Incidenti in Mtb e danni cerebrali: c’è un problema di sicurezza nella Dh?

Silvia Marcozzi
|

Circola sul web il video della tremenda caduta di Gee Atherton durante la preparazione della Red Bull Rampage. Atherton non è nuovo a incidenti gravissimi, e sembra che anche queste volta se la caverà.
Anche nella downhill tracciati sempre più veloci e tecnici, salti e drop mostruosi che aumentano la spettacolarità sono il prezzo da pagare per uno sport che sta cercando di raggiungere un pubblico più vasto (con risultati contrastanti per il momento). 
Che alcune discipline siano estremamente rischiose è cosa nota. Ma ad essere meno nota è la correlazione fra incidenti in Mtb e danni cerebrali.

In parallelo all'aumento della spettacolarità non sembra infatti esserci una maggiore attenzione alla sicurezza dei rider. Sembrano esserne una prova i danni cerebrali riportati da diversi atleti d’élite negli ultimi anni. 

incidenti in mtb e danni cerebrali
Anche il vincitore della Coppa del Mondo 2023 Loic (Super)Bruni è stato vittima nell'ultima prova di Mont Saint Anne di una bruttissimo quanto spettacolare caduta "head first", per fortuna senza conseguenze



La necessaria diffusione di una maggiore consapevolezza e l’educazione rispetto ai protocolli da seguire sembrano piuttosto demandati alla sfera privata dei singoli rider e alle loro squadre che si sono trovati a dover affrontare le complesse conseguenze di un trauma cranico. 

Negli ultimi anni sono stati diversi i casi di top rider che hanno verificato a loro spese il pericoloso connubio tra incidenti in Mtb e danni cerebrali.
In campo femminile la grande assente di quest’anno è la francese Myriam Nicole.
Dopo aver riportato già nel 2022 danni cerebrali a seguito di una caduta difficile da recuperare, Nicole ha subito un nuovo trauma a febbraio. Dalle ultime notizie condivise sul suo Instagram, l'ex campionessa del mondo ha ripreso da poco a risalire in sella alla sua Commençal Supreme DH V5 grazie ad una riabilitazione che durerà però ancora a lungo.

Insorgenza tardiva e sintomi imprevedibili

Caso simile il suo a quello già capitato a Tahnée Seagrave e raccontato nel secondo episodio della serie realizzata da Canyon sul team FMD Racing “How we roll”

Superato l’incidente e oggi tornata a gareggiare ai massimi livelli, la Seagrave non fa mistero del “buio” in cui i danni cerebrali riportati l’hanno scaraventata per lunghi mesi.
Fa effetto sentire il padre, il fratello Kaos (entrambi parte del team) e il compagno Kade Edwards raccontare di essersi ritrovati ad "accudire", letteralmente, una persona completamente diversa da quella che conoscevano. 

Tra i sintomi manifestati da chi ha riportato danni cerebrali ci sono infatti anche depressione, cambiamenti della personalità, instabilità dell’umore e così via.  
Una delle poche cose chiare che riguardano i danni cerebrali è infatti che ognuno di essi è diverso da tutti gli altri. Questo li rende difficili da trattare e rende complessa la sintomatologia associata. 

A seguito di un trauma incidenti i danni cerebrali possono manifestarsi con sintomi molto diversi anche dopo diversi giorni, se non addirittura dopo settimane. 
Oltre ai più evidenti a cui siamo abituati ad associare i colpi alla testa - nausea, vomito, dolori alla testa e al collo, vista annebbiata - possono essercene molti altri come abbiamo visto che a volte è difficile ricondurre alla loro origine.
Battiti cardiaci insolitamente alti, affaticamento, difficoltà a concentrarsi, disturbi del sonno e dell’umore, ipersensibilità agli stimoli esterni, depressione. 

La sfida di un cervello che non collabora

Per gli atleti di DH, abituati a vivere a ritmi altissimi, con dei livelli di prestazione e di reattività fuori dal comune, incappare in un problema di danni cerebrali può essere molto destabilizzante. All’improvviso, sono costretti a fermarsi.
Non solo il loro lavoro e la loro passione sono impossibili da praticare, ma qualunque normale attività quotidiana diventa fonte di estrema fatica e difficoltà.

incidenti in mtb e danni cerebrali
Tahnee Seagrave è tornata quest'anno ai massimi livelli dopo un lungo recupero dal suo infortunio


Una volta danneggiato, il cervello vuole prima di tutto riposare, e, se non ne ha la possibilità, il danno si consolida con disturbi che possono manifestarsi a lungo o addirittura diventare permanenti in una encefalopatia cronica
Un caso emblematico è quello di Lorraine Truong, fino al 2016 professionista di enduro e ingegnere R&D per BMC.
L’ennesimo colpo, che è stato un colpo di troppo, ha reso il cervello di Lorraine incapace di trovare le energie sufficienti ad una vita normale. Dal punto di vista fisiologico Lorraine non ha subito danni spinali che le impediscano di camminare, ma il suo cervello si stanca troppo nel compiere certe attività. 

truong
Lorraine Truong durante un momento della sua ultima stagione in Coppa del Mondo enduro nel 2015

Oggi Truong si dedica al WCMX, il freestyle su sedia a rotelle, per ritrovare alcuni degli stimoli della sua vita precedente. Sui suoi social, tuttavia, non nasconde la difficoltà di molti giorni in cui il sovraccarico di fatica le impedisce anche le attività quotidiane più semplici, con tutte le conseguenze del caso sulla sua salute mentale.

Un infortunio diverso da tutti gli altri

Quando si ha a che fare con un danno cerebrale bisogna comprendere che non si tratta di un normale infortunio, in cui lavorare sodo e restare motivati può aiutare il recupero. Questo è un ulteriore fattore che disorienta l’atleta abituato a stringere i denti e risalire in sella.

Quando il cervello dice stop è stop, non si tratta di tenere duro.

Al contrario, in questi casi i tempi di recupero che non vanno in alcun modo forzati. Si tratta di una sfida mentale tanto quanto fisica, in cui il rider è costretto ad agire all’opposto di quelle che sono le sue abitudini.
Tornare a correre prima che il danno sia riparato comporta un rischio ancora più alto. I danni cerebrali funzionano infatti “in accumulo”. Più traumi ripetuti, anche a distanza di tempo, o un secondo trauma a seguito di un primo incidente possono scatenare una reazione aggravante esponenziale. 
Si parla in questo caso di Sindrome da Secondo Impatto e di Encefalopatia Traumatica Cronica.

SI202207310097
Amaury Pierron alla prova di Coppa del Mondo di Snowshoe nel 2022

È stato fortunato, e ne è consapevole, Amaury Pierron, che racconta la sua stagione 2022 e la vittoria dell’overall di Coppa del Mondo nel recente docufilm “The pilot” realizzato per Commençal.
Alla Coppa del Mondo di Snowshoe nel 2022 Pierron decide di correre nonostante in quei giorni non riuscisse nemmeno a sopportare le luci e le voci a cena.

Dopo un inizio difficile durante le prove libere riesce incredibilmente a qualificarsi primo per la finale sotto la pioggia, con una bici super soft settata per sopportare i colpi e portare a casa la qualifica.
Il giorno seguente vince con una run che mette i brividi a vederla sapendo ad oggi in quali condizioni fosse Pierron. Tagliato il traguardo si getta a terra, incredulo.
È impossibile non chiedersi cosa sarebbe successo se fosse caduto di nuovo.
È stato giusto permettergli di correre?

Incidenti in Mtb e danni cerebrali: quali sono i protocolli UCI

Pierron è molto chiaro sull’argomento: non si può chiedere ad un rider di decidere per se stesso in certi casi. Nè lo si può chiedere alle squadre, con gli impegni e la pressione cui sono sottoposte da sponsor e dalla necessità di portare a casa risultati. 

Ecco perché dovrebbe intervenire l’UCI.
In che modo non è chiarissimo, ma squadre come la Commençal chiedono a gran voce di intervenire per regolamentare la questione. In particolare accollandosi la decisione di non far ripartire il rider che abbia subito una caduta a rischio.

Un aspetto estremamente subdolo dei danni cerebrali è che non è detto che si manifestino subito. Il che rende tutto estremamente complicato in uno sport in cui la competizione si risolve nel giro di pochi minuti. 

SI202310080010
I tempi velocissimi di una gara di DH rendono difficile la valutazione corretta delle condizioni di un atleta in caso di incidente / Nella foto Jackson Goldstone a Mont Saint Anne

Purtroppo i protocolli UCI introdotti nel 2017 e basati sul questionario standard SCAT5, che richiede almeno 10 minuti per essere applicato, non sembrano essere adeguati ad un format di gara come quello della downhill, dove i tempi sono stretti e i rischi sono altissimi. 

Verifiche stringenti sono stati introdotte in alcuni Stati sensibili alla diffusione della consapevolezza sul tema anche nell’ambito di sport decisamente meno pericolosi. Nella Bundesliga del calcio tedesco, ad esempio, i giocatori devono passare dei test per escludere la presenza di danni cerebrali a inizio stagione. 

kate
Kate Courtney è una delle atlete più attive nella diffusione della consapevolezza sui rischi da trauma cranico. Qui per fortuna nessun serio danno per lei...

Quali tecnologie per limitare i danni cerebrali? 

Altri accorgimenti sono possibili?
Alcuni studi suggeriscono l’utilizzo di accelerometri all’interno dei caschi degli atleti per raccogliere informazioni e per segnalare potenziali incidenti. 

A provocare i danni cerebrali infatti non è solo l’urto “visibile”, quello per cui si rompe il casco o comunque si picchia il capo. 

I danni cerebrali possono essere provocati anche dalla decelerazione improvvisa che porta il cervello a sbattere contro le pareti interne della scatola cranica. È ciò che spiega Kate Courtney nel video che ha realizzato qualche anno fa in collaborazione con l’università di Stanford, dove ha studiato biologia. 

La stessa Courtney è sensibile all’argomento perché ha subito tre volte un trauma cranico.
Nella prima occasione, non avendo riconosciuto il trauma, ha trascurato il recupero trascinandosi sintomi importanti per diversi mesi prima del recupero totale. 

Courtney, come Brendon Semenuk, lavora con Mips sullo sviluppo dei sistemi di sicurezza per i caschi da bici. 
Quanto ancora si può fare da questo punto di vista per proteggere gli atleti di discipline particolarmente a rischio nella Mtb?
Lo sviluppo dei prodotti negli ultimi anni è andato nella giusta direzione di aumentare la sicurezza o si è concentrato su altri aspetti a discapito di questa?

incidenti in mtb e danni cerebrali
Percorsi sempre più spettacolari espongono gli atleti a rischi maggiori

Informazione e prevenzione

Diffondere consapevolezza e informazione sui rischi dei danni cerebrali e sui comportamenti da adottare è fondamentale per chiunque. Saper riconoscere certe situazioni e certi sintomi è vitale per intervenire nel modo corretto. 

Una leggenda della Mtb come Anneke Berteen, per portare un esempio, combatte ormai da un paio d’anni con gli strascichi di un trauma cranico riportato a seguito di un incidente stradale. 

Non solo DH, dunque, ma tutti dovremmo essere informati e preparati sull’argomento, a partire da noi amatori che andiamo in bici sui sentieri.
Non sottovalutate mai un colpo alla testa o al collo, anche se non avete sintomi particolari. Se possibile interrompete l’attività in bici per quel giorno e riposate, e se avvertite sintomi e fastidi, anche a diversi giorni dall’incidente, rivolgetevi ad un medico per gli accertamenti del caso. 

Qui tutti i nostri articoli sul tema cadute in Mtb

Condividi con
Sull'autore
Silvia Marcozzi

Vivo da sempre in equilibrio tra l’amore per lo studio e le parole - ho due lauree in lettere e un dottorato in lingue - e il bisogno di vivere e fare sport all’aperto. Mi sono occupata a lungo di libri e di eventi. Dieci anni fa sono salita su una bici da corsa e non sono più scesa, divertendomi ogni tanto a correre qualche granfondo. Da poco ho scoperto il vasto mondo dell’off-road, dal gravel alla Mtb passando per le e-Mtb, e ho definitivamente capito che la mia sarà sempre più una vita a pedali.

Iscriviti alla nostra newsletter

... E rimani sempre aggiornato sulle ultime notizie!
Logo MTBCult Dark
Newsletter Background Image MTBCult
arrow-leftarrow-right