettori: magari alcuni non acquistano più la bici in negozio e nemmeno alcuni componenti e accessori, ma il negozio è comunque quel posto al quale rivolgersi quando si ha bisogno di aiuto-assistenza-consulenza-conforto-stimolo-cazzeggio.
Ovvero, l’online è conveniente (per tempistiche e/o costi), ma il negozio è comunque un riferimento per tutti gli appassionati.
E se una cosa acquistata online dovesse iniziare a darvi noie non aspettatevi che il negoziante-meccanico ve la sistemi accontentandosi di una pacca sulla spalle…
Il discorso è che dell’assistenza e del servizio di un negozio abbiamo bisogno tutti e che acquistare sempre e solo online presto o tardi diventa penalizzante.
Chiamatela “etica dell’acquisto nell’epoca moderna”, se volete, ma è qualcosa che merita considerazione e attenzione. Se potete.

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All'interno del Pro-M Store di Milano

Prezzi diversi, prestazioni diverse?
Ritorniamo al confronto Jeffsy 29 vs Hightower 29.
A parità di allestimento i prezzi sono più o meno raddoppiati.
E le prestazioni sono altrettanto differenti?
Per la maggior parte degli utenti, no.
Perché le differenze vere le notano i più esigenti, esperti e veloci nella guida.
Il livello delle due bici è molto alto e questo agli occhi di un pubblico mediamente capace nella guida non genera differenze così abissali.
Quindi, se la domanda è:
“Una Jeffsy va come una Hightower?”
la risposta è sì, se non siete maniaci delle prestazioni e delle traiettorie, ma diventa no, se invece lo siete.
Vi rimando al test che hanno fatto i colleghi tedeschi di Enduro Magazine sulle due bici.
Ma c’è un altro dettaglio non proprio marginale…

Il valore dell’usato
Immaginiamo di aver acquistato una Jeffsy Cf Pro Race 29 al costo di listino di 4499€. E qui non ci sono sconti.
E immaginiamo di aver acquistato anche una Santa Cruz Hightower con Kit XX1 Am 29 (cioè il migliore possibile secondo il distributore italiano) il cui costo di listino è 8199€, ma con lo sconto in negozio si arriva, circa, a 7300€.
Dopo una sola stagione di utilizzo e manutenzione regolare il valore delle due bici di quanto varia?
Cioè, se io provassi a vendere le due bici quali ricavi potrei aspettarmi dopo un anno?
Qui la faccenda è molto semplice, ma anche estremamente complicata.
Una Hightower, cioè una Santa Cruz, al pari di altri marchi premium, è una sorta di assegno circolare, cioè è di facile rivendibilità, tiene piuttosto bene il suo valore ed è facilmente permutabile (se tenuta bene, ovviamente).
Diciamo anche che se mediamente una Mtb dopo un anno perde circa il 45-50% del suo costo iniziale, una Hightower se la può cavare un po’ meglio.
E la Jeffsy?

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Qui emergono le difficoltà.
Un negoziante difficilmente la permuterà: è una bici venduta online ed è online che esiste un mercato per questa bici, senza dimenticare che un negoziante, nel momento in cui la permuta e poi la rivende, deve dare per legge una garanzia di 12 mesi su un prodotto del quale non conosce chi lo produce (perché è venduto solo online e quindi non ha un rapporti con i negozi) e quindi può andare incontro a innumerevoli rischi e magagne.
Ragion per cui una Jeffsy (come anche una Canyon, una Rose, una Commençal e una bici di qualunque altro marchio che vende solo online) riuscirà a essere rivenduta perlopiù fra privati.
A quanto?
Anche qui a un 50% in meno rispetto al prezzo di acquisto, cioè a un prezzo di certo interessante, ma che si confronta anche con il prezzo della stessa bici da nuova o con un allestimento leggermente più economico.
Quindi, sul discorso “valore dell’usato” una bici acquistata online non ha una rivendibilità sicura e immediata.

Qual è il prossimo step?
Tutti venderanno online?
No, questo non è possibile, almeno non per tutti i marchi.
Se i big del settore bici (Specialized, Trek, Scott, Giant e via dicendo) decidono di attuare una politica commerciale in base alla quale la bici la scegli e la ordini online, ma la ritiri in negozio allora le cose potrebbero cambiare.
Ma attenzione: non è un cambiamento che si fa in una notte e non solo in Italia (dove le abitudini sono più difficili da cambiare), perché sarebbe una vera a propria rivoluzione, anche a livello di gestione degli ordini e del magazzino.
Negli Stati Uniti sta iniziando a prendere piede, a piccoli passi, ma tutto dipende proprio dai big del settore.
Insomma, il ruolo dei negozi di bici è destinato a evolversi in modo molto importante: punto vendita di bici e accessori, ma soprattutto punto di riferimento per assistenza, consulenza, aggregazione-coinvolgimento del pubblico e chissà quali altre iniziative.
La vendita online è una rivoluzione iniziata da anni ed è già piuttosto radicata nelle nostre abitudini, ma non è un demone da combattere, semmai un’opportunità da cogliere.
In soldoni: vendere bici come vendere qualunque altro oggetto-prodotto, oggi, è ancora più difficile che in passato, perché ci si deve confrontare con chi vende online, ma proprio con internet si possono trovare nuove e magari impensate soluzioni.
Non è faciloneria ai massimi livelli questa, ma una visione concreta della realtà.
A ognuno la sua sfida.

Quindi, in negozio oppure online?
Chiudiamo il confronto “negozio vs online”, che è il vero tema di questo articolo, tornando al raffronto fra Jeffsy 29 e Hightower 29.
La Jeffsy 29 rappresenta un innegabile vantaggio a breve-medio termine, perché permette di risparmiare bei soldi che, volendo, possono essere impiegati per la manutenzione della bici, per weekend fuori porta in bici, per gare e quant’altro, ma la rivendibilità diventa più difficoltosa per i motivi suddetti.
Una Hightower 29, invece, è sicuramente più impegnativa nell’acquisto, ma è anche quel tipo di acquisto destinato a durare di più nel tempo, come valore dell’usato, come appeal e anche come “piacere del possesso”.
A quest’ultimo aspetto è difficile risultare immuni e, ovviamente, non riguarda solo la Hightower: acquistare un bell’oggetto è un traguardo personale, significa arrivare a un qualcosa di agognato e che genera piacere e soddisfazione anche al solo pensiero di averlo in garage.
Questo è un tipo di oggetti che cancella ogni “vorrei, ma non posso” al quale però non possono arrivare tutti.
E questo è un valore aggiunto tipico di prodotti di nicchia e che, purtroppo e almeno per ora, le bici vendute online ancora non hanno in maniera così evidente e diffusa.
Il “piacere del possesso” è un fatto che magari non è avvertito da tutti in egual misura, perché la bici, va detto anche questo, per molti è un mezzo di divertimento e benessere per il quale spendere cifre elevate o non è possibile oppure, più semplicemente ancora, non è proprio sensato.
Di sicuro, però, il momento dell’acquisto di una bici è una faccenda molto delicata e, comunque la vediate, anche molto piacevole: è qui che si torna tutti bambini, ma allo stesso tempo è qui che ci si accorge che gli anni passano perché i nostri giocattoli diventano sempre più costosi… ?

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Sull'autore
Simone Lanciotti

Sono il direttore e fondatore di MtbCult (nonché di eBikeCult.it e BiciDaStrada.it) e sono giornalista da oltre 20 anni nel settore delle ruote grasse e del ciclismo in generale. La mountain bike è uno strumento per conoscere la natura e se stessi ed è una fonte inesauribile di ispirazione e gioia. E di conseguenza MtbCult (oltre a video test, e-Mtb, approfondimenti e tutorial) parla anche di questo rapporto privilegiato uomo-Natura-macchina. Senza dimenticare il canale YouTube, che è un riferimento soprattutto per i test e gli approfondimenti.

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