Lorenzo Barone: non chiamatelo "solo" cicloviaggiatore...

Silvia Marcozzi
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È il giorno del suo diciottesimo compleanno e Lorenzo Barone, sotto la pioggia, parte con la bici di sua madre che ha trovato in garage. La prima notte la trascorre in una vecchia galleria ferroviaria dove accende un fuoco per asciugare i vestiti inzuppati.

Dopo una settimana torna a casa, scambia lo zaino con un carrello e inizia il suo primo vero viaggio. Percorre 8.000 km raggiungendo il Portogallo e cambiando i rapporti a mano perché il deragliatore anteriore della bici non funziona.

Nel corso di queste prime avventure la sua spesa giornaliera è di 3 euro, sufficienti a comprare cibo (perlopiù riso, pasta, uova e verdure in scatola) e acqua dove serve. Con quello che guadagna improvvisando spettacoli di giocoleria con delle palline fatte con calzettoni riempiti di riso riesce a comprare una nuova bici.

Siamo nel 2015 e questi sono gli inizi di un percorso che porterà Lorenzo Barone a percorrere oltre 100.000 km in giro per il mondo in sella alla sua bici.
L'interesse per le sue imprese è cresciuto grazie ai social e al passaparola, ma molti appassionati di ciclismo ancora non lo conoscono. S,ì perché definire Lorenzo Barone solo un cicloviaggiatore o un ultracyclist non sarebbe corretto.

Dopo avere parlato un po’ con lui è quasi superfluo chiedergli cosa lo ha spinto a scegliere la bici all’inizio. Era semplicemente il mezzo più economico e a portata di mano per rispondere al desiderio di avventura che si portava dentro.
Nel suo ultimo viaggio ha attraversato il Nord Europa dalla Danimarca a Capo Nord utilizzando non solo la bici ma anche gli sci e un kayak.

Durante i suoi viaggi ha patito la fame, la sete, il freddo, le incertezze, i pericoli di paesi in cui un incontro con la polizia può essere quanto di peggio vi possa capitare. Nelle sue foto ha sempre il sorriso che fa capolino tra la barba lunga, ma i suoi viaggi non sono sempre semplici.

Se gli chiedete che cosa serve per affrontare certe imprese vi risponderà determinazione e il coraggio di fare il primo passo. Perché non sempre si è motivati ma si può essere sempre determinati. E perché spesso il più è partire.

Quando è in Italia, Lorenzo Barone abita a Bologna, città in cui si è trasferito insieme alla moglie dall'Umbria (dove risiedono i suoi genitori). Gli chiediamo se non soffra lo stare a casa.

- Dopo tanto tempo in viaggio no. Sarebbe diverso se dovessi stare qui senza prospettive, ma sto già programmando il prossimo viaggio, ho un obiettivo e il tempo che passo a casa sarà tutto dedicato alla preparazione.

- Che cosa ci puoi dire della tua prossima avventura?
- Che anche questa volta non sarà solo un viaggio in bici. E che se ne parlerà per l’anno prossimo dato che mi serve circa un anno per prepararmi. Sto lavorando al percorso, devo capire la fattibilità di alcuni tratti, e nel frattempo mi alleno. Poi c'è tutta la parte di preparazione dell'attrezzatura, permessi, documenti...

-  Parli di allenamento in bici?
- Non solo, ora sono tornato ad allenare tutto il corpo perché dopo tanto tempo passato solo in bici quando ho fatto le prime esperienze in kayak o trainando la slitta ho avuto problemi di infiammazioni a gomito e avambraccio. Ho capito che per quello che voglio fare non posso più permettermi di fare solo bici.

- Come ti stai allenando ora?
- Da solo, a casa o fuori. Non vado in palestra e non sono seguito da nessuno. Faccio trazioni, piegamenti, addominali, squat, salgo le scale, cose così. E poi corro a piedi, vado in kayak e arrampico.
Vengo dal parkour, quindi allenarmi in questo modo significa tornare a fare qualcosa che conosco. Ho lasciato quello sport perché ho capito che le articolazioni non avrebbero retto per molto.
All’inizio quando ho iniziato con i viaggi l’intenzione era di proseguire un po’ quella strada, spostandomi in bici per andare a fare tuffi. Poi però nel frattempo ho scoperto che viaggiare era già quello che volevo fare.

- Come gestisci invece la bici durante la preparazione?
- In bici ci vado sempre, ma non faccio allenamenti programmati. La uso per spostarmi, non avendo la macchina cammino e pedalo tanto. Anche alle serate dove sono invitato in giro per l’Italia cerco sempre di andare in bici. A meno che non debba andare da qualche parte con Aygul quando non vuole spettinarsi (scherza).

- Che bici usi per i tuoi viaggi?
- Dopo la prima bici presa in prestito da mia madre ho avuto una Surly e dal 2021 utilizzo una Machete realizzata da Roberto Bressan di Bressan Bike, nel veronese. Mi ha contattato lui dopo avere scoperto quello che facevo già nel 2017. C’è voluto parecchio tempo per trovare il momento giusto, ma poi sono andato da lui e oggi uso la sua bici.

- Che bici è?
- Una Mtb rigida in acciaio. Ho usato sempre bici in acciaio a parte la primissima che ho avuto che ha retto solo 455 km prima di cedere. Di certo quella non era una bici di qualità ma con l’acciaio in caso di rottura del telaio posso risaldarlo, mentre con l’alluminio non puoi farlo. Nella scelta delle bici e anche dei componenti devo ovviamente privilegiare la robustezza e l’affidabilità.
Non mi interessa la performance, ho provato diversi assetti e componenti, ma la differenza per me la fanno la durata e anche la facilità con cui posso intervenire in caso di problemi.
Ho portato a fine vita diversi cambi ma ho visto che il compromesso migliore per me restano modelli super collaudati, Shimano XT o SLX che fanno 12/15.000 km su terreni difficili ma anche 17/20.000 su asfalto normale.

- Usi accorgimenti particolari sulla bici quando viaggi?
- Non più di tanto. Uso sempre raggi rinforzati, i Sapim Strong, che sono rinforzati all’attacco del mozzo. In tanti anni ho rotto solo due raggi, e questo la dice lunga. In estate uso le appendici e tengo il manubrio tutto basso con gli spessori sopra. Col freddo invece tengo il manubrio tutto alto per ridurre la pressione sulle mani ed evitare problemi di circolazione.

In un’epoca in cui la narrazione sembra diventata più importante del contenuto, Lorenzo non ha condiviso nulla dei primi 60.000 km circa dei suoi viaggi. Anche oggi, nonostante un seguito nutrito, non è molto assiduo nel pubblicare.

Ha da poco pubblicato un libro per Sperling&Kupfer, “Dove finisce l’orizzonte”.

- Spero che piaccia a chi vorrà leggerlo e sono felice di avere avuto la possibilità di mettere qualcosa su carta. I social possono sparire da un momento all’alto, mentre un libro è qualcosa che resta nel tempo. Però è vero che non faccio tanta promozione... - confessa Lorenzo.

- Vorrei riprendere in mano il mio canale YouTube, forse creare un sito dove raccogliere i dettagli dei miei viaggi, ho varie idee. - aggiunge - Però non cambierò il mio approccio. Sto cercando di dare un senso più profondo alle mie avventure e penso che potrebbe essere quello di aiutare altre persone a fare il primo passo. Mi piace pensare che quello che faccio possa ispirare gli altri e fare la differenza per qualcuno tra partire o restare.

- A parte Montura non hai altri veri e propri sponsor. Dipende dal fatto che non vuoi sentirti vincolato o forse anche da questa presenza discontinua sui social?
- In realtà le aziende mi contattano, ma quello che vogliono sono le statistiche dei miei canali social, mi chiedono i dati delle mie visualizzazioni, dei miei follower. Vedo che non sono interessati alla mia persona e a quello che faccio, ma solo a sfruttare i miei canali, e questo a me non interessa.
Con Montura è stato diverso, mi hanno contattato a metà di un viaggio per dirmi di tenere tutte le mie ricevute delle spese perché da quel momento volevano coprirle loro. Dopo qualche mese dal rientro li ho incontrati e mi hanno seguito a lungo prima di mettere in piedi una collaborazione vera e propria, c’è un interesse a lungo termine che non trovo facilmente nelle aziende.

-Al momento riesci a mantenerti con quello che fai?
-Sì, con le serate, qualche collaborazione saltuaria, un po' il libro, mettendo insieme un po' tutto.

Non è difficile capire parlando con lui che Lorenzo ha bisogno di poco per vivere e per affrontare le sue avventure. Basta pensare che nonostante abbia girato il mondo ha avuto in pratica due sole bici, se si esclude quella "di fortuna" di sua madre. Nell'ultimo viaggio in Norvegia ha acquistato il suo kayak da un sito dell'usato. Come il suo modo di comunicare, anche questo aspetto non è cambiato con la fama.

- Cosa significa per te pianificare un nuovo viaggio?
- Mi piace dire che è un po’ la parte “artistica” di quello che faccio. Magari le destinazioni sono già state esplorate e le strade percorse, ma c’è sempre qualcosa di mio che posso aggiungere ad un viaggio. È un po’ un modo di esprimersi.

Viene da pensare che ce ne siano di meno rischiosi e faticosi. Ma parlando con Lorenzo Barone capiamo che il senso di certe imprese va cercato proprio in quel bisogno di avventura che abbiamo un po’ perso e senza il quale anche la più grande passione rischia a volte di perdere slancio.
E ci ricordiamo che una bici, prima ancora di essere un oggetto o un mezzo di trasporto, è un grande strumento di libertà.

Per seguire Lorenzo Barone nelle sue avventure lo trovate su Instagram e Facebook.
QUI invece il suo canale YouTube, dove trovate il racconto della sua vita e di alcuni dei suoi viaggi, mentre chi fosse curioso di leggere il suo libro lo trova in vendita QUI.

Qui trovate tutte le nostre interviste.

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Sull'autore
Silvia Marcozzi

Vivo da sempre in equilibrio tra l’amore per lo studio e le parole - ho due lauree in lettere e un dottorato in lingue - e il bisogno di vivere e fare sport all’aperto. Mi sono occupata a lungo di libri e di eventi. Dieci anni fa sono salita su una bici da corsa e non sono più scesa, divertendomi ogni tanto a correre qualche granfondo. Da poco ho scoperto il vasto mondo dell’off-road, dal gravel alla Mtb passando per le e-Mtb, e ho definitivamente capito che la mia sarà sempre più una vita a pedali.

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