Lo strapotere svizzero sembra ormai finito.
Fino a qualche anno fa, la nazionale elvetica del cross country dominava in Coppa del mondo, negli eventi internazionali e soprattutto nelle gare secche come Olimpiadi, Mondiali ed Europei.
Da poco tempo qualcosa è cambiato, i rossocrociati restano sempre un riferimento, ma non stravincono più come una volta.
Questo favorisce lo spettacolo e (a nostro avviso) fa bene al movimento, perché le gare sono più avvincenti e meno noiose, ma allo stesso tempo spinge a porsi una domanda: è davvero finito lo strapotere svizzero, oppure sono gli atleti delle altre nazionali ad andare più forte?
E soprattutto, a cosa è dovuto questo cambio di rotta?
Dopo il mondiale di Andorra proviamo ad analizzare la situazione del cross country internazionale, facendo delle nostre supposizioni e guardando al futuro.
Schurter, Neff e lo strapotere svizzero
Fino alle Olimpiadi di Tokyo, la nazionale svizzera ha vinto quasi tutto in ambito Xc, non solo nella massima categoria, ma anche in quelle giovanili, sfornando talenti a raffica.
E Nino Schurter è stato sempre un “faro”, una fonte di ispirazione che in un certo senso motivava tutti gli altri a dare il massimo. Stesso discorso per Jolanda Neff in ambito femminile.
Dal 2021 in poi c'è stato un calo, che combacia anche con le prestazioni meno costanti di Nino Schurter e Jolanda Neff. Una curiosa coincidenza...
Sia chiaro, negli ultimi anni gli Svizzeri (e lo stesso Nino) hanno vinto lo stesso, ma meno frequentemente e dopo aver lottato molto di più contro degli atleti che in passato erano oggettivamente inferiori e che invece pian piano hanno colmato le proprie lacune.
Ma di questo ne parliamo tra poco.
Il ricambio generazionale
Come sarà il “dopo Nino” o il “dopo Jolanda”?
Ultimamente, il vivaio svizzero sembra meno rigoglioso.
Ci sono dei ragazzi molto interessanti, come l'U23 Dario Lillo che ha chiuso secondo al mondiale, ma guardando le classifiche Junior di Andorra ci accorgiamo che l'unico svizzero a chiudere nella top ten è stato Noel Toth (10°). Tra le donne Junior, Lara Liehner e Sirin Stadler hanno chiuso nona e decima...
Insomma, nulla a che vedere con lo strapotere svizzero che in passato era una costante nelle categorie giovanili.
È vero, oltre a Nino e Jolanda ci sono i vari Mathias Flückiger, Lars Forster, Marcel Guerrini, Filippo Colombo, Sina Frei, Alessandra Keller... Ma tutti iniziano a non essere più giovanissimi e anche i loro risultati iniziano a vacillare.
Ad esempio, Flückiger (8°) è stato il primo svizzero ad aver tagliato il traguardo del mondiale, mentre nessuna donna ha chiuso nella top ten, la prima è stata Sina Frei (16ª).
È come se, dopo l'abbondanza di materiale umano degli anni scorsi, attualmente non ci sia più un grosso ricambio generazionale.
I “segreti” sulla preparazione
La Svizzera è sempre stata avanti in termini di preparazione atletica.
Nino Schurter è stato il primo ad allenarsi in modo specifico per il cross country moderno, lavorando moltissimo sulla forza, sulla propriocezione e su altri aspetti che i suoi avversari pensavano fossero superflui. Nino era avanti anni luce e i suoi connazionali hanno seguito la stessa direzione.
Ovviamente, il merito è anche dei tecnici e preparatori atletici che lavoravano (e lavorano ancora) a stretto contatto con gli atleti, perché lo staff della nazionale svizzera è stato sempre all'avanguardia.
Con l'avvento dei social, quello che facevano gli atleti elvetici è stato messo in vetrina e tutti hanno iniziato a capire che forse per colmare il gap bisognava cambiare qualcosa...
Allo stesso tempo, negli ultimi anni c'è stata una grossa evoluzione nel mondo della preparazione atletica, dell'alimentazione e dell'integrazione. Molti “segreti” che per gli svizzeri della Mtb sembravano scontati, ora sono alla portata di tutti.
In sostanza, il costante innalzamento del livello atletico degli ultimi anni è figlio anche dell'informazione e dell'allenamento sempre più scientifico.
La tecnica di guida
Il discorso è simile a quello che riguarda l'aspetto atletico: la nazionale elvetica ha anticipato i tempi, capendo prima di tutti che per fare la differenza sui percorsi moderni bisognava lavorare molto sulla tecnica. Non a caso, per tanti anni è stato difficile trovare degli atleti che guidassero meglio degli svizzeri e in gara la differenza si faceva spesso nelle sezioni più tecniche e/o in condizioni di bagnato.
Col passare del tempo, anche gli altri hanno iniziato a lavorare sulla tecnica, utilizzando molto di più la Mtb e lavorando in modo specifico per il modello prestativo del cross country moderno.
Tutt'oggi, chi fa Xc ad alto livello, quasi sicuramente ha anche una Mtb da enduro a casa e in inverno passa molte ore sui sentieri, mentre in passato macinava molti più chilometri su strada.
Allo stesso tempo hanno iniziato a comparire delle figure (spesso provenienti dal mondo Gravity), che aiutano gli specialisti dell'Xc nella scelta delle linee e nel superamento dei blocchi mentali.
Queste figure sono molto importanti per i ragazzi giovani e per le donne meno abili tecnicamente: bisogna ammettere che alcuni passaggi sono al limite dell'enduro, anche se si affrontano senza protezioni. Ma questo è un altro discorso...
Tornando a noi, anche Pauline Ferrand-Prevot ha lavorato molto sulla tecnica con una maestra d'eccezione, ne abbiamo parlato qui:
I mezzi e le tecnologie moderne
Contemporaneamente alle evoluzioni sulla preparazione atletica e tecnica, anche le Mtb si sono evolute, diventando sempre più performanti su ogni fronte.
Questo dettaglio, in un certo senso ha “livellato” le abilità degli atleti: se prima era solo il manico a fare la differenza nelle situazioni critiche, ora subentra anche l'equipaggiamento tecnico e la capacità di sfruttare i mezzi moderni settandoli al meglio.
Vi sarete accorti anche voi che guidare le Mtb da Xc moderne è più facile e questo ha spinto anche chi di base non era molto abile a fidarsi del mezzo, trovando quel ritmo che serve per correre a certi livelli.
Proprio per questo motivo è davvero raro che una gara si vinca grazie alla tecnica, può accadere in condizioni di fango abbondante, ma nella maggior parte dei casi la differenza si fa in altre situazioni.
Anche da questo punto di vista, la Svizzera ha anticipato i tempi, testando i componenti in gran segreto, producendo prototipi riservati ai propri atleti e cercando quei famosi “marginal gains” che al giorno d'oggi sono alla portata di tutti.
Il fattore tecnico è fondamentale per tenere il passo senza avere problemi sul campo, l'evoluzione è continua e adesso non è più soltanto la Svizzera a lavorare su questo aspetto.
I percorsi “new school”
In passato, i tracciati Xc erano più lenti e più naturali. Il concetto di tecnica era diverso, i salti erano ridotti all'osso, ma il fondo era più sconnesso, scavato, ricco di rocce e radici.
Ora i percorsi sono più battuti, artificiali, veloci e spettacolari.
Questo aspetto, insieme agli altri elencati precedentemente, fa sì che le gare siano sempre più veloci, tirate fino all'ultimo e con distacchi ridotti.
Aumenta lo spettacolo, ma è inevitabile che sia sempre più difficile fare una netta differenza: due atleti con le stesse potenzialità atletiche e tecniche non è detto che arrivino insieme sul traguardo, perché basta un piccolo errore di traiettoria o un inconveniente tecnico a compromettere il risultato finale.
Quando si compete sul filo dei secondi, o hai un motore nettamente superiore oppure te la giochi fino all'ultimo.
Nelle ultime stagioni solo Tom Pidcock e Pauline Ferrand-Prevot hanno dimostrato di averne tanto di più a livello fisico e di poter fare la differenza anche sui percorsi poco congegnali alle loro caratteristiche, ma parliamo di due casi isolati.
Tuttavia, al mondiale di Andorra sono sembrati “umani” anche loro...
Il ruolo dei team
Pensandoci bene, gli unici due team svizzeri di un certo livello sono lo Scott-Sram e il Thömus Maxon. E anche questi due, negli ultimi anni si sono ridimensionati.
A livello giovanile c'è un bel movimento, ma il fatto di avere pochi riferimenti “in alto” potrebbe aver fatto perdere per strada qualche talento. Il condizionale è d'obbligo, perché non ne abbiamo la certezza, ma dall'esterno si percepisce questo.
Gli altri? Non stanno a guardare
Abbiamo capito che lo strapotere svizzero non è più una costante, in qualche occasione la nazionale elvetica si distingue, mentre nella maggior parte dei casi se la gioca ad armi pari.
Per tutti i motivi che abbiamo elencato precedentemente, infatti, tutti gli altri sono cresciuti in modo impressionante.
Allo scorso mondiale, l'Olanda ha chiuso prima e seconda tra le donne elite, con Puck Pieterse e Anne Terpstra.
La Francia ha tanti assi nella manica, sia tra le donne che tra gli uomini: Koretzky è una garanzia di risultato, idem la Prevot, che nonostante ciò ha deciso di puntare sulla strada.
Poi c'è la Gran Bretagna, con Pidcock, Aldridge, Richards e tanti giovani di ottime speranze. Ma anche la Danimarca, gli Stati Uniti e il Sudafrica hanno delle belle carte da giocare.
Per ultima, ma non come importanza, c'è la nostra Italia, anch'essa in netta crescita sia tra gli U23 che tra gli elite: per qualche anno, gli azzurri hanno fatto gli spettatori negli eventi di un certo livello, ma da un po' di tempo a questa parte siamo anche noi nel vivo della gara in tutti gli eventi che contano, finalmente.
Luca Braidot, Martina Berta, Simone Avondetto e Chiara Teocchi si sono messi in luce più di tutti durante la stagione in corso, ma anche gli U23 Valentina Corvi ed Elian Paccagnella hanno dimostrato una netta crescita.
In conclusione...
La Svizzera non è più quella di una volta, ma anche gli avversari sono cresciuti molto: c'è voluto qualche anno per compare il gap, ma attualmente i livelli atletici e tecnici si equivalgono.
La tecnologia e la metodologia dell'allenamento ha fatto passi da gigante e ora tutti hanno capito cosa serve per competere negli eventi più importanti.
Ora si lotta ad armi pari, a fare la differenza non sono solo le gambe, ma anche l'astuzia del rider e la capacità di tenersi lontano dai problemi. Quasi sempre, le gare si decidono sul filo dei secondi e forse è proprio questo che ha riavvicinato tanti appassionati al cross country che conta.
Qui sotto, la nostra analisi post gara del mondiale Xc 2024:
Qui gli altri articoli che parlano del cross country.
Qui gli altri articoli che parlano della Coppa del Mondo Xc.
Condividi con
Tags
Sull'autore
Daniele Concordia
Mi piacciono il cross country e le marathon, specialità per le quali ho un'esperienza decennale. Ho avuto un passato agonistico sin da giovanissimo, ho una laurea in scienze motorie e altri trascorsi professionali nell’ambito editoriale della bici.