Riecco al top Francesco Fregona: "Ma prendo meno rischi"

Giuseppe Scordo
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Riecco al top Francesco Fregona: "Ma prendo meno rischi"

Giuseppe Scordo
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Quelli che domenica scorsa lo hanno visto sul gradino più alto del podio a Priero, nella seconda Experience del Superenduro, saranno rimasti spiazzati da un exploit che di certo non rientrava nei pronostici. Ma gli addetti ai lavori sanno bene che Francesco Fregona non è un rider qualsiasi, bensì un talento che si è visto troppe volte sbarrata la strada dalla malasorte.
La storia di questo ragazzo ligure di 32 anni, che di professione fa l’idraulico, è fatta di continue cadute (nel vero senso della parola) e rinascite. Gli stop forzati lo hanno sempre costretto a ritiri più o meno voluti. La passione per la mountain bike però ne è uscita sempre vincitrice.
Anche quando serviva dire addio alla downhill, dopo il primo serio incidente (Caldirola 2005) che gli procurò la perforazione dei reni e della milza, e dopo il secondo e il terzo che misero kappaò un mignolo e poi il gomito.
Anche quando ha deciso di riprovarci con l’enduro, quattro anni fa, fino ai terribili momenti del 2013. In ordine cronologico: Punta Ala a maggio e un maledetto allenamento a fine luglio. Incidenti che lo hanno definitivamente segnato, portandolo su quella nuova via alla disciplina che lo sta accompagnando in questo inizio di stagione.

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Francesco Fregona, 32 anni, è di Imperia.

- Dopo l’ennesimo incidente, la tua carriera poteva considerarsi ormai finita.
- Con la frattura di tre costole a Punta Ala credevo di aver pagato definitivamente il conto con la sfortuna. Invece, dopo aver vinto praticamente senza condizione il secondo titolo italiano Master consecutivo, è arrivata un’altra mazzata. Diagnosi spietata: perone e malleolo rotti, cartilagine della caviglia spaccata. Intervento d’urgenza. Due piastre e quindici viti applicate, che devo ancora rimuovere.

- Non ti sei fatto mancare proprio nulla…
- Convivo con il dolore. Ogni volta che faccio uno sforzo, la caviglia s’infiamma. E si fa sentire soprattutto la domenica sera, dopo i due giorni di uscite in bici. Diciamo che sfrutto i giorni lavorativi per rimettermi a posto. In allenamento uso un tutore, poi in gara ne metto un altro meno spesso perché mi dà fastidio, non mi sento libero.

- Avresti dovuto smettere.
- Questa era l’intenzione fino a pochi mesi fa. Pensavo di dover usare la bici solo per delle tranquille passeggiate. Poi Michele Tardini di WeekendWheels mi ha convinto a rientrare, parlandomi del nuovo preparatore di Science of Cycling. Di certo, non posso rischiare un’altra caduta. I medici che mi hanno operato sono stati chiari. Se dovessi prendere un altro colpo alla caviglia, dovrei impiantare una protesi. Pensa che non posso più correre a piedi. Posso solo camminare.

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Domenica scorsa a Priero ha messo tutti gli avversari alle sue spalle. In pochi lo avevano inserito tra i favoriti.

- Quindi hai scelto un nuovo approccio alle competizioni.
- In discesa non posso più prendere rischi. Quindi devo avvantaggiarmi nei tratti pedalati.

- Cos’hai pensato dopo la vittoria a Priero?
- Non ci volevo credere. Al traguardo pensavo fosse uno scherzo, anche perché non mi ero minimamente informato sui tempi. Non ho rischiato niente in discesa anche se ho perso pochissimi secondi dai migliori. Per scendere forte serve essere più completi dal punto di vista fisico ma io ormai non posso permettermelo. Quindi preferisco dare due colpi di pedale in più. Questa strategia è più o meno redditizia a seconda dei tracciati. Domenica a Punta Ala so già che avrò molte difficoltà. Però prendete Denny Lupato o lo stesso Milivinti, che iniziò col cross country. Tanti enduristi sono ottimi pedalatori.

-Quella di puntare sul pedalato è una scelta necessaria ma anche originale.
- Ha influito la collaborazione con Simone Casonato di Science of Cycling. Loro sono esperti nella preparazione per la strada e l’anno scorso hanno seguito la Bardiani. Adesso stanno analizzando l’ambiente enduro e mi hanno proposto allenamenti mirati per incrementare la mia performance fisica. Gli allenamenti sono di qualità e il progetto mi sta dando nuovi stimoli. Sulla bici da strada uso il misuratore di potenza, Michele lo monta anche sulla bici dell’enduro per raccogliere dati utili alla ricerca.

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Ed eccolo sorridente sul gradino più alto del podio della seconda Experience della stagione.

- Quando riesci ad allenarti?
- Il lavoro non mi consente grandi spazi. Le uscite di enduro le faccio solo sabato e domenica, a Imperia e dintorni, dove per fortuna non mancano i trail ad hoc. Tre volte a settimana esco con la bici da strada. D’inverno uscivo a mezzogiorno, ora che le giornate si sono allungate nel tardo pomeriggio, anche se c’è da fare i conti con la stanchezza.

- Parlaci della tua bici.
- Ho una Banshee Rune in alluminio da 27,5” con escursione da 160 millimetri. Forcella Bos Deville e ammortizzatore Bos Kirk. Trasmissione Shimano Xt Shadow, monocorona 1x10 con corona Wolf Tooth e pacco pignoni Xt. Wolf Tooth mi ha consegnato anche il pignone da 42 denti, ma non l’ho ancora provato. I freni sono Shimano Xt, le ruote Novatec e i componenti Sixpack, in carbonio.

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Fregona ha vinto gli ultimi due titoli italiani del Superenduro nella categoria Master.

- Adesso come cambia (se cambia) la tua stagione?
- Voglio divertirmi e arrivare preparato alle gare. Ora che con il bel tempo potrò stare più in sella voglio sicuramente prender più confidenza con la bici e guidare meglio, anche perché è naturale che l’enduro ti porti comunque ad andare sempre più forte. Ma so che non devo esagerare.

- Le prossime gare?
- Domenica Punta Ala. Poi le altre Pro del Superenduro e qualche Experience. Conto di partecipare anche ai prossimi appuntamenti dell’European Enduro Series e alle due prove italiane del World Series. Per La Thuile ho fatto in tempo a iscrivermi, a differenza di Finale Ligure, dove spero in extremis di poter correre.

La storia di Francesco Fregona, uno che da anni fa a cazzotti con la sfortuna, è un modello di vita. Perchè insegna a non arrendersi mai, a ripartire e anche a far fruttare al massimo quelle che a un certo punto diventano delle necessità. L'enduro e la velocità non sono più la stessa cosa dopo gli ultimi incidenti. Ma Francesco è sempre lì a lottare e ci regalerà presto altri numeri degni del suo grande talento.

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