Se dici Mammoth Mountain a chi ha conosciuto la mountain bike nei primi anni Novanta la risposta può essere solo una: Kamikaze.
Da Mammoth Mountain, ovvero a quota 3368, partiva una delle gare di Dh più folli dei primi anni della Mtb e, in generale, della storia delle ruote grasse.
Un lungo percorso su una strada larga e in pendenza. Velocità pazzesche, anche per l'epoca dei manubri stretti, dei freni cantilever (e nemmeno V-brake...) e delle sospensioni a "corsa ridicola".
La Kamikaze era l'evento per il quale ci si preparava con bici ogni anno diverse, sperimentando e rischiando anche molto, perché le velocità erano alte e le conoscenze tecniche erano quelle che erano. Eravamo ancora ai primordi.
Mammoth Mountain ha scritto capitoli significativi della storia della Mtb. Date un'occhiata a questi video prima di immergervi nel racconto di Giovanna Bonazzi, campionessa del mondo di Dh nel 1991 e nel 1993, che è tornata lì per la Legend of Kamikaze. Ovvero è tornata su quel percorso dopo circa 20 anni e con una vera bici da Dh e con quasi tutti i nomi della storia della Mtb. Quante cose sono cambiate…
Fatto questo preambolo storico, lasciamo la parola a chi è stata invitata a tornare a Mammoth Mountain in sella a una bici.
Simone Lanciotti
LEGEND OF KAMIKAZE
Mammoth mountain è una importante località sciistica della California, ma a renderla famosa a tutti gli appassionati della mountain bike è stata una gara di discesa che si è cominciata a disputare dalla metà degli Anni 80 fino alla fine degli Anni 90. Il nome è tutto un programma: KAMIKAZE. Dal 1987 al 1989 si sono disputati qui i primi campionati del mondo non ufficiali sia di cross country che di discesa. Il primo campionato del mondo Uci, infatti, si è disputato a Durango, in Colorado, nel 1990.
Questa gara era una leggenda per tutti i discesisti.
La discesa, che negli anni, a parte qualche piccola modifica, è rimasta sempre uguale, non è nient’altro che la strada sterrata di servizio per raggiungere l’impianto di risalita che porta alla sommità della montagna a 11053 piedi, ossia a 3368 metri. Non male per cominciare ad andare in debito di ossigeno prima della partenza...
Essendo una montagna di origine vulcanica il terreno è piuttosto ghiaioso e per essere precisi ci sono dei sassolini di pietra pomice che ti danno la sensazione di galleggiare. A forza di far prove si pulisce una scia larga meno di un metro che risulta piuttosto compatta, ma uscire da questa scia diventa veramente pericoloso ad alte velocità perché non si controlla più la bici…
E' un po come finire in quelle corsie di emergenza di ghiaia che fanno fermare i camion in discesa.
La Mammoth Kamikaze è una gara veramente particolare, con poche pedalate si possono facilmente raggiungere gli 80 km/h e per questo motivo e cioè per poter pedalare senza andare fuori giri alle alte velocità si usava mettere una corona anteriore enorme: una 56 all’inizio fino ad arrivare a 66 denti. C’e chi si era fatto fare delle corone apposta da mettere sulla guarnitura da mountain bike, chi invece come me montava una guarnitura Campagnolo da strada per poter avere delle corone con tanti denti standard. Con il passare degli anni sono nate però due filosofie: una di usare un padellone gigante per poter pedalare ad altissime velocità appunto, ed un'altra di utilizzare al massimo il 48 per poter dare meglio qualche accelerata e poi mettersi in una posizione aerodinamica sostenendo che a 80/100 all’ora su sterrato è meglio non pedalare per non perdere velocità. E’ questo il dubbio che ti attanaglia in tutta la gara: se pedalare a tutta e rischiare di finire la benzina proprio nel leggero falsopiano prossimo all’arrivo o dare accelerate e mettersi nella posizione più aereodinamica possibile. Con in testa il tarlo: «Pedala, no risparmiati!».
In ogni caso arrivi in fondo con la lingua di fuori dopo 5 minuti a tutta a 3000 metri!
Insomma dopo 6 edizioni di questa gara tra il 1992 e il 1997 con un secondo posto nel 1992 con una bella maglia bianca a strisce in compagnia dell’indimenticabile Princy (vedi Baby Cup Princy) meccanico cuoco e per non ultimo ottimo discesista; un terzo posto e la vittoria nel 1995 alla Reebook Eliminator (sicuramente la gara più sponsorizzata dell’epoca) il ricordo di questa gara era di un percorso tutto sommato tecnicamente facile, dove i freni si toccavano 4-5 volte e dove bisognava sempre pedalare e si arrivava con la lingua di fuori. La velocità? Sì altina, ma neppure fuori ragione, certo che se si andava fuori scia si rischiava di finire giù da una bella scarpata pietrosa. Sicuramente la gara più tattica della mia carriera dove se non pedalavi tutto il tempo ti davi dello stupido per esserti risparmiato, ma che se cominciavi a tutta non ne avevi più per finire...
Ritorno a Mammoth Mountain
Siamo al 2013 e ora in bici ci vado pochissimo perché il tempo libero fra lavoro e famiglia non me le permette. Però attraverso il mitico facebook mi arriva un invito: partecipare alla Legend of the Kamikaze a Mammoth Mountain dove saranno presenti tanti corridori degli Anni 90.
La tentazione c'è. Che faccio? Abbandono famiglia e lavoro per una settimana, mi sobbarco il viaggio e le spese e aggiungi pure il fatto di essere senza allenamento e senza bici? La decisione è stata soffertissima!
Ma alla fine eccomi in California. La preparazione è stata puntigliosa. Un totale di 200 km su strada con uscite di 45 minuti l’una ovvero una media di 6-7 uscite al mese con, nel finale, ben 2 allenamenti di discesa per un totale di 9 giri dopo 14 anni dalla mia ultima gara e 6 anni che non toccavo una full da downhill.
Sono partita con un mini bagaglio a mano con guanti lunghi più pantaloncini e maglietta e gli occhiali con scarpe da Mtb addosso; tutto il resto spettava alla mia amica Penny Davidson (3ª ai mondiali di Durango) che non vedevo da 15 anni procurami protezioni, casco e bici. Ma siamo in America, non ci vuole molto...
In viaggio verso la gara
La mattina dopo con la famiglia di Penny al completo ci mettiamo in viaggio verso Mammoth finalmente possiamo comunicare! L’ultima volta che ci eravamo viste il mio inglese era più a segni che a parole e lei era l’unica americana che parlava un po' di spagnolo e qualche parola di italiano, così capitava spesso che mi facesse da traduttrice, ora il mio inglese è decisamente migliore e così cominciamo a ricordarci dei tempi passati. E’ incredibile come ci si ricordi, a distanza di tanto tempo, ancora ogni piccolo dettaglio di ogni gara… Anche lei è emozionatissima, è da un sacco di anni che non si vede più con gli altri racer. In macchina chiamiamo Mercedes Gonzales che è insieme ad altre "ragazze" sulla cabinovia che porta in cima a Mammoth… anche loro non vedo da 14 anni.
«Ma state già provando il percorso? Ma come non era solo una rimpatriata? Allora vogliono fare sul serio: mi raccomando provate poco… Noi non facciamo in tempo a girare oggi!».
Nel tardo pomeriggio arriviamo a Mammoth, mi sembra ancora tutto un sogno. Io e Penny scendiamo dalla macchina entusiaste e incontriamo Bill Cockroft il nostro eroe. E' lui che ha avuto l’idea della Legend of Kamikaze ed è lui che organizza eventi di mountain bike sin dal 1985! Ogni corridore che è passato per Mammoth lo conosce perché lo trovavi sempre dappertutto a tutte le ore: iscrizioni, partenza, arrivo. E poi teneva i rider meeting mandatory: ossia delle riunioni obbligatorie prima delle gare per spiegare regole e problemi, dove regolarmente non capivo neppure una parola.
Poi ecco Joe Lawwil, un forte discesista che aveva portato delle forte innovazioni sulla bici da discesa. Non ci credo ci sono anche Dave Cullinan e Brian Lopes (guardatelo come scende nel video seguente)! Nonostante ci avessero mandato un elenco dei partecipanti fino all’ultimo non sai chi viene e chi no. Alle iscrizioni ci danno uno zainetto con numero e una maglia con il nostro nome scritto dietro: forte!
La mattina seguente ci dedichiamo agli "allenamenti"! Sul bus che ci porta da Mammoth Lake a Mammoth Mountain mi ritrovo con: Mercedes Gonzales, Dave Cullinan, Greg Herbold, Leigh Donovan, Penny Davidson: un bel carico di medaglie mondiali! Ma eccomi finalmente ancora una volta a 3368 metri alla partenza della Kamikaze.
Qui su c'è un cielo limpido
Il cielo è terso e azzurro intenso, come sempre e l’aria è pura e il vento sempre presente. Primo giro di prova con una bici all round prestata dal cugino di Penny (come del resto protezioni, ginocchiere e casco). Metto gli occhiali (maschera) ma non li infilo bene dentro il casco e rimangono un po sollevati così per tutto il percorso cominciano a vibrare. Ma non si dovevano toccare i freni solo 4 volte? I miei li ho tenuti praticamente sempre in mano.
E non si doveva solo pedalare? Ho pedalato solo all’uscita dei 2 tornanti!
Secondo giro di prova: questa volta gli occhiali li appoggio bene sul viso e ci vedo molto meglio. I freni li ho toccati un po’ meno, ma la velocità mi sembra davvero esagerata. Ma come cambiano le sensazioni e come sono diverse dai ricordi!
Il mio ricordo della kamikaze era la lingua di fuori all’arrivo e le gambe che facevano male per quanto si pedalava! La mia parola d’ordine comunque deve restarmi impressa: tornare a casa senza farmi del male!
Dopo il secondo giro facciamo un pezzo inedito.
Bip, bip, bip, biiip: partita!
Il percorso arriva fino a Mammoth Lake, ma a metà buco, così pian piano arrivo in fondo.
Che bello! Da quanto non avevo queste sensazioni di velocità. Lo spirito agonistico c'è, è sempre a mille, ma la forma è così scarsa che la ragione riesce a tenere a bada la voglia di mollare a tutta. Ai paddock dell’arrivo Leigh Donovan mi procura una vera bici da discesa, una Intense M9, sembra di stare su un divano, ma non c’è possibilità di provarla, dovrò partire direttamente con questa. La mia preoccupazione è diretta ai freni che rispetto ai "vecchi" sono sensibilissimi e quindi ho paura di mettere la stessa forza e di inchiodare. A 80 all’ora non è molto indicato…
Ancora una volta tutti in cima a Mammoth Mountain per aspettare il proprio turno di partenza: il clima è decisamente più disteso rispetto a quando si faceva sul serio, ma qualcuno comunque va avanti e indietro e si scalda. A pochi minuti dalla partenza Mercedes si accorge di avere la gomma bucata. In men che non si dica tutti si adoperano per aiutarla a riparare.
Bip, bip, bip, biiiiip! Si parte.
Finalmente la bici da Dh...
Terzo giro gara: questa volta con una bici da downhill, con una partenza ufficiale e il numero sulla bici (47 come i miei anni) ero molto combattuta fra «Dai molla!», «Forza, pedala!» e «Vai tranquilla che devi tornare a lavorare e pensa alla famiglia».
Arriva il via, le sensazioni provate nei primi 2 giri sono diversissime con questo "divano": dove prima facevo fatica a tenere la bici, ora passo con estrema facilità. Rispetto ai primi 2 giri la pista si è pulita moltissimo perché nel frattempo c’è stata la gara delle altre categorie e quindi mi sembra quasi di andare troppo piano e pedalo! Mi partiva dietro Leigh Donovan che in questi anni sicuramente è andata in bici un po’ più di me ed un paio di volte mi sono girata perché pensavo che mi raggiungesse. E invece no! Con grande sorpresa ho staccato il 2° tempo all’arrivo.
I sorrisi in fondo sono quelli veri, ma sotto sotto c’è sempre quello spiritello agonistico che ti fa guardare la classifica. Facciamo il trasferimento con la cabinovia tutte insieme scambiandoci battute: questo è puro divertimento! Beep Beep Beeeep. Via! «Vai Giò, ma prudente! Lascia ma non esagerare».
Incredibile: secondo posto!
La somma dei tempi mi fa restare ancora al secondo posto, ma devo dire che poco importa rispetto all’emozione di sfrecciare ancora sui pendii di Mammoth Mountain insieme a tutti gli amici con cui abbiamo condiviso gli anni pionieristici della mountain bike! Non pensavo neppure che ci fossero delle premiazioni perché il premio più grande era di essere li. Ma ora è arrivato il momento più doloroso di tutti, salutare non sapendo quando e se mai ci rivedremo ancora..
Un sentito ringraziamento a Bill Cockroft che ha pensato di radunarci ancora una volta, e a Penny che mi ha ospitato e permesso questa avventura; ma anche a mio marito Roberto e a Eddy che mi hanno "lasciato" partire. Un pensiero Particolare a Princy che è venuto con me la prima volta a Mammoth nel ’92 e che è "stato con me" anche questa volta!
Comunque la medaglia di Mammoth l’ho messa in bacheca al mio arrivo in Italia!
Per informazioni kamikazebikegames.com