Siamo tornati dalla Samarathon 2018 (qui i dettagli dell'evento) ed è arrivato il momento di raccontarvi la nostra esperienza.
Avete mai pensato di prendere la mountain bike e andare a pedalare nel deserto?
Noi abbiamo avuto l’opportunità di farlo e di conoscere un nuovo mondo e una nuova terra dalle bellezze che mai ti aspetteresti di vedere.
La Samarathon, per chi non ci avesse seguiti in precedenza, è una gara marathon a coppie che si svolge in Israele, nella parte sud del deserto di Arava, nel Parco del Timna.
E’ un evento a tappe di tre giorni per un totale di 200 km e circa 2500 metri di dislivello.
Tre giorni immersi in una natura all’apparenza “arida e fredda”, ma in grado di regalarti emozioni mai provate prima.
Lo scenario che ti si apre davanti gli occhi è un qualcosa di unico: distese infinite di deserto, dune di sabbia, montagne sparse qua e là e canyon spettacolari incastonati tra enormi massi di pietra di colore marrone, a volte monotono, ma che spesso cambia tonalità in base al fascio di luce solare.
E’ proprio il sole a caratterizzare il deserto: si passa dal fresco mattutino (5-6°C) al sole accecante, già dalle 10 di mattina, che scalda l’aria velocemente e la rende secca.
Il vento, onnipresente in questa terra, che si incanala tra le montagne di roccia, non ti fa sudare e ti disidrata senza che tu te ne accorga.
Pietre, rocce, sole e vento sono gli elementi che non ti permettono errori nel deserto.
Io e Stefano abbiamo capito cosa vuol dire pedalare in queste condizioni solamente dopo la seconda tappa, quando ci siamo ritrovati ad affrontare io una crisi di fame, lui i crampi.
Ci siamo resi conto sin da subito di pedalare in un posto tanto spettacolare quanto duro.
Noi italiani siamo abituati a gare molto più dure dal punto di vista altimetrico, ma una gara a tappe di tre giorni con un dislivello relativamente contenuto, non è assolutamente da sottovalutare: il deserto non perdona.
Pietre e rocce non ti lasciano un attimo di respiro, tengono costantemente in tensione tutti i muscoli del corpo per “ammortizzare” le irregolarità del terreno e ti obbligano a spingere ad ogni pedalata per andare avanti.
Le poche salite presenti sono dei veri e proprio muri, con pendenze dal 15 al 25%, che si “arrampicano” sulla roccia quasi sempre su singletrack che ti costringono a tirare fuori tutte le tue capacità tecniche per non rischiare di scendere e spingere la bicicletta a piedi.
Sole e vento sono una combinata micidiale: il sole ti costringe a bere continuamente e il vento non ti fa percepire il bruciore sulla tua pelle.
Doppia borraccia, crema solare e una bella mountain bike full suspension sono d’obbligo per riuscire a completare questa gara a tappe.
Questo è il racconto di ciò che abbiamo vissuto e provato durante la Samarathon 2018...
GIORNO 1 - «Forse è meglio rallentare un po'»
Dopo una ricca colazione siamo pronti ad affrontare i primi 70 km della Samarathon.
Mentre siamo nella griglia di partenza decidiamo di provare a rimanere nel gruppo dei primi per evitare di spendere troppe energie per contrastare il forte vento contrario, ma una curva sulla sabbia a pochi km dalla partenza ci fa perdere qualche metro.
Proviamo con un gioco di squadra a ricucire il distacco, ma il ritmo che impongo io a Stefano è troppo elevato e decidiamo di rallentare: è solo il primo giorno e non possiamo compromettere l’intera gara.
Il resto della tappa lo passiamo insieme cercando di aiutarci l’uno con l’altro.
Il ritmo scelto ci permette di dedicarci in maniera più attenta al nostro reportage con foto e video.
Il caldo e la difficoltà di pedalare su questo terreno per tanti km fa arrivare Stefano stremato all’arrivo.
Facciamo le prime considerazioni: siamo un team e l’uno deve adattarsi alle caratteristiche dell’altro.
Io devo rallentare il ritmo in salita per non sfiancare Stefano e lui, molto abile in discesa, può disegnarmi le giuste linee da seguire per guadagnare tempo.
GIORNO 2 - Il deserto non perdona...
La sveglia alle 5:45 è solo il primo campanello di allarme per una giornata che si prospetta molto lunga e dura.
Ci aspetta la tappa più difficile: 80 km e 1250 metri di dislivello con un tratto di circa 20 km che ci spaventa molto, almeno sull’altimetria.
L’approccio è più racing.
Decido di avvantaggiarmi sulla prima salita per fare e foto e video.
Il ritmo dei primi è elevato, ma senza troppa fatica riesco a rimanere con loro fino a metà salita dove aspetto Stefano.
Proseguiamo insieme per vari km fino ad un tratto di salite molto ripide e tecniche, dove perdo del terreno.
E’ il momento cruciale della tappa.
Io non riesco più a rientrare su Stefano.
Sul lungo falsopiano in salita, temuto alla partenza, vado in crisi di fame e inizia il calvario della tappa.
Mi fermo due volte ai punti di ristoro e mangio il più possibile per cercare di reintegrare, anche se so che ormai è tardi.
I singletrack di giornata, tecnici e lunghi, non sono un vero e proprio divertimento, ma mi manca la lucidità per affrontarli con la giusta velocità e continuo ad accumulare ritardo su ritardo, senza vedere più Stefano.
Negli ultimi chilometri della tappa, stremato, cerco di capire dove sia finito il mio compagno di squadra.
Ci siamo persi di vista, ma non sono totalmente convinto che sia arrivato prima di me. Aspetto qualche minuto e riparto verso l’arrivo.
Stefano è lì ad aspettarmi al traguardo, molto provato anche lui dai crampi.
Il deserto oggi ci ha fatto capire con chi ci stiamo confrontando.
E’ il nostro peggiore nemico: ci ha “sconfitto” anche oggi, nonostante ci abbia regalato un panorama, una natura e dei trail fuori dal comune.
Completamente distrutti, cerchiamo di recuperare le energie per l’ultima tappa e a fine giornata ci danno la notizia che siamo stati (giustamente) squalificati dalla classifica finale per colpa del nostro arrivo separato con un distacco superiore ai due minuti consentiti dal regolamento.
La cosa, però, non ci impedisce comunque di ripartire il giorno successivo, anche se non più come team, ma come individuali.
Poco importa, tutto sommato: il nostro obiettivo qui è raccontarvi l'esperienza Samarathon 2018.
GIORNO 3 - Dura fino alla fine
La terza tappa, sulla carta la più facile, si trasforma nell’ennesima giornata dura: la copiosa pioggia della notte ha reso il terreno molto argilloso e difficile da pedalare e il vento è ancora più forte degli altri giorni.
Per fortuna, però, la squalifica ci obbliga a partire con gli ultimi e ci dà quindi la possibilità di percorrere gli ultimi chilometri come se fossero la passerella finale del Tour de France e di vivere anche la parte più goliardica e meno racer della gara, esplorando ancora più a fondo il deserto.
Nei tratti più belli facciamo foto e video, scherziamo con gli altri biker e cerchiamo di aiutare i partecipanti più in difficoltà con il vento.
Il paesaggio è sempre mozzafiato, forse il più bello della Samarathon e la giornata è meravigliosa.
Ci godiamo gli ultimi singletrack dentro al parco del Timna e, quasi senza forze, pedaliamo l’ultima salita verso il traguardo finale.
L’arrivo è una vera e propria festa: ci aspettano una medaglia, un piatto di pasta e un bel bicchiere di birra israeliana.
Dalla nostra esperienza possiamo darvi due consigli fondamentali per correre a una gara a coppia a tappe:
- Conoscere bene se stessi
Avere un ottimo feeling con la propria bici e essere consapevoli dei propri limiti, soprattutto in un contesto come quello del deserto israeliano dove non bisogna mai lasciare nulla al caso e mai sottovalutare il percorso.
Mai!
- Scegliere un appropriato compagno di avventura
Perché correre in coppia complica le cose.
Bisogna prendere atto dei propri punti di forza, delle proprie debolezze e tenere sempre presente che, in momenti di difficoltà, non bisogna mai separarsi, ma unirsi e aiutarsi reciprocamente.
E’ importante condividere molti chilometri, non solo i giorni della gara, ma soprattutto prima, durante la preparazione, per capire soprattutto il ritmo da tenere durante le tappe.
Perché vi consigliamo la Samarathon?
L’esperienza è davvero unica.
I paesaggi del deserto vi rimarranno dentro.
L’organizzazione della gara è curata nei minimi dettagli.
Il villaggio di gara è un’oasi in mezzo al deserto dove ci si sente costantemente coccolati da tutti i servizi messi a disposizione.
Ma il motivo principale per cui vi consigliamo la Samarathon sono gli infiniti chilometri percorsi sui singletrack e l’assenza di asfalto, se non in piccolissimi tratti.
Questa corsa a tappe ha una peculiarità che la rende unica: i single track sono creati appositamente a mano dagli organizzatori.
Più del 40% di ogni tappa si affronta su sentieri tecnici, in salita e in discesa, curati per rendere la guida flow e studiati per il divertimento dei biker.
E’ una gara adatta sia a chi vuole confrontarsi con gli altri partecipanti e puntare ad un buon risultato in classifica finale, sia a chi invece vuole godersi metro dopo metro questo magnifico deserto per vivere un’esperienza davvero indimenticabile.
Vi consigliamo di metterla nel programma dei prossimi anni.
In conclusione, per farvi capire la filosofia e lo spirito di chi organizza questa gara, vi lasciamo con una citazione dell'organizzatore su questo evento:
"Non importa di che religione, di che colore o di che nazione sei, se vai forte o vai piano, se sei giovane o se sei anziano, l’unico comune denominatore è un gruppo di persone che condividono la stessa passione per la mountain bike, per la natura, per single track magnifici, per il duro sforzo fisico e per la voglia di mettersi alla prova”.
Guarda caso il motto della Samarathon è: RIDE HARD… LIVE HARDER!
Nel video seguente vi descriviamo in breve i mezzi e l'abbigliamento che abbiamo utilizzato per uscire indenni "dall'inferno" della Samarathon 2018:
Prima di chiudere, ecco il video degli higlight della Samarathon 2018:
Per informazioni Samarathon.co.il