MONTEREY - Domenica pomeriggio, ore 17,00.
La Sea Otter Classic è finita e mentre mangio un panino al prosciutto potenziato all’americana sulle scale del media centre ho davanti un parcheggio deserto.
Più in là le bandiere dei vari stand iniziano a essere sempre più rade, segno che la Sea Otter Classic 2016 è andata in archivio.
Questo panino ha dei sapori davvero lontani da quelli italiani.
Lo sguardo va lontano e il pensiero si astrae.
Ma dove sta andando la Mtb?
Giusto il tempo di un panino per rifletterci su, scorrendo con la memoria le cose viste (e ancora non tutte pubblicate) fino a oggi da Monterey.
Provo a mettere in ordine le idee…
Ruote e gomme: una storia infinita
Non c’è pace proprio, ma allo stesso tempo dico che tutto sommato qualcosa di buono in questa never ending story c’è.
Il Plus è una bella idea, così come lo è stato il 29 pollici (e lo è ancora), riscoperto proprio in tempi recenti anche in ambito trail riding.
Sul perché non ci sia mai una tregua in questo campo mi interrogo e provo a rispondere: perché la Mtb, comunque, è un gioco.
E smontare, ricombinare i pezzi e sostituirli con altri è un gioco ancora più divertente.
Robe che si fanno nei garage, proprio come succedeva agli esordi.
E oggi pur avendo le dimensioni di un’industria globale, alla base c’è sempre la stessa passione per quel giocattolo chiamato mountain bike.
Solo che il prezzo elevato lo rende un giocattolo da grandi.
E-bike: agli americani piacciono poco?
Non nascondo che quando alcuni colleghi americani mi hanno bisbigliato questa cosa ho fatto un po’ fatica a crederci.
Però a pensarci bene, Bosch è in Germania.
Anche Haibike (cioè il primo marchio a credere fortemente nell’elettrico) è in Germania.
Nonostante abbiano un certo ritardo culturale-tecnologico sulla questione e-bike, i marchi americani hanno iniziato seriamente a crederci e, almeno in un caso (Specialized Turbo Levo), sopravanzando i tedeschi.
Alla Sea Otter Classic, però, di bici a pedalata assistita se ne sono viste diverse in giro (c’è anche stata una gara riservata alle e-bike vinta da Christoph Sauser) e allo stand Bosch la curiosità dei passanti non era proprio trascurabile.
A parte un discorso di restrizione all’uso delle e-bike su alcuni sentieri, in America il popolo degli e-biker è in crescita e ha delle potenzialità enormi.
Qui il “to be fit”, cioè l’essere in forma sta diventando una mania, a tutte le età, e questo tipo di bici, se inquadrata in questa ottica, è un boom pazzesco.
L’anno dei reggisella telescopici
Prima erano ad appannaggio dei soli produttori di sospensioni, ora in tantissimi hanno deciso di produrne uno (vedi Bontrager e Fsa).
E’ un business che tira e che non ha ancora raggiunto tutto il suo pubblico potenziale.
Anzi, siamo solo agli inizi.
Julien Absalon ha dichiarato di essere interessato a usarlo-testarlo in gara e questo ha spalancato le porte del cross country al reggisella telescopico.
Tenetevi pronti…
Elettronica: ma quanto affascina davvero?
La Mtb è figlia della cultura hippie degli anni Settanta.
A Fairfax, nel Marin County, cioè non molto lontano da dove sto scrivendo questo articolo, hanno iniziato per scherzo a pedalare su sterrato allontanandosi dalle solite rotte.
Le prime Mtb erano come un intruglio alcolico poco riuscito, ma che ti faceva divertire.
Non poi così lontano come mentalità dal mondo tecnologico che proprio in quegli anni stava nascendo (vedi la Silicon Valley).
Nel corso degli anni la Mtb ha continuato ad avere una forte connotazione selvaggia, dirt e fortemente ribelle.
Metterci addosso l’elettronica è un po’ come tagliarle la barba e darle una pettinata, cioè affievolirne l’animo selvaggio.
Non so quanti appassionati abbiano mai fatto questa associazione in maniera consapevole, ma almeno a livello inconscio la ritrosia che si vede nei confronti dell’elettronica a bordo della Mtb potrebbe derivare da questo.
Quindi, l’elettronica piace?
Le risposte possibile sono tre:
- no, se non aggiunge nulla di realmente utile;
- “ni”: incuriosisce i più esperti e attenti in previsione di quello che potrebbe diventare (me incluso);
- sì, se ha un effetto dirompente (in positivo) sulle nostre abitudini, come è già accaduto in molti altri settori (vedi computer, telefonia, fotografia, automotive…). Il punto è che questo effetto dirompente, per ora, si è visto poco nella Mtb.
Quella scarsa voglia di semplificare le cose…
Ma quanti sono i marchi che esistono nel nostro settore?
Una valanga e ogni anno ne arrivano di nuovi.
La bici ha un pubblico potenzialmente vastissimo e soprattutto in crescita, perché la bicicletta da qualche anno a questa parte è entrata sempre di più nell’immaginario collettivo come un mezzo di libertà, ribellione, fuga e soprattutto benessere.
Quindi, riallacciandomi al discorso di prima, tanti marchi = tanti garage, cioè tanti appassionati di bici che entrano nel business della bici in maniera più o meno improvvisata.
E adesso valli a mettere d’accordo tutti.
RockShox ha iniziato un cammino, lo stesso che aveva intrapreso (con successo) Cane Creek con le serie sterzo e speriamo che anche altre proposte di semplificazione e razionalizzazione seguano.
Perché, ok la passione per la bici, ma portarsi dietro tanti standard significa rischiare di perdersi i pezzi per strada (magazzini, distributori, negozi e clienti) e non raccapezzarci più nulla.
Chi farà il prossimo passo in avanti?
Troppo rumore di fondo
Questo è un bel problema con il quale mi sono confrontato un po’ di volte.
Una delle più recenti? Le gomme Plus.
Ma non importa ora parlare di questo dettaglio, perché il punto è riuscire a far capire ai lettori che una certa novità è davvero una novità interessante nel mare magnum delle tante proposte dai brand.
Cioè, c’è troppo rumore di fondo.
E su questo, lo ammetto, anche il nostro lavoro, quello di media, ha una sua parte.
Da un lato hai l’obbligo etico-professionale di dare la notizia, ma dall’altro c’è anche la necessità di dare alla notizia il risalto che merita, creando eventualmente contenuti più approfonditi.
Il troppo rumore di fondo, purtroppo, rimane, soprattutto nel campo della comunicazione online (a cominciare dai social media), dove le notizie vere o presunte tali si susseguono confondendo chi legge.
Come si risolve la questione?
Date fiducia a chi scrive per mestiere e a chi riesce a spiegarvi le cose.
Il tempo del panino è finito.
Torno al lavoro.
Domani tornando verso San Francisco farò un paio di stop lungo la strada.
C’è ancora molto da conoscere nella Silicon Valley della mountain bike.
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Sull'autore
Simone Lanciotti
Sono il direttore e fondatore di MtbCult (nonché di eBikeCult.it e BiciDaStrada.it) e sono giornalista da oltre 20 anni nel settore delle ruote grasse e del ciclismo in generale. La mountain bike è uno strumento per conoscere la natura e se stessi ed è una fonte inesauribile di ispirazione e gioia. E di conseguenza MtbCult (oltre a video test, e-Mtb, approfondimenti e tutorial) parla anche di questo rapporto privilegiato uomo-Natura-macchina. Senza dimenticare il canale YouTube, che è un riferimento soprattutto per i test e gli approfondimenti.