Ma come fanno?
Ce lo chiediamo tutti quando guardiamo eventi estremi come la Red Bull Rampage.
Magari per loro è diverso.
Oppure, magari, esistono davvero rider senza paura.
Ma è davvero così?
Me lo sono chiesta anche quest’anno mentre mi infliggevo come molti di voi la deliziosa tortura di assistere alla Redbull Rampage, probabilmente il più celebre evento di freeride Mtb al mondo.
Si tratta di una competizione che merita tutti i superlativi possibili: pendenze estreme, gap allucinanti, drop alti come palazzi, track praticamente da inventare.
Il tutto tra pareti di roccia che, nei giorni precedenti l’evento, i builder si adoperano a trasformare in qualcosa che solo una manciata di atleti in tutto il mondo è in grado di affrontare.
Un evento che non ha bisogno di presentazioni e che ogni volta mi lascia con le stesse domande.
Cyborg o rider senza paura?
Viene da chiedersi come sia possibile per questi rider non essere sopraffatti dalla paura, come sarebbe “normale”.
Di Brandon Semenuk, tre volte vincitore della Rampage, si è detto e scritto che sembra mancare completamente di questo sentimento.
A riprova della sua incredibile padronanza del rischio, Semenuk è anche un rallysta di prima classe.
Sei giorni prima dell’edizione della Rampage 2022 saliva sul gradino più alto del campionato nazionale overall dell’Ama, American Rally Association.
Subito dopo si è presentato alla partenza della Rampage per sfiorare l’ennesima vittoria piazzandosi al secondo posto dietro Brett Rheeder .
Il titolo del video dell’anno scorso con cui Etnies lanciò una scarpa a lui dedicata, la Semenuk Pro, “Amygdala”, rende omaggio proprio al suo essere apparentemente senza paura.
L’amigdala è una struttura a forma di mandorla (da cui il suo nome) che fa parte del cervello ed è coinvolta nella gestione di alcune emozioni e reazioni di base della specie umana, tra cui in particolare l’istinto di sopravvivenza e la paura.
La domanda implicita del video era dunque questa: siamo proprio sicuri che Semenuk sia dotato di amigdala?
Semenuk, il senza-paura
L’ultima vittoria di Semenuk alla Rampage risale al 2021, quando il suo turno di scendere venne subito dopo il terribile incidente di Tom Van Steenbergen.
Dopo avere atterrato un enorme front flip, Van Steenbergen perse il controllo della bici nel salto successivo e cadde restando immobile a terra.
La gara fu sospesa per quasi tre quarti d’ora, mentre i soccorsi raggiungevano l’atleta e organizzavano una complicata estrazione dal campo di gara.
Cosa passava in quel momento nella testa di Semenuk, in attesa del via sulla rampa di partenza, una piattaforma sospesa nel vuoto in cima al canyon, da dove l’attesa e il lungo silenzio radio resero subito chiara la gravità della situazione?
Nel film Steps to the top, che racconta la partecipazione di Semenuk all’edizione 2021, lo vediamo nervoso nell’attesa del suo turno al termine della run come campione in carica.
Subito dopo l’incidente di Van Steenbergen la preoccupazione del fenomeno canadese è tutta per il compagno, con l’attesa che si prolunga in modo indefinito di cinque minuti alla volta.
Quando gli viene dato il via per scendere, non ci sono ancora notizie sulla gravità delle condizioni di Van Steenberger.
Semenuk afferma che quando in gara succedono cose del genere, “it kinda kills the vibe” - letteralmente "uccide tipo le buone sensazioni"- e diventa difficile trovare la giusta condizione mentale, la giusta aggressività che servono per dare il meglio in un evento del genere.
Eppure, nessun accenno alla paura.
Abbiamo veramente a che fare con un alieno?
Non esistono rider senza paura
La verità è che non esiste essere umano che non provi paura.
Diciamo che negli sport cosiddetti estremi la paura è una componente fondamentale e ineludibile.
Potremmo spingerci fino ad affermare che è il motore stesso che spinge le persone a raggiungere certe performance, a compiere azioni che sembrano impossibili finché qualcuno non è in grado di scindere la componente tecnica a da quella mentale dell’impresa.
Gli atleti e i builder del freeride sanno esattamente cosa fanno. Quando provano qualcosa sanno che tecnicamente può essere fatto.
Se ai profani tutto questo sembra una follia, la verità è che dietro queste competizioni ben poco è lasciato al caso. Quello che vediamo alla Rampage è solamente - si fa per dire - una selezione estrema di rider con un livello tecnico altissimo unito ad una capacità estrema di gestione di questa comunissima reazione.
Gestire la paura
E’ noto che per gli atleti oggi l’allenamento mentale è quasi altrettanto importante di quello fisico, e ognuno di loro sviluppa tecniche diverse per riuscire a gestire la normale reazione di paura di fronte al rischio.
Rémy Métailler, che di linee estreme ne sa qualcosa, in uno dei suoi premiatissimi video che potete vedere qui sotto chiarisce proprio questo punto.
La paura esiste, sempre. La differenza è tra chi sa gestirla e chi no.
Nel suo caso, due in particolare sono gli strumenti che aiutano a gestire quella comunissima reazione con cui anche i più forti atleti si abituano a convivere.
La verifica di tutti i parametri che possono essere in qualche modo controllati, insieme alla visualizzazione di ciò che si sta per fare in modo da ricondurlo a ciò che conosciamo e padroneggiamo così da immaginarne la riuscita.
Per il nostro Torquato “Toto” Testa razionalizzare la paura è parte integrante del freeride.
Lui ci riesce pensando al fatto che la gratificazione e il piacere che si provano chiudendo un trick è talmente più grande della paura che non è “giusto” farsi fermare da questa.
I suoi consigli per superarla sono basati proprio sulla considerazione che tutti abbiamo paura, ma il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di non lasciare che sia lei a decidere per noi.
Trovo che questo sia spunto interessante per tutti noi: di cosa ci priviamo quando lasciamo che la paura ci fermi, e non solo in ambito sportivo?
Secondo il francese Cedric Gracia, ex pro' e oggi coach e trainer di Mtb, è giusto provare paura. E’ dove non c’è paura ad esserci qualcosa, a suo dire, di “malato”.
La paura può essere trasformata in un motore, che deve darci indicazioni su cosa siamo in grado di controllare e cosa invece è fuori dalla nostra portata.
Gestione e gradualità: è davvero tutto qui?
Quindi dovrei concludere che quello che sto vedendo mentre guardo questi uomini solcare letteralmente il cielo sulle loro bici come semidei non è altro che un mix di talento, tecnica e abitudine alla gestione del più comune sentimento di paura.
Il tutto portato a livelli estremi.
E’ come se questi atleti in qualche modo costruissero a poco a poco un loro “doppio” quasi super-umano, che sa e vede cosa sarebbe “normale” provare, ma che vive quasi in una dimensione differente, dove la norma è completamente sovvertita.
Diventerò mai una rider senza paura?
Ho raccolto dei consigli utili, mi dico che li terrò presenti e che mi saranno utili la prossima volta che mi troverò a rischio di farmi limitare dalla paura, in bici, nel lavoro, nelle relazioni, in ogni cosa.
Conosci te stesso, controlla le variabili e immagina il successo.
Eppure sappiamo bene che quello che vediamo andare in scena in certi eventi non è solo il frutto di esercizio e dedizione.
Sappiamo che dietro c’è la magia di alcuni, rarissimi individui che sanno mostrarci una via. Sebbene sappiamo che noi non saremo in grado di percorrerla, quella via ci attrae perché continua a farci sognare.
E ci fa riflettere su quanto incredibile sia questa genia di cui tutti facciamo parte, che può abbruttirsi fino ad inventare il male assoluto o mostrarci che si può volare anche senza ali.
Qui sotto i consigli di Martino Fruet su come gestire la paura di cadere in mtb:
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Sull'autore
Silvia Marcozzi
Vivo da sempre in equilibrio tra l’amore per lo studio e le parole - ho due lauree in lettere e un dottorato in lingue - e il bisogno di vivere e fare sport all’aperto. Mi sono occupata a lungo di libri e di eventi. Dieci anni fa sono salita su una bici da corsa e non sono più scesa, divertendomi ogni tanto a correre qualche granfondo. Da poco ho scoperto il vasto mondo dell’off-road, dal gravel alla Mtb passando per le e-Mtb, e ho definitivamente capito che la mia sarà sempre più una vita a pedali.