“Devi scrivere un articolo sul perché noi ragazze in Mtb andiamo più piano!
Qual è il motivo?
E’ perché siamo meno forti, perché abbiamo meno resistenza?
Ci attacchiamo troppo ai freni, ma perché?”.
Laura è un’amica con più di qualche anno di esperienza come biker.
Una che d’estate gira i bike park di mezza Europa da sola e che scende praticamente dappertutto.
E’ anche una che pedala, e che non si fa spaventare dalla fatica di portarsi in spalla la bici per ben più di qualche breve tratto.
Eppure l’ultima volta che l’ho incrociata sui sentieri mi ha apostrofata così, con aria un po’ frustrata, al termine di un giro evidentemente impegnativo.
“Io ci provo a spingere, mi sembra di andare bene, eppure i ragazzi vanno sempre più forte, mollano sempre più di me”.
L’ho salutata dicendole che ci avrei pensato ma è passato del tempo e quella domanda ha continuato a girarmi in testa.
Non è vero che le ragazze in Mtb sono più lente
Innanzitutto chiariamo una cosa: non è vero che le ragazze in Mtb vanno meno forte.
E’ pieno il mondo di ragazze che "farebbero il mazzo" al novanta per cento degli uomini sui trail.
L’ultima delle juniores di Coppa del Mondo DH va il doppio del migliore dei nostri amici maschi.
Per non parlare di gente come Rachel Atherton, Camille Balanche, Myriam Nicole e via dicendo.
Stessa cosa nell’enduro, per restare sulle discipline gravity.
Ovviamente i loro tempi e le loro prestazioni sono, in termini assoluti, inferiori a quelli degli atleti maschi di pari livello.
Questo riguarda l’anatomia e la fisiologia del corpo umano e le differenze oggettive che possono essere rilevate tra uomini e donne (cose come la tipologia di fibre muscolari prevalenti, la composizione corporea e quindi la forza, eccetera).
Ma non è di questo che intendo scrivere (soprattutto perché non avrei le competenze per farlo).
Quello che invece potrebbe essere vero è che le ragazze in Mtb in media sembrano tirare di più i freni, per dirla con Laura.
Certo, nemmeno questa è una verità assoluta.
Ho amici maschi che non si sognerebbero nemmeno di affrontare i percorsi su cui si cimentano le biker che conosco.
Diciamo però che, fatti i dovuti distinguo, a parità di livello tra chi va in bici per passione, le ragazze sono spesso meno veloci.
Boys just wanna have fun
In genere molte ragazze in Mtb sui sentieri sembrano più prudenti.
La prudenza è una cosa buona, per carità, ma se un maschio ha in mente innanzitutto il divertimento quando si lancia in una discesa, per le ragazze sembra essere diverso.
“Si sa, i maschi sono più spericolati” ha sempre detto mia mamma riferendosi a mio fratello che da bambino veniva portato al pronto soccorso per una ricucita ogni tre per due.
Io non ne sono così convinta.
Ho notato che spesso la prima domanda che si fa ad una ragazza che va in Mtb quando ne parla è: “Ma non hai paura?”.
La reazione è sempre di stupore, e per carità anche di ammirazione, come se non fosse “normale” per una ragazza fare sport rischiosi.
“Sei brava”.
Un po’ come quando si scopre che un ragazzo sa stirare, insomma.
Quando è un uomo a dire che fa enduro o DH la reazione è diversa, qualcosa tipo: “Grande! Che figata!”.
Ecco, io credo che magari tutto questo possa incidere un po’ sul modo in cui le ragazze vanno in bici.
Avere paura della paura
Penso ad esempio a quanto afferma Hannah Ross nel suo libro sul ciclismo femminile “Revolutions” a proposito di cicliste endurance di fama mondiale come la recentemente scomparsa Dervla Murphy o Jenny Tough.
“Alle donne che viaggiano sole oggi viene chiesto costantemente se hanno paura e viene detto loro che quello che fanno non è sicuro, sottintendendo che essendo più vulnerabili sarebbero quindi avventate, così sole e abbandonate. Gli uomini, invece, sono avventurosi”.
La ciclista Jenny Tough - riporta Ross - ha affermato che durante il suo viaggio nelle Ande boliviane, più le persone le dicevano che avrebbe dovuto avere paura, più sentiva che “il dubbio si insinuava dentro di lei”.
Chiedere alle ragazze se non hanno paura di qualcosa non le fa sentire più forti, al contrario.
Dare sempre tanto risalto alla paura significa darle spazio, alimentarla, farci credere che dovremmo averne.
Questo finisce con l’avere un duplice effetto sulle ragazze in Mtb.
Da un lato, saranno più timorose sui sentieri perché saranno concentrate sulla paura.
Dall’altro, finiranno con l’avere paura della paura stessa.
Un condizionamento che inizia da piccole
Qualche tempo fa al pumptrack vicino casa mi è capitato di assistere ad una scena che potrebbe sembrare inventata se non l’avessi vista con i miei occhi.
Premetto che si tratta di un posto meraviglioso felicemente frequentato da frotte di bambini e bambine di tutte le età, che hanno qui la possibilità di apprendere i rudimenti della bici e divertirsi un mondo.
In un angolo della funbox, dove i piccoli si esercitano con i primi ostacoli, appoggiata alla sua bici “da femmina”, rosa e infiocchettata, una bimba era in lacrime accanto alla madre.
Ho sentito che quest’ultima la stava rimproverando:
“Lo vedi che non è una cosa per te?
Sei voluta venire, ma la mamma te lo aveva detto che questa è una cosa da maschi.
Non vedi che hai paura?”.
Meriterebbe una riflessione a parte forse la domanda: una cosa del genere succede perchè siamo in Italia, dove la cultura sportiva risente innegabilmente di una disparità di genere, come in questo caso, imbarazzante?
Sia quel che sia, a me già pareva una cosa bellissima che la bambina avesse chiesto esplicitamente di essere portata al pumptrack.
Ma la madre, anziché sostenerla e incoraggiarla a superare la normale paura che la piccola poteva provare di fronte a qualcosa di completamente nuovo, usava questa stessa paura per farla desistere dal suo desiderio di imparare.
Come se le stesse dicendo: se hai paura, è la prova che questa cosa non fa per te.
Ecco, non vorrei che succedesse qualcosa di simile alle ragazze che vanno sui sentieri.
Che interpretassero le normali difficoltà di chi si cimenta in qualcosa di obiettivamente difficile e rischioso come il segno che qualcosa non va.
E andare sui sentieri con un dubbio di questo tipo non è esattamente la condizione migliore per mollare i freni e darci dentro.
Si fa presto a dire a una ragazza che deve pensare a divertirsi.
A volte la frustrazione sta proprio nel non riuscire a lasciarsi alle spalle tutto quello che “da ragazze” ci sentiamo dire.
Qui potete leggere altri articoli sulle ragazze in Mtb.
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Sull'autore
Silvia Marcozzi
Vivo da sempre in equilibrio tra l’amore per lo studio e le parole - ho due lauree in lettere e un dottorato in lingue - e il bisogno di vivere e fare sport all’aperto. Mi sono occupata a lungo di libri e di eventi. Dieci anni fa sono salita su una bici da corsa e non sono più scesa, divertendomi ogni tanto a correre qualche granfondo. Da poco ho scoperto il vasto mondo dell’off-road, dal gravel alla Mtb passando per le e-Mtb, e ho definitivamente capito che la mia sarà sempre più una vita a pedali.
Che articolo
D E M E N Z I A L E
E perché mai?
Ciao Silvia, ho letto il tuo articolo e manca di una cosa.
Da guida MTB e accompagnatore enduro anche di ragazze, mi sono spesso chiesto la stessa cosa fino a ricercare online ipotesi sulla differenza tra uomini e donne in merito alla paura, ove queste ultime la manifestano in modo più evidente.
La ricerca che mi ha convinto e illuminato di più si riferisce a qualcosa di antico: in breve dai tempi che furono, anche tra gli animali salvo eccezioni, la donna accudiva la prole e l'uomo andava a caccia e, secondo la ricerca, pare sia un aspetto evolutivo e genetico appunto.
La seconda ricerca riguarda la vista: la donna ha una vista più ampia, per tenere perfettamente d'occhio tutti i dintorni (vedi come una donna potrebbe notare immediatamente un paio di scarpe mentre ti parla a 20 cm di distanza) mentre l'uomo ha un tipo di vista più conica, e riesce quindi a concentrarsi su un punto fisso. Ho osservato questo anche quando indicavo un animale selvatico che io vedevo e pur indicandolo, le ragazze con me stentavano a distinguerlo nella natura. Anche ciò è da riferirsi alla caccia di quando eravamo primitivi, la vista che intercetta nell'immediato un oggetto anche lontano.
Altra ipotesi che mi è sorte in mente è di carattere sociale, per cui la donna ha conquistato pari diritti con l'uomo solamente nel 1975, quindi ad un inculcato sistema ancora un pochino patriarcale, meno nei paesi nordici
Ciao Tiziano, grazie delle osservazioni molto interessanti. Come detto nell'articolo non sono scesa negli aspetti fisiologici della questione ma senz'altro questi elementi che segnali ricadono anche sul lato antropologico e culturale della questione, quindi vanno presi in considerazione soprattutto per quanto riguarda la paura come dici tu, che fa molta della differenza nell'approccio al sentiero tra uomo e donna. Un saluto e grazie di nuovo per il contributo!