SANROMOLO - Ha 17 anni e, fra le tante, ha una Devinci Wilson in garage. Vive in un posto dove si respira la downhill nei boschi. Dove sui sentieri si trovano stampate le impronte delle HighRoller tutto l'anno. Dove il mondo della Dh che conta passa di tanto in tanto, per mettersi alla prova e testare i nuovi componenti.
Gianluca Vernassa vive proprio qui, a Sanromolo, un paese che di paese ha ben poco, appena 70 abitanti. La dimensione corretta forse è quella del villaggio oppure di un paradiso per biker, fra sentieri da Dh e da enduro, dove tutto sembra fatto apposta per divertirsi con una Mtb.
Gianluca Vernassa è salito in sella ad una Mtb non per caso. E' figlio di Roberto, uno dei promotori più appassionati di questo settore in Italia, che gli ha istillato un po' con il Dna un po' con i suoi racconti, la voglia di velocità.
Un discesista, di qualunque età, ricerca solo quello. Tutto è in funzione di un guadagno, anche minimo, di velocità.
Da quando si alza la mattina per andare a scuola (quest'anno Vernassa junior compirà 18 anni) fino alla sera quando si infila nel letto e pensa, oltre che alle prime conquiste con l'altro sesso, anche a quella linea, a quella traiettoria, al rumore delle gomme che sfiorano i sassi, ai freni che a fine discesa sono sempre meno caldi.
Essere un discesista e per di più esserlo in un team internazionale è il sogno di tanti giovani, pochi a dire il vero in Italia, e per tale ragione abbiamo pensato di andare a vedere cosa significa vivere la downhill come sogno da adolescenziale. E cercare di capire come si fa a migliorare le proprie doti di pilota. Entriamo in casa Vernassa, allora...
- Mi racconti un po' la stagione dello scorso anno? Ci sono stati parecchi episodi di sfortuna...
- Sfortuna, sì, e anche un po' di inesperienza. Sono caduto in Sudafrica, sono scivolato nella manche in Val di Sole, a Fort William, a Windham e a Mont Saint Anne ho avuto un problema meccanico, a Val d'Isere non mi sono qualificato per inesperienza, ad Hafjel sono caduto. Comunque in generale posso dire che le cadute sono dovute all'inesperienza che ti porta ad arrivare a fine percorso più stanco e questo ti fa commettere più errori. A Fort William ad esempio sempre verso la fine del percorso ho toccato con la corona a terra e ho addirittura spezzato la catena.
- E' arrivato un preparatore per la stagione 2013, giusto?
- Adesso siamo già a marzo e il lavoro che ho iniziato a fare a novembre lo risento già adesso.
Ne sento già i benefici e credo che per affrontare una stagione di Coppa non sia più possibile fare a meno di una persona che ti indichi cosa fare, perché anche se può sembrare un'opzione, se si vuole essere sicuri di qualificarsi, non si può fare a meno di un preparatore.
Verso la fine la fine della scorsa stagione abbiamo contattato il preparatore di Julien Camellini, Mickael Bouget, è venuto a farmi visita nel periodo della Roc d'Azur e abbiamo iniziato subito ad approntare un piano di allenamento. A novembre avevo già iniziato.
Il primo mese un lavoro di resistenza e poi abbiamo giocato su velocità e forza massima e adesso siamo di nuovo sulla velocità. Non so cosa mi aspetterà per il prossimo mese, perché è lui che decide tutto il programma. Abbiamo suddiviso la preparazione in cinque sezioni e quella che sto facendo adesso è la sezione lattica, per lavorare sulla soglia. Credo che il prossimo mese lavorerò sugli sprint.
- Come sono fatti questi esercizi?
- Durante la settimana ero solito andare in palestra il martedì e il giovedì, con squat e panca piana, pettorali e gambe. Poi i mercoledì andavo una settimana a correre e la settimana successiva uscivo con la bici da strada. Questo per il primo e secondo mese, mentre per il terzo, dedicato alla forza massima, andavo in palestra, facevo i massimali, quindi poche ripetizioni, 3 da 6, poi le altre da 5, da 4 con pesi vari. Poi invece il mercoledì andavo sulla bici da strada e facevo delle lunghe ripetute, in pianura, molto intense, con i battiti cardiaci che salivano talmente tanto che molto spesso non riuscivo a finire l'esercizio. Quella che sto facendo adesso è una settimana pesante, stiamo facendo gli sprint, ma sento i benefici, c'è un minore stress sul fisico. E nei weekend prendo la bici da Dh, quindi si pedala sempre.
Ma tu vai ancora a scuola?
Sì, purtroppo… No, scherzi a parte, sono al quarto anno del liceo scientifico, è una scuola molto buona, perché mi permette di entrare alle 7,50-8,00 ed uscire alle 13, tranne il giovedì che esco un'ora prima, e il sabato sono a casa. Quindi riesco ad allenarmi
- Il tuo sogno però è restare in bici...
- Sì, mi piacerebbe proprio. Se non dovessi riuscirci come pilota di Dh, mi piacerebbe comunque trovare qualcosa in questo mondo. Mio padre mi dice che comunque devo studiare, diventare ingegnere e poi trovare un lavoro in un'azienda per sviluppare prodotti e collaudarli. Sarebbe un bel piano, che però ha deciso mio padre e io ancora non lo so. Ci devo pensare...
- Con Devinci che contratto hai?
- Per adesso ho ancora quest'anno di contratto come junior.
- Senti pressione?
- Lo scorso anno avvertivo una pressione assurda, perché sentivo di dover dimostrare che ero all'altezza, ma questo mi ha portato a sbagliare. Se devo essere sincero mi sento meno pressato adesso perché con l'allenamento che sto facendo mi sento al top della forma fisica e credo che sia più facile ottenere dei risultati di buona qualità. Lo scorso anno vedevo la qualifica (ossia entrare nei primi 80) come una lotta vera e propria. Quest'anno invece sono abbastanza fiducioso e ho visto che le gare in cui ho sbagliato ci potevo entrare bene negli 80.
- Più consapevolezza nei tuoi mezzi?
- Direi di sì. Mi sento in grado di poter affrontare una buona stagione di Coppa. Penso che sarà molto bella.
- Vivere a fianco di Steve Smith: che cosa ti ha insegnato?
- Quello che mi ha insegnato l'ho capito solo alla fine della stagione scorsa. Mi sono reso conto dell'importanza della preparazione fisica, dell'alimentazione e poi la tranquillità quando si va in bici. Prima di una manche si è sempre tesi, si cerca di concentrarsi, si pensa di dover dare il massimo di sé in ogni tratto della pista, ma in realtà non è così da quello che ho capito. Si deve cercare di essere costanti e puliti nella guida e questo aiuta, sia ad essere più veloci, sia ad essere meno affaticati verso la fine del percorso. Quando invece io pensavo a fare al massimo ogni punto del percorso e poi finivo sfinito e con un tempo magari più alto se l'avessi fatta più tranquillo.
In realtà sto arrivando adesso a capire come affrontare una gara. Quindi cerco di seguire i consigli di Steve, di pensare ad altro e rilassarmi.
- Quest'anno correrai fra gli elite o gli junior?
- Eh, penso fra gli junior (e si gira a guardare il padre): mi ascolti tu? No, non mi piace che mi ascolti…
Comunque, penso che correrò fra gli junior. Fino a poco fa ero tutto per gli elite, perché è comunque un'occasione che capita solo a cinque rider, visto che l'Uci ha creato questa nuova categoria, la junior, appunto, permettendo ai primi cinque di scegliere se affrontare la stagione come elite, togliendoti però la possibilità di entrare nella classifica degli junior, quindi niente mondiale. Però ci si potrebbe allenare con gli elite. Oppure si resta nella categoria junior nella quale si avrà un podio separato, con una classifica separata da quella elite, una qualifica che comprende i primi 15 junior, e dovrebbe essere tutto più facile. Il mio dubbio è sull'allenamento perché a me interessava allenarmi con Steve Smith e Nick Beer, per girare con loro e imparare da loro.
Però con gli junior posso aspirare ad un podio e di sicuro è più importanti un terzo posto da junior che un 50º negli elite.
- Sei sempre rimasto qui a San Romolo?
- Si, qui c'è una tale varietà di sentieri che difficilmente troverei altrove. Fra i percorsi da Dh e quelli da enduro. Ho lavorato molto ad esempio sui percorsi da enduro per i rilanci.
- Farai qualche prova di enduro?
- Sì, ma solo come allenamento. Io mi sto allenando per la discesa, il mio sport è la Dh e l'enduro è solo per verificare che la mia forma fisica sia al punto giusto. Io non sono preparato per l'enduro. E poi adesso l'enduro è sempre più professionale e non si può improvvisare. Gli enduristi stanno molto più tempo di me in sella e fanno ben altro allenamento.
Credo che rimarrei molto deluso.
- Quando hai iniziato con la bici da Dh?
- A 15 ho avuto la mia prima bici da discesa e prima, al primo anno da esordienti, con una bici da 4Cross con forcella da 150 e poi ho preso una bici da freeride "bello pesante". Adesso sto per compiere 18 anni e non è tanto che ho iniziato in effetti, saranno tre anni. Ogni anno mi accorgo di imparare a guidare la bici da Dh sempre meglio. Il primo anno avevo i pedali flat e non andavo. Poi sono passato ai pedali con aggancio rapido, ho fatto un inverno di preparazione con quelli e ho sentito un vantaggio enorme. Se vuoi correre in discesa i pedali a sgancio devi averli perché riesci ad avere più controllo. Puoi parlare di Sam Hill, ma Hill è un fuoriclasse e c'è solo lui nella storia ad avere vinto un mondiale con i pedali flat. Qualcosa vorrà dire… Io cerco di pensare ai pedali a sgancio come se fossero dei pedali liberi, perché in effetti poi lo sono. Almeno alcuni tipi di pedale.
Quindi io faccio fatica a vedere le agevolazioni di avere pedali flat. Forse nel fango, ma nemmeno poi tanto.
- So che sei molto amico di Danny Hart: quale vantaggio ti dà allenarti con lui?
- La scelta delle linee. Io noto che allenandomi sempre qui tendo a fare sempre le stesse linee. Lui arriva ed essendo comunque più veloce di me, vede delle linee che si adattano di più alla sua necessità di essere veloce. E con lui mi sforzo di cambiare linee.
- Stando a ruota di Hart, che cosa ti stupisce di lui?
- Il talento che ha è impressionante. Girando dietro di lui ti accorgi di come si muove, non sono tanto le linee (che alla fine riesco a fare anche io) a stupirti, ma la naturalezza e il controllo della bici mentre le fa. Io credo che nessuno al mondo abbia una tale sicurezza in bici. Penso che sia proprio il più talentoso del mondo e stare dietro di lui mi dà tanti stimoli.
Lui in un giorno qui fa 10 discese a tutta, quando io ne faccio sei. Ti ci metti dietro e già alla prima curva di accorgi di quanto va forte. Mii, se va forte...
- Quale tratto di discesa ti esalta di più?
- Mi piacciono i percorsi veloci e con le buche grosse. I percorsi dove devi essere aggressivo. Non so se vado meglio su percorsi così, però mi sento a mio agio. Qui a Sanremo c'è un sentiero dove si toccano i 50 all'ora, molto stretto, pieno di buche, salti e quella velocità ogni avvallamento ti sembra una buca. Ma mi piace, vado sempre alla ricerca della velocità. Sono arrivato ad un punto adesso da quasi non toccare più i freni e addirittura dover pedalare per avere più velocità. Sono arrivato ad aumentare il prevarico della forcella di 25 psi che è come se si aumentasse di peso, e di parecchio. E' lì che noto di più i miglioramenti. E questo mi stimola tanto, a ricercare sempre il meglio.
- Dove pensi invece di essere carente?
- Sul bagnato. Faccio pena. Qui a Sanremo di rado trovi la pioggia, magari trovi la neve per un mese, ma mai pioggia. E anche se piove, i sentieri alla fine tengono di più. Qui quando fa caldo, per quanto è duro e asciutto il sentiero, le gomme non tengono. Quando invece piove il terreno è morbido e hai un grip perfetto.
Quando vado alle gare, cerco di andare più forte possibile, mi diverto, ma poi mi accorgo di quanto sono lento dal cronometro. Spero sempre che non piova.
- Qual è il tuo rapporto con la paura?
- Devo pensarci un attimo. Mi capita di avere paura. Uhm, sì, diciamo che spesso ho paura di alcuni passaggi, di gesti tecnici che invece sono nella norma, e infatti mio padre mi dice di provare a farli "guarda che li puoi fare tranquillamente". Anche ieri ho fatto una cosa di mia iniziativa di cui avevo sempre paura e l'ho fatta. Vado un po' più piano ma la faccio, poi mi accorgo che è una cavolata e il giorno dopo la faccio a 50 all'ora…
Mi capita di avere paura di percorsi dove la linea può non essere troppo pulita.
Ho paura di quando cado e soprattutto se cado poi non riesco più a fare il passaggio come una volta.
Ah, soffro di vertigini. Oppure la ovovia, quando c'è vento…
- L'obiettivo per quest'anno?
- Ce l' ho un obiettivo, ma preferisco non dirlo, forse per scaramanzia. Così io sono più tranquillo se non riesco a realizzarlo. Certamente non credo che questo sia l'anno buono, per i mondiali intendo, perché la pista non è quella perfetta, c'è molto da pedalare e io ho appena iniziato ora a conoscere il mondo della preparazione fisica. Non credo di arrivare in Sudafrica con la forma giusta. Mi piacerebbe tanto vincere una prova di Coppa Italia, perché mi fa sentire bene. Spero di vincere ancora i campionati italiani e, comunque, un podio junior in Coppa del mondo. Ma bisogna lottare fino alla morte…
Condividi con
Tags
Sull'autore
Simone Lanciotti
Sono il direttore e fondatore di MtbCult (nonché di eBikeCult.it e BiciDaStrada.it) e sono giornalista da oltre 20 anni nel settore delle ruote grasse e del ciclismo in generale. La mountain bike è uno strumento per conoscere la natura e se stessi ed è una fonte inesauribile di ispirazione e gioia. E di conseguenza MtbCult (oltre a video test, e-Mtb, approfondimenti e tutorial) parla anche di questo rapporto privilegiato uomo-Natura-macchina. Senza dimenticare il canale YouTube, che è un riferimento soprattutto per i test e gli approfondimenti.