Ma si può?
Dico, si può organizzare un’uscita epica così?
Del tipo, hai più o meno un’idea di dove andare e poi sul più bello decidi di cambiare rotta e di complicarti la vita.
Lo scenario è questo: sono a 1800 metri di quota, non c’è ombra nei paraggi, ho appena riempito la borraccia alla Fonte del Pozzottello, vicino Campo Catino (FR), e mentre mi rimetto in cammino sulla rotta prestabilita decido insieme al mio compagno di avventura Luigi di cambiare i piani e di restare sulla cresta delle montagne più alte del Lazio.
A quel punto l’unico conteggio che io e lui facciamo è:
- quanta batteria ci resta?
- quanto cibo e acqua abbiamo?
- quanto siamo stanchi?
Bene, a dire il vero ci siamo perlopiù accertati della carica residua della batteria (intorno al 55-60% per entrambi), perché, sopraffatti dal desidero di restare in questo scenario magnifico, per il resto eravamo più o meno a posto.
Più o meno.
Inoltre sui sentieri in quota c’erano tante persone a piedi e in tasca avevo il mio Garmin Inreach Messenger attivo.
Dettagli poco significativi, magari, ma che a livello psicologico aiutano non poco.
Uno sguardo sulla mappa Komoot (che avevo scaricato sul mio smartphone) e su quella del Garmin e capiamo dove scendere.
Dobbiamo valicare il Monte Crepacuore e il Femmina Morta e poi girare a sinistra.
Luigi mi dice di esserci già stato e che la discesa è fattibile.
Secondo lui.
Bene, allora…
«Andiamo, andiamo!»
Quel sacro timore reverenziale
Non so se succede anche a voi, ma la montagna vera incute timore.
Il sentiero, pur essendo solcato dagli escursionisti a piedi, è comunque più difficile, con rocce taglienti e affilate come non capita di vedere altrove.
Qui sembra tutto più difficile e spesso la coda dell’occhio percepisce che a sinistra oppure a destra il sentiero è esposto.
Vedo lo sfondo, laggiù, muoversi lentamente, mentre sotto di me la ruota anteriore cerca il grip con ogni millimetro quadrato di tassello.
Schivando rocce e sassi.
Evitando impatti disastrosi per gomme, pedali, cambio e chissà cos’altro.
Ecco, quando sono qui inizio a pensare che potrebbe capitare di tutto.
Che sono tremendamente fragile ed esposto.
Ed è sicuramente così, ma in realtà lo è tutte le volte che salgo su una Mtb o su una e-Mtb, salvo che qui in quota un guaio meccanico diventa una seccatura di proporzioni giganti.
Non voglio pensarci, libero la mente e cerco di godermi quello che sto facendo.
Un esercizio di “qui e ora” magnifico che anche mentre scrivo, a distanza di 24 ore, mi dà ancora grande gioia e soddisfazione.
Già, soddisfazione…
Ma dov’è la soddisfazione con una e-Mtb?
Vi posso rispondere con la foto qui in basso: essere quassù con una bici elettrica è comunque una piccola impresa.
Certo, ci puoi arrivare anche con una Mtb, ma spingendo la bici per molti più km.
Ieri ho provato a pedalare ogni volta che potevo, ma il fondo ha reso le cose più difficili del previsto.
E ho dovuto spingere la bici, quella bici che fino a qualche km prima mi aveva reso la salita molto più facile.
Non lo nego.
Ma è qui il punto: con la e-Mtb diventi uno spettatore.
Mentre con la Mtb tendi a considerarti piuttosto un protagonista.
Ammesso che a qualcuno importi, questa è la mia visione.
Io sono qui in cima per ammirare quello che ho intorno e sotto di me e non presto più caso al fatto che ci sia o meno un motore elettrico.
Semmai mi interessa la carica della batteria, ma vi confesso che, seppure dovesse esaurirsi (ed è successo tante volte…), io rimango pur sempre un ciclista.
In questo momento, quassù, mi interessa solo essere qui.
Qui e Ora.
Hic et Nunc.
Ora, in estate, è facile e la montagna, seppur ripida, sassosa e aspra, è comunque la più docile di sempre.
Provo gratitudine verso di lei e verso tutto ciò che ho intorno.
Individuo piccoli paesi adagiati e disegnati dai colli circostanti e mi immagino la vita lì, al cospetto della montagna dalla quale li osservo.
Come si vive laggiù?
E quante persone ancora vivono lì?
Quello che io e Luigi oggi stiamo facendo è un’attività tutto sommato dell’uomo moderno e solo un secolo fa erano molte meno le persone che si avventuravano sulle vette.
Ce n’erano, certo, ma non era un’attività popolare come lo è oggi.
I pensieri della montagna.
Mi accorgo che il cervello e la mia attenzione si spostano di continuo fra un tempo e l’altro, fra un paese e l’altro, perché da qui diventa più facile.
Lei, la montagna, c’è sempre stata e mi viene da considerarla viva per la forza delle emozioni che sa suscitare in me.
E in migliaia di altre persone.
Ha visto l’umanità avvicendarsi, evolversi e ora sempre più distrarsi.
E ha visto uomini arrampicarsi su di lei per ritrovare l’attenzione verso ciò che conta di più.
Ognuno da qui è ridisceso a valle con il suo “di più” stretto in mano.
Come quel mazzolin di fiori, ma destinato a perdurare.
Destinato ad essere conservato fra le cose più belle della vita.
Questo è essere spettatore in Mtb.
E che ci sia o meno un motore a me non importa.
Il mio essere un mountain biker è troppo largo per qualunque etichetta o categoria.
Io qui smetto di essere protagonista e osservo.
In un attimo finiamo le nostre risorse di cibo, poche, ma comunque sufficienti.
Di acqua ne abbiamo.
Salutiamo chi ha condiviso con noi la sosta sulla cima del Crepacuore e iniziamo la discesa (difficile solo all'inizio) verso il Femmina Morta, Pratiglio Sant’Onofrio, Sella Sant’Onofrio, Colle Tari e infine Trevi nel Lazio.
Solo ora mentre scrivo mi rendo conto che si tratta di 13 km di sentieri in discesa.
Luigi va avanti, perché io sono più stanco di lui.
E pensare che oggi doveva essere un’uscita di un paio d’ore…
Rallento e riduco i rischi.
Scendo di bici.
La pendenza è estrema, il fondo ghiaioso e ci si mette pure il vento.
Niente da fare per ora: vado a piedi.
Luigi è avanti e prova a fare la discesa guidando.
Ci prova.
Ci riesce, per un po’, ma poi scende di sella.
So che più avanti, dentro al bosco, il terreno cambierà, il vento cesserà e sarà tutto più facile.
E così è.
Pendenza estrema, ma qui emerge il mio essere biker.
Vado giù a velocità controllata, ma mi sento molto più a mio agio.
Sono nel bosco e chissà se questo contribuisce a farmi sentire protetto.
Beh, se guardo giù direi di no…
Arriva il bivio tanto atteso e qui saluto la montagna più aspra e capace di guardarti dentro.
Smetto di essere spettatore e torno ad essere protagonista, azzardando le traiettorie e strillando come uno scemo appena le ruote si staccano da terra.
Arriviamo a Pratiglio Sant’Onofrio, dove lo scorso anno ero arrivato con la mia Evil.
La calura e l’afa aumentano.
Il Crepacuore (1997 m), il Femmina Morta (1720 m), il Pratiglio (1884 m) e il Viglio (2156 m) sono alle nostre spalle.
Il sentiero si è trasformato in una strada di casa e, sebbene ancora lontani, io e Luigi siamo più disinvolti e veloci.
A Colle Tari (1223 m) fa caldo, ma qui il sentiero diventa più flow, veloce ed entusiasmante, al punto che, secondo Strava, la discesa di ieri è stata la mia più veloce di sempre.
Il chiasso e l’afa
Al ponte sull’Aniene finisce la lunga discesa.
La frescura del fiume dura un battito e siamo già sulla strada asfaltata che ci riporterà alla macchina.
Si torna nella mischia, oppressi da un’inattesa afa di fine estate, nella moltitudine chiassosa e che nulla sa della favola che abbiamo vissuto fino a qualche istante fa.
Una moltitudine ignara e distratta, mi verrebbe da pensare.
Oppure, semplicemente, divertita e in compagnia.
"Non giudicare, Simone, non giudicare”.
La mia Trek Rail e la Specialized Turbo Levo di Luigi, oggi, hanno fatto un super lavoro.
Qualche numero per gli appassionati delle statistiche:
- - 45,83 Km
- - 5 ore e 54 minuti
- - 1677 metri di dislivello
- - carica residua batteria Specialized 700 Wh: 11% (Eco e Trail soprattutto)
- - carica residua batteria Bosch 750 Wh: 13% (sempre modalità Tour+)
- - stanchezza: tanta (soprattutto io)
- - soddisfazione: fuori scala
Questi i fatti.
La montagna è lì che aspetta, ma non sarà tanto il mezzo con cui la raggiungerai a fare la differenza, quanto il tuo stato di preparazione fisica e mentale.
Sì, devi essere allenato e capace, ma soprattutto devi lasciare che ti guardi dentro.
Per trovare (o ritrovare) il tuo centro.
Per poi discendere a valle con quelle tre-quattro cose che contano davvero nella tua vita.
Di seguito un altro racconto di uscita in e-Mtb in montagna (ma d'inverno):
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Sull'autore
Simone Lanciotti
Sono il direttore e fondatore di MtbCult (nonché di eBikeCult.it e BiciDaStrada.it) e sono giornalista da oltre 20 anni nel settore delle ruote grasse e del ciclismo in generale. La mountain bike è uno strumento per conoscere la natura e se stessi ed è una fonte inesauribile di ispirazione e gioia. E di conseguenza MtbCult (oltre a video test, e-Mtb, approfondimenti e tutorial) parla anche di questo rapporto privilegiato uomo-Natura-macchina. Senza dimenticare il canale YouTube, che è un riferimento soprattutto per i test e gli approfondimenti.