
Se si dovesse ridurre una stagione ai singoli risultati, quella di Valentina Macheda andrebbe letta attraverso il tredicesimo posto nella classifica finale dell’Enduro World Series e la piazza d’onore nel Superenduro.
Ma ridurre a due numeri sette mesi di fatiche in giro per il mondo è troppo semplice per la rider di Life Cycle.
Perché nel racconto che Valentina ha disegnato sui sentieri c’è molto di più. I continui viaggi che le hanno fatto acquisire spessore internazionale. La crescita tecnica. Una lunga trasferta negli Usa. La scoperta della Transprovence. L’arrivo della nuova bici. E l’imprevisto, che non manca mai: la frattura alla caviglia del compagno Manuel Ducci, durante le ricognizioni del round Ews di Peebles. «Ho sofferto l’infortunio di Manuel – ammette – Proviamo sempre insieme e nelle ricognizioni la sua figura mi è mancata, perché anche quando è rientrato non era al top».
- Valentina, a Finale Ligure si è chiusa una lunga stagione.
- Sono arrivata molto stanca dalla Transprovence. Lì il format è massacrante e dopo sei tappe mi sono dovuta fermare tre giorni. Sono riuscita a fare un giro su ogni Speciale. Sapevo che sarebbe stata una prova dura e fisica l’ultima della World Series. Ma volevo solo arrivare al traguardo e chiudere la stagione. Finale è come sempre una gara bella e tecnica. E le due Speciali pedalate della domenica mi hanno fatto temere di non poter reggere il passo. Alla fine il 18° posto è stato un buon risultato.
- Deve essere stata un’annata estenuante.
- Da aprile a ottobre non ci siamo mai fermati e siamo sempre stati in giro, spesso Oltreoceano. A cominciare dal Cile, sono state tutte esperienze fantastiche ma faticose e difficili da gestire perché stravolgono le tue abitudini. Andare fuori dall’Europa ci ha permesso di vedere posti stupendi e di conoscere i diversi format delle gare di enduro. La trasferta americana di fine luglio è stata poi impegnativa, perché tra le gare di Winter Park e Whistler siamo andati a Greagle per Ibis e alla Downieville Classic, dove abbiamo scoperto come gli americani vivono la mountain bike.
- Come giudichi la tua Enduro World Series?
- Sono abbastanza soddisfatta, dato che mi considero sempre una principiante, avendo cominciato con l’enduro nel 2009. Sono riuscita a competere con atlete di buon livello e probabilmente ho accorciato il gap che mi separava da queste. Certo, le primissime sono dei fenomeni ed è difficile avvicinarsi.
- Com’è cambiato l’enduro nel 2014?
- Si è ulteriormente specializzato e se non sei coperto da un meccanico o da una struttura che ti segue anche per i minimi dettagli, non fai molta strada. In ogni caso, i rider più forti hanno una marcia in più, indipendentemente dal fatto che siano supportati.
Stop alla caviglia per Manuel Ducci nel round scozzese di Peebles. Un'assenza che si farà sentire per Valentina, soprattutto nelle ricognizioni.
- I format dell’enduro sono molteplici e il modello vincente sembra essere quello francese.
- Di certo le Speciali francesi durano di più e ti preparano meglio a questo sport. Ma sono convinta che servano un po’ tutti i format per fare esperienza e sviluppare capacità di adattamento su tutti i terreni. La mia ricetta è la seguente: l’Enduro World Series dovrebbe giungere a un format unico. Mentre le gare dei vari circuiti nazionali dovrebbero conservare i loro format originali.
- Cosa ti ha lasciato la Transprovence?
- Ricorderò dei posti incredibili con panorami mozzafiato. La bellezza di quella gara quasi pareggia la stanchezza dell’affrontare sei tappe e 24 Speciali con trasferimenti anche di cinque ore e con bici in spalla. E’ un’esperienza in cui ti metti alla prova e capisci fino a che punto puoi arrivare. Da fare assolutamente una volta nella vita. Il prossimo anno? Sarà un po’ difficile ripeterla perché si correrà a giugno, nel vivo della stagione.
- Come va con la nuova Ibis? E, a proposito, conosciamo il suo nome?
- E’ ancora un prototipo e il nome non è stato svelato, anche se penso che ricalcherà qualche etichetta già utilizzata nel recente passato. La bici è ottima, la definisco più “mangiasassi” e “discesistica”. Anche se non l’ho ancora provata sui sentieri di casa…
- L’autunno di Valentina?
- Ora, tre settimane di riposo. Il 15 e 16 novembre una piccola parentesi agonistica, Evoc ci ha invitati a una gara enduro che si corre all’isola di Madeira. Poi piscina e palestra e qui ci sarà un cambiamento rispetto all’anno scorso, dove iniziammo la preparazione in bicicletta a novembre. Stavolta lo stacco sarà più lungo. In bici ogni tanto e solo per divertirsi. Il lavoro specifico partirà da gennaio.
- E il 2015?
- Mi piacerebbe puntare più in alto e migliorare i risultati di questo 2014. A darmi speranza sono le rider veterane che si sorprendono dei miei progressi. In bici ci vado da soli cinque anni e davanti a me c’è gente che è nata sulla bici. Quello che mi manca è solo l’esperienza.
Valentina Macheda è stata la migliore italiana nell'Enduro World Series. L'anno che si lascia alle spalle è stato molto importante, perché le ha permesso di inserirsi stabilmente nella cerchia delle rider più forti e di crescere di pari passo con il livello di un movimento che continuerà a regalarci sorprese e belle storie. Proprio come quella di Valentina.