CITTA' DELLA PIEVE – In un mondo globalizzato e standardizzato, in cui spesso il marketing e l'immagine prendono il sopravvento sulla vera qualità del prodotto, resistono ancora le piccole aziende che hanno una filosofia completamente diversa.
Una di queste è RDR Italia, realtà artigianale italiana, con sede in Val d'Aosta, che negli ultimi anni si sta facendo spazio tra i grandi grazie ai suoi telai veramente esclusivi e alla grande attenzione che i proprietari, Vincenzo Jeantet e Cristina Galler, prestano nell'accontentare i clienti, anche quelli più esigenti.
Una storia particolare, che meritava di essere approfondita: abbiamo approfittato del primo test event dell'azienda valdostana, per fare due chiacchiere con Vincenzo, la mente (e il braccio) di RDR Italia, sulla loro filosofia, le origini, i prodotti, i progetti, i sogni e tanti altri aspetti che caratterizzano le piccole aziende artigianali.
Buona lettura!
- Ciao Vincenzo, partiamo dalle origini: come, dove e quando nasce RDR Italia?
- RDR nasce nei primi anni 2000 come “filiale” italiana del marchio fondato da Ralph Denk, ex professionista su strada tedesco (RDR è l'acronimo di Ralph Denk Ramen, dove “ramen” sta a significare “telaio” in italiano). Col passare degli anni abbiamo rilevato il marchio, spostando tutta la produzione ed è nato RDR Italia. Diciamo, però, che non parto da zero: nasco sugli sci, dove il carbonio si utilizzava da prima e ho cercato di utilizzare l'esperienza per trasferirla sulle Mtb. Inoltre, sono stato in parte agevolato dal fatto che mio figlio, Nicolas, ha corso per team importanti come Mapei, CBE e ISD, quindi mi sono fatto conoscere.
Siamo stati tra i primi a credere nelle 29” e dovendo fornire i telai ad atleti molto piccoli di statura ho optato per delle soluzioni artigianali, cercando delle aziende italiane che fossero realmente preparate. Ma non è stato difficile, perché in quel momento tutti i grandi avevano spostato la produzione in Oriente. Queste aziende non avevano idee specifiche per il fuoristrada, che però avevo io: da quel momento abbiamo iniziato a produrre per prove e tentativi, perché sbagliando si impara.
- In un mondo globalizzato, da dove viene la “vocazione” delle Mtb artigianali e su misura? Perché non scegliere dei prodotti standard come fanno in molti?
- Quando RDR Italia iniziava ad essere conosciuto, abbiamo ricevuto delle proposte da altri marchi, anche italiani. Qualcuno ci ha chiesto di fare una fusione, comprare dei telai in Oriente, facendo magari solo un modello alta gamma made in Italy e puntare sulla quantità. Alcune offerte erano anche allettanti, ma a mio avviso in questo modo il cliente non sa più cosa gli stai vendendo, l'azienda perde la propria identità. Quindi abbiamo rifiutato, vendendo di meno, ma puntando sulla qualità e sulla cura del cliente.
- Nei vostri progetti, da dove parte la scelta dei materiali, delle tecnologie e delle geometrie?
- Il nostro obiettivo è creare sempre qualcosa di nuovo, senza sosta, sia per quanto riguarda i materiali, sia sulle geometrie e le soluzioni tecniche. Siamo in contatto con tutti i migliori fornitori di carbonio in Italia, che lavorano anche in altri settori come quello auto e ultraleggeri, proprio per stare al passo coi tempi. Osserviamo le tendenze dei vari marchi, prendiamo quello che ci piace, escludiamo quello che non ci convince e realizziamo un progetto nostro. Prima di commercializzare, però, il prodotto viene testato a dovere, da noi e dai nostri collaboratori, cercando di stressarlo il più possibile. Quello che non supera i test, resta solo un progetto...
- Come funziona, in sintesi, il processo di produzione di un telaio RDR?
- Abbiamo capito che bisogna sfruttare tutte le risorse possibili, quindi, oltre a contare sulle nostre idee e su quelle dei nostri collaboratori, ci affidiamo a degli ingegneri del settore bici e del settore moto. Perché spesso la Mtb è più vicina alla moto, piuttosto che alla bici da strada, ad esempio. Per la produzione vera e propria, poi, ci affidiamo ai migliori laminatori in Italia e ad altre aziende che contribuiscono alla realizzazione del prodotto finale. In pratica, nessuno produce per intero il nostro telaio, ma questo subisce più processi di lavorazione in aziende diverse.
- Perché, nel 2020, un biker dovrebbe scegliere un telaio artigianale e su misura?
- Perché la qualità è superiore, la cura del cliente è massima, così come la personalizzazione. E questo si avverte poi una volta saliti in sella, le prestazioni della bici sono superiori sotto diversi punti di vista.
- Rivendibilità: quante volte questo è stato un limite nella vendita dei telai? E quando vi parlano di questo argomento, come rispondete?
- Qualche anno fa era uno dei nostri punti deboli, negli ultimi anni è diventato un punto di forza. Il prodotto mantiene il prezzo sul mercato, anche perché la rete dell'usato la gestiamo noi. Ad esempio, se un cliente che ha un budget inferiore, possiamo proporgli un telaio usato, che viene controllato e revisionato, al quale viene riattivata anche la garanzia a vita, che in realtà sarebbe sul primo proprietario. Questo è un servizio importante, che non tutti fanno. Adesso, se avessi 20 Ares e 20 Deus usate, le piazzerei senza problemi...
- Prezzi: più alti della media, ma paragonabili a quelli dei brand blasonati, con la differenza che?
- Essendo un'azienda familiare, siamo molto più flessibili. Dobbiamo avere dei prezzi di listino, soprattutto perché vendiamo anche all'estero e un riferimento serve. Molto spesso, però, se vendiamo in Italia in modo diretto, uno sconto si fa sempre. Inoltre, essendo tutto customizzabile, non è detto che si debba prendere per forza una bici da 10000€, il cliente la allestisce come vuole, anche con componenti più economici.
- Personalizzazione: uno dei vostri punti di forza. Ma fino a che punto potete spingervi?
- La personalizzazione è illimitata o quasi, sia per quanto riguarda le misure del telaio, sia sui componenti e le grafiche. Conosciamo quasi tutti i nostri clienti e cerchiamo di cucire addosso a loro la bici che vendiamo. Sulle vendite all'estero, a volte non è così, ma la gestione è la stessa: il cliente compila il modulo e noi operiamo. Ovviamente, in base ai componenti scelti varia il prezzo finale della bici, ma possiamo accontentare qualsiasi richiesta.
- Pesi: avete una full (Ares) ultraleggera, come avete fatto a raggiungere un risultato simile sul telaio?
- Abbiamo lavorato come pazzi sui materiali, siamo partiti circa 4 anni fa da una struttura in carbonio T800 con finitura 3K a spessori uniformi che pesava circa 1800 grammi, pian piano siamo passati al T1000 e poi al T1100, utilizzando degli spessori differenziati e una finitura nanotecnologica che ci ha permesso di ridurre la quantità di materiale, pur ottenendo una superficie durissima e indistruttibile. Il telaio attuale pesa poco più di 1400 grammi. Il segreto è stato anche mantenere lo stesso progetto, raffinando i metodi produttivi e migliorandolo andando alla ricerca dei materiali più pregiati, ma anche più costosi, che nessun marchio famoso potrebbe impiegare su un prodotto di serie...
- Il telaio Deus 2.0, invece è più pesante, ma in un certo senso ha “rivoluzionato” il concetto di hardtail da Xc: puoi spiegarci in breve perché e com'è fatto?
- Il progetto Deus 2.0 (che vi avevamo descritto QUI, ndr) è partito 4 anni fa, ascoltando anche i feedback di atleti importanti che corrono in Coppa, dei quali non posso fare i nomi. Le front del passato erano troppo rigide, non adatte ai percorsi e alle velocità che si raggiungono attualmente. Quindi abbiamo iniziato a pensare ad un telaio che fosse reattivo in pedalata, ma anche flessibile nei punti strategici: una via di mezzo tra la front classica e la full da Xc.
Il lavoro è stato lungo e impegnativo, stavamo mollando, ma poi mi sono imposto pensando: perché lo sci riesce a flettere e non può farlo un telaio? Quindi ci abbiamo ragionato insieme agli ingegneri, abbiamo sezionato uno sci osservando come lavora e siamo arrivati al risultato finale. Il carro della Deus 2.0 è realizzato con tanti strati di lamelle in carbonio incrociate, che permettono ad esso di muoversi assecondando le asperità del terreno. Il piantone, invece, ha una struttura più robusta che offre rigidità e sostegno in pedalata. Il telaio Deus 2.0 è realizzato in 5 pezzi fasciati tra loro, con spessori e qualità diverse.
Il carbonio utilizzato, al momento è un mix tra T1000 e T1100, stiamo lavorando per alleggerirlo, impiegando per intero il T1100. Ma non è facile mantenere le stesse qualità e la stessa resistenza scendendo di peso. Non sono molti, comunque, i clienti che ci chiedono pesi più contenuti, perché il telaio va bene ed apprezzano le sue qualità. Per ora siamo sui 1100 grammi, in media 200 grammi in più dei top di gamma 2020 delle aziende più famose. Vediamo dove possiamo arrivare...
- Qual è il dettaglio tecnico/soluzione tecnica più importante su una Mtb da Xc e Marathon, secondo RDR?
- Il “galleggiamento”, a mio avviso è la dote che si apprezza di più in fuoristrada, ovvero la possibilità di restare incollato al terreno senza subire troppo, mantenendo sempre il giusto grip. Questa qualità è offerta da diverse soluzioni tecniche, ad esempio dal movimento centrale abbassato, dal carro flessibile, ma non troppo, dalle geometrie giuste e personalizzate. Non esiste un singolo dettaglio che fa la differenza. Ecco perché, credo che le hardtail ultra-rigide non avranno vita facile da qui in avanti...
- Qual è la richiesta più frequente che vi fanno i clienti?
- In passato era sicuramente il peso, quindi la bici leggera a tutti i costi. Tutt'ora, quando parlo con il cliente la prima volta gli chiedo espressamente: sei “grammo-malato”? Proprio per capire che intenzioni ha... Ultimamente, soprattutto gli atleti più evoluti, capiscono che con quel mezzo chilo in più la bici potrebbe essere più affidabile e magari anche più veloce. Però, sicuramente la bici leggera è la richiesta più frequente e di solito riusciamo ad accontentare tutti.
- E qual è stata la più “stravagante”?
- Più di qualcuno mi ha chiamato chiedendo se fosse possibile inserire nel telaio un piccolo motorino invisibile e silenzioso, benché da 50-100 watt! Alcuni pagherebbero anche cifre folli... Ovviamente ho rifiutato categoricamente, però è successo davvero.
- Il punto di forza più importante di RDR Italia?
- Oltre a peso, qualità e personalizzazione che ho già citato, credo che la nostra qualità più importante sia il “saper ascoltare”. Io ascolto tutti i consigli ed i punti di vista, poi me li segno. Perché non è sempre lo Schurter della situazione che ti dà l'idea giusta, potrebbe essere chiunque. A volte resto a parlare per ore con gente che magari non comprerà mai un mio prodotto, ma non importa, io voglio lo stesso che capisca cosa gli sto proponendo.
- Dove pensi, invece, di poter ancora migliorare?
- Sicuramente dobbiamo lavorare sul marketing, sull'immagine. Non abbiamo un vero e proprio ufficio marketing, stiamo lavorando sul sito, ma non è facile trovare tempo per fare tutto. Le nostre risorse, al momento preferiamo dirottarle sulla ricerca e sui materiali. Ma prima o poi dovremo avere il coraggio di investire di più in questo settore...
- Competizioni: avete un team femminile di Coppa del mondo, ma anche degli atleti che fanno marathon. Quanto e perché è importante per un piccolo marchio essere presenti sui campi gara?
- E' fondamentale, nonostante a volte le spese siano molto elevate. Sia per lo sviluppo dei prodotti, sia come immagine: non servono per forza atleti ultra-vincenti, ma atleti umili, che sappiano comunicare e abbiano la volontà di crescere insieme. Fino allo scorso anno puntavamo tutto sull'Xc, quest'anno siamo stati presenti anche in alcune marathon ed abbiamo capito che bisogna essere anche lì, infatti stiamo ragionando sulla prossima stagione in modo diverso.
- E sui social? Quanto conta essere presenti? Chi si occupa dei vostri canali Instagram e Facebook?
- Al giorno d'oggi conta moltissimo, ma i social sono anche un'arma a doppio taglio. C'è gente che non ha niente da perdere e se può ti distrugge. A volte manca il rispetto. Quindi bisogna esserci, ma in modo attento, coerente ed onesto, senza raccontare favole. Nel nostro caso se ne occupa un po' mia figlia, ma anche io e Cristina.
Visualizza questo post su Instagram
- Qual è il sogno più grande di Vincenzo e dello staff RDR Italia?
- Sicuramente non è quello di diventare ricchi, non ci interessa, altrimenti non lavoreremmo in questo modo. Il mio sogno è continuare a crescere in questo modo e accontentare sempre i clienti. Poi mi piacerebbe che il marchio restasse in piedi quando io non potrò più occuparmene, magari grazie ai miei figli. Infine, mi piacerebbe avere i fondi per mettere in piedi un team di altissimo livello e vedere le mie bici vincere una gara di Coppa, oppure qualche titolo nelle Marathon. Per ora resta un sogno, in futuro chissà...
Per maggiori informazioni su RDR Italia visitate il sito ufficiale, oppure la pagina Facebook e il profilo Instagram.
Condividi con
Tags
Sull'autore
Daniele Concordia
Mi piacciono il cross country e le marathon, specialità per le quali ho un'esperienza decennale. Ho avuto un passato agonistico sin da giovanissimo, ho una laurea in scienze motorie e altri trascorsi professionali nell’ambito editoriale della bici.