Rachel Atherton si racconta: la sfida più difficile è la normalità

Silvia Marcozzi
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Gli anni di gare e allenamenti continui, l’ossessione della vittoria, gli infortuni, la maternità e i progetti condivisi con i fratelli Dan e Gee.
Nel nuovo episodio del podcast Red Bull “Just Ride” Rachel Atherton si racconta a ruota libera in una lunga intervista ai microfoni di Ron Warner ed Eliot Jackson.

Dopo anni di successi ineguagliati la leggenda della DH femminile si guarda indietro e racconta il suo presente di mamma che non ha ancora chiuso i conti con l’atleta. 

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Foto: Red Bull



«Fare la mamma è molto più faticoso. Quando corri ti alleni duramente, ma ti riposi altrettanto duramente. Ti prendi tutto il tempo che ti serve, il riposo è importante. Quando sei mamma l’impegno è continuo, 24 ore su 24, sette giorni su sette, e questo è sfiancante». 

Ripercorrendo una carriera fatta di 5 titoli mondiali, 6 titoli di Coppa del Mondo e una perfect season nel 2016, è inevitabile parlare del legame con i fratelli Dan e Gee.
Rachel Atherton svela nell’intervista molti aspetti caratteriali poco noti dei due fratelli, come l’inesauribile spinta propulsiva rappresentata da Daniel fra i tre. 

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L'età dell'oro dei fratelli Atherton

Come l'idea originale della Hardline - disputata lo scorso weekend per la prima volta in Australia - anche i progetti della Atherton bikes e del DIFY bike park sono partiti da lui. 
Ma non c'è da aspettarsi troppo supporto nel momento in cui si tratta di risolvere concretamente i problemi pratici di un progetto.
«A quel punto ti risponderà che non ha tempo, perchè sarà già impegnato con la prossima idea».

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Gee e Rachel Atherthon, campioni del mondo DH nel 2008 in Val di Sole

Ricorda con emozione la tripla vittoria in Coppa del Mondo nel 2008 ad Andorra quando tutti e tre i fratelli salirono sul gradino più alto del podio, nella DH femminile e maschile (con Gee) e nel 4Cross (Daniel). 
Fra i tre tuttavia è sempre stata lei la più competitiva, al punto che la sua fame di vittoria ha iniziato a rappresentare un problema. 

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Foto: Red Bull

Gli infortuni e i dubbi

«Ero arrivata al punto che volevo così tanto vincere da andare troppo forte perché il mio corpo potesse sostenerlo. Vincere era il massimo, ma continuavo a farmi a pezzi ancora e ancora e ancora. 
Ricordo di avere pensato: qualcosa deve cambiare. O accetto di vincere meno perché non voglio andare così forte e rischiare infortuni, o devo diventare così forte, allenarmi così tanto da essere abbastanza veloce restando in sicurezza all’80% e vincere comunque». 

Per cinque anni di fila Atherton ha subito infortuni e operazioni chirurgiche, dimostrando una resilienza e una capacità di tornare a gareggiare ai massimi livelli stupefacenti. 
L’infortunio peggiore è stato la rottura del tendine di Achille, nel 2019 a Les Gets, seguito da un recupero di 18 mesi. Il tendine le dà ancora problemi e la fisioterapia deve essere costante. 

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Rob Warner, Rachel Atherton ed Eliot Jackson / Foto: Red Bull

«Il mio polpaccio è emaciato e, così magro, è orrendo. E' fastidioso quando sono in bici perché la ginocchiera continua a scendere. A chi mi chiede se andrà meglio rispondo: assolutamente no. Peggiorerà sempre. E’ così. E’ il prezzo che paghi. È stato un infortunio duro da digerire».

La vittoria di Lenzerheide nel 2023

Nonostante questo dopo la lunga pausa dovuta alla gravidanza e alla nascita della figlia Arna nel 2021, Rachel Atherton è tornata a correre a sorpresa nel 2023, riportando la sua quarantesima vittoria in Coppa del Mondo.

A proposito di quel giorno dice apertamente: “So di avere vinto grazie alla mia esperienza. Lenzerheide è una pista corta, era la prima gara della stagione e tutti erano in un mood festaiolo, io sapevo di essere a mio agio su quella pista, ma non pensavo di vincere, nemmeno dopo le qualifiche”. 

In quell’occasione Atherton dice di essere rimasta impressionata dal livello tecnico raggiunto dalle donne durante il suo periodo di lontananza dai campi di gara. 
«Il primo giorno di prove ero scioccata» e rivela il segreto grazie al quale ha superato il timore di non essere in grado di competere allo stesso livello, ovvero quello di non paragonarsi alle altre. 

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La downhill femminile oggi

«Se ti confronti con gli altri e non ti concentri su quello che sai fare tu non riuscirai mai a mettere le energie nel posto giusto e sulle cose che puoi controllare. Ho sprecato così tanto tempo ed energie guardando le altre ragazze fare linee che io non avrei mai fatto».

Sempre a proposito della downhill femminile non ha esitazioni nell’indicare chi sia in questo momento la migliore atleta sulla piazza a suo parere. 
«Le abilità di Vali Höll sono fenomenali. Rispetto alle altre ragazze si vede che è cresciuta andando in bici, e ora è maturata anche nell’atteggiamento».

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Sempre a proposito della gara di Lenzerheide ammette che per lei ha segnato un punto di svolta. Se prima di quel momento soffriva nel vedere le altre ragazze gareggiare e passava pomeriggi in lacrime dopo avere assistito a una tappa di Coppa del Mondo, quel giorno qualcosa è cambiato. 

Ora ammette di non sentire più il bisogno di provare qualcosa a se stessa o agli altri, al punto da respingere l’incitazione di Rob Warner a rientrare a caccia di un’ultima vittoria. 

«Che differenza farebbe? Più vinci, più realizzi che il podio è un posto molto solitario. A un certo punto ti accorgi che i trofei si impolverano e il lunedì ti ritrovi da solo. Una vittoria in più non mi renderebbe in alcun modo più felice. Mi piacerebbe che fosse così, che quella vittoria in più mi potesse rendere più completa, ma non è così. Al contrario il rischio di tornare a casa con un altro infortunio o un altro dolore che ti tiene sveglio la notte è reale». 

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Rachel Atherton con la figlia Arna durante i giorni di gara a Lenzerheide nel 2023

La sfida della normalità

Rachel Atherton ammette di sentire profondamente la mancanza delle gare, ma ancor più della struttura che gli allenamenti conferivano alle sue giornate. 
«Mi manca tanto allenarmi, quel singolo mindset, quel focus. Sapere ogni giorno quello che devi fare  - cercare di essere migliore, più veloce, più forte. Voglio dire, che cos’altro può prenderne il posto?»

Confessa candidamente di non sapere come vivere da semplice essere umano, al di fuori della dimensione atletica.
«Non ho assolutamente idea di come essere un essere umano o un’adulta. Non posso più dire che sono di cattivo umore perchè mi sono allenata troppo o perchè ho fatto troppi sprint. Ora se sono di cattivo umore è solo perchè mi sto comportando da stronza!»

Pur non avendo pronunciato nessuna parola definitiva sulla fine della sua carriera, espressione che anzi rigetta con finta offesa, per il momento sembra che proprio la normalità sia la sfida che la coinvolge maggiormente. 

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Foto: Red Bull

Rachel Atherton una di noi

Attraverso i suoi social Rachel Atherton ha recentemente comunicato di avere rinunciato ad un impegno con Red Bull TV che l’avrebbe tenuta lontana dalla figlia per molti giorni. 
Continua così a cercare quell’equilibrio precario che l’ha vista scendere in pista l’estate scorsa tra una poppata e l’altra

Un equilibrio che non solo le atlete di élite ma anche tante donne “comuni” cercano ogni giorno tra gli impegni, le passioni e i doveri. Non facile, spesso sfiancante, e dove non sembra esserci una ricetta giusta. 

Aiuta comunque vedere questa leggenda dello sport - a lungo quasi un’aliena per chi segue il mondo della Mtb - mostrarsi apertamente insicura e ammettere che un figlio è, sì, la cosa più bella del mondo, ma non può essere tutto. 

QUI trovate l'episodio con l'intervista completa di Just Ride.

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Sull'autore
Silvia Marcozzi

Vivo da sempre in equilibrio tra l’amore per lo studio e le parole - ho due lauree in lettere e un dottorato in lingue - e il bisogno di vivere e fare sport all’aperto. Mi sono occupata a lungo di libri e di eventi. Dieci anni fa sono salita su una bici da corsa e non sono più scesa, divertendomi ogni tanto a correre qualche granfondo. Da poco ho scoperto il vasto mondo dell’off-road, dal gravel alla Mtb passando per le e-Mtb, e ho definitivamente capito che la mia sarà sempre più una vita a pedali.

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