No, per quanto le immagini che ci sono arrivate dall’EWS di Lo Barnechea in Cile (qui i risultati della gara) siano spettacolari, emozionanti e a tratti drammatiche (sportivamente parlando), quello che è stato la prima gara dell’Enduro World Series 2018 lo si riesce a capire davvero solo vivendo la gara.
E non nei panni dei pro’, ma in quelli di uno di noi, magari bravino nella guida (altrimenti nemmeno ti passa per la mente di fare una cosa del genere, diciamocelo), di uno che durante la settimana lavora e non ha la Mtb come unico scopo nella vita.
Luca Colasanto è uno di noi, ha preso le ferie e da San Diego in California (dove vive) è andato a Lo Barnechea per vivere di persona tutto questo…
Ecco, queste sono le immagini spettacolari di cui vi parlavo.
Adesso passiamo la parola a Luca per calarci nei panni di un “terrestre”.
SL
Dopo aver lasciato sfuggire più volte l’occasione di partecipare ad una tappa dell’Enduro World Series, vuoi per pigrizia, vuoi per impegni personali, l’anno scorso ho finalmente deciso di registrarmi alla lotteria 2018 e finalmente provarci.
Tre sono state le tappe scelte: la nuovissima location cilena di Lo Barnechea, la Mecca del ciclismo mondiale Whistler (dove ho assistito da spettatore 2 anni fa con Mtbcult) e la tappa più prestigiosa di tutte, ovvero la nostra Finale Ligure.
Dopo settimane di trepidante attesa vengo selezionato per la tappa cilena di Lo Barnechea, stupenda comunità montana nei pressi della capitale Santiago.
E’ il primo appuntamento del 2018 e so che ci sarà grande attesa, l’emozione comincia a crescere rapidamente visto che finalmente ho in mano il mio ticket per l’olimpo dell’enduro mondiale!
Per motivi lavorativi ho solo il weekend a disposizione, si arriva giovedì e si ritorna lunedì, so già che il tempo è tirato viste le 10 ore di volo da San Diego, CA, ma la voglia di esserci è troppa e stringerò i denti per farcela lo stesso.
Arrivato, mi sbrigo a montare la bici e…
Il giovedì arrivo a Santiago alle 6:30 am.
Il giorno stesso iniziano le prove delle prime 3 Speciali del Day 1 e so che devo sbrigarmi per arrivare in hotel, montare la bici, iscrivermi e partire per le ricognizioni.
Non ho nessun contatto per shuttles (grave errore) e conto di trovare una soluzione in loco o eventualmente pedalare la maggior parte delle Speciali.
Dopo quasi 2 ore di macchina arrivo finalmente nella piccola località di Farellones, cuore pulsante di questa EWS.
La strada che mi porta in vetta mi fa già capire con cosa avrò a che fare per tutto il weekend: enormi montagne senza nemmeno un accenno di vegetazione e grandi costoni rocciosi, il paesaggio più vicino che abbia mai visto a quello lunare.
Sono le immense Ande!
L’iscrizione è facile e in 10 minuti ho già il numero da attaccare alla bici.
Chiedo info per le risalite e scopro che non c’è possibilità di pedalarle, cioè sarebbe possibile in teoria, ma le Speciali sono in 3 complessi sciistici diversi e le distanze sono impossibili da coprire interamente in bici in un solo giorno.
Rassegnato mi incammino verso la prima Speciale, con l’intento di provarne almeno una il primo giorno e poi prenotarmi le risalite per il secondo giorno di prove.
Salendo sulla tortuosa strada di montagna trovo un il grandissimo Juan di Specialized Chile che mi dà uno strappo con il pick-up “aziendale” e cominciamo da lì a provare le Speciali insieme.
In Ps1 ho la prima presa di contatto con il terreno cileno e devo dire che è subito choc.
La Speciale inizia con una serie di veloci curve in contropendenza, il grip è zero (non a caso il terreno è stato ribattezzato antigrip, ndr) e la bici sembra andare dove vuole, imbarcandosi come se ci fosse un metro di fango quando invece di acqua non c’e traccia.
Quando non si ha a che fare con del ripido al limite dell’aderenza si entra dentro drittoni infiniti da affrontare a tutta velocità (alcuni pro’ hanno raggiunto i 70 orari) con breaking bumps degne di Whistler a ferragosto, roba da reggersi forte al manubrio e sperare che tutto vada per il meglio.
Dopo la prima speciale andiamo a provare la terza; un divertente single track con tratti molto ripidi e scassati.
L’aderenza sembra migliorare leggermente per via delle numerose rocce fisse e anche del feeling acquisito sulla prima speciale.
Provo meglio solo un paio di punti dove ci sono piccoli doppi e gap e ci dirigiamo tutti verso la famigerata seconda Speciale, la più lunga della storia EWS con i suoi 11km.
Maledetto perno passante…
E’ qui che succede il “fattaccio”.
I ragazzi con i quali stavo provando le ps perdono inspiegabilmente il perno ruota anteriore della mia bicicletta.
Dopo svariati minuti di ricerche accetto l’idea di averlo perso definitivamente e mi faccio accompagnare in hotel senza provare la seconda speciale.
La mattina successiva guido di nuovo fino a Santiago (2 ore) per cercare il perno RockShox Maxle in qualche bike shop.
Al terzo tentativo trovo finalmente un perno aftermarket e ritorno verso Farellones, ormai in ritardo per provare la Speciale numero 4.
A quel punto me la prendo con calma e provo stage 5 e 6.
L’ultima speciale, in particolare, mi colpisce per lunghezza, intensità e varietà. Parte in alta montagne molto simile alla Ps1, con curvoni scivolosi e tratti ad alta velocità, nella parte centrale poi ha un paio di rock garden e verso la fine diventa pedalata e flow, prima di lasciarti al tratto finale che corrisponde a quello iniziale di Ps3.
Ma il bello deve ancora venire
Inutile dire che il sabato mattina, al mio risveglio, mi sento come se avessi già corso.
Tra viaggio e imprevisti vari molte energie sono andate via ma cerco comunque di concentrarmi sul lungo giorno di mountain bike che sta per iniziare.
Il trasferimento verso la prima speciale è un misto di macchina, pedalato e seggiovia per arrivare allo start nel classico paesaggio lunare che contraddistingue questa parte delle Ande.
Appena partito cerco di non fare errori e guido in controllo senza strafare, cercando di ricordare i passaggi dell’unica run di prova a disposizione effettuata due giorni prima.
La Ps si rivela un ottimo warm up e si conclude senza nessun errore o problema particolare, anche se ho la sensazione di poter spingere di più nelle Speciali successive.
Il trasferimento alla seconda Speciale parte con la seggiovia e poi ha un tratto pedalato dove i 3000 metri di altitudine si fanno sicuramente sentire.
Allo start dell Ps2 sento un po’ di tensione.
E’ la prova speciale più lunga della storia dell’Enduro World Series e come se non bastasse è una delle due speciali che correrò alla cieca.
La partenza è subito cattiva con ripidi e tratti veramente tanto scassati, ma sento di guidare bene e mi sembra di avere una buona velocità e buone linee.
Arrivo ad un bivio dove due marshalls sono ad indicare la strada ai riders, al mio arrivo urlo con tutto il fiato che ho in gola chiedendo indicazioni e loro si buttano fuori dal trail lasciandomi la parte destra libera.
Ed è così che imbocco il trail sbagliato.
Per fortuna mi accorgo dopo una trentina di secondi che il sentiero non è quello giusto, mi fermo e risalgo verso il bivio, sprecando ulteriori energie imprecando contro i suddetti addetti al controllo del bivio.
Da lì in poi la Speciale è tutta in salita.
Dopo lo sforzo fatto per riprendere il trail giusto mi sento spompato e impacciato nella guida, e siamo solo all’inizio!
La speciale non lascia tregua neanche per un secondo, c’è veramente di tutto, dal ripido al veloce, dal bikepark a switchbacks nello stretto.
La stanchezza prende il sopravvento e non riesco neanche più a frenare o cambiare marcia, se avessi saputo prima cosa era lì ad aspettarmi a fine speciale mi sarei fermato per una pausa stretching nel bel mezzo della speciale.
Gli ultimi 300 metri di Ps2 sono dei tornanti ripidissimi e scassatissimi che avrei dovuto provare con attenzione anche partendo fresco fisicamente.
Arrivo lì e trovo almeno 400 persone lungo il trail ad assistere… alla carneficina. Non ho assolutamente deluso le aspettative offrendo al nutrito pubblico due cadute degne di nota che potrebbero aver avuto conseguenze molto più gravi di quelle che per fortuna si sono concretizzate.
Il trasferimento su asfalto fino al controllo orario prima di Ps3 non è stato assolutamente facile.
Fisicamente e mentalmente molto provato pedalo a ritmo blandissimo verso la vetta.
Obiettivo: restare in sella. Vivo
Mi aspetta almeno un’ora di trasferimento che per fortuna riesco a concludere con una decina di minuti scarsi di anticipo, abbastanza per mangiare qualcosa e riposarmi 5 minuti seduto all’ombra del gazebo dell’organizzazione gara.
Il pick-up ci lascia allo start dell’ultima Ps di giornata, gambe e braccia sono stanchissime ma sento che come Speciale questa è un po’ più nel mio stile.
Parto molto bene e con un bel flow, ma inevitabilmente verso metà Ps la stanchezza prende ancora il sopravvento e non mi fa guidare come vorrei.
Nell’unico tratto pedalato del sentiero quasi mi fermo, le gambe sono veramente vuote a questo punto e penso solo a concludere la giornata senza farmi male.
Il sentiero è divertentissimo e alterna tratti scassati a piccoli doppi e gap stile bike park, è un vero peccato che non sia lucido a sufficienza per aggredire il trail come vorrei ma l’obiettivo primario è conservare energie preziose per il secondo giorno di gara.
Arrivo al traguardo senza particolari errori, certo qualche linea è stata presa un po’ a caso ma non sono caduto e questo è già qualcosa di cui essere soddisfatti.
Seconda giornata. Altra gloria
Passo la sera a sistemare la bike, i mitici ragazzi del Refugio El Monte mettono a disposizione idropulitrice, gazebo e bike stand per ogni tipo di intervento anche se, sorprendentemente, la mia Transition Sentinel sembra aver retto molto bene i maltrattamenti di giornata.
Al via del secondo giorno sento subito che la fatiche del giorno prima non passeranno inosservate.
Ho speso veramente tanto nel primo giorno di gara e decido di affrontare il secondo giorno senza pretese, cercando di guidare fluido senza prendere rischi.
La Ps4 è la seconda Speciale che vado ad affrontare alla cieca, dopo un rapido sguardo dalla seggiovia la parte iniziale sembra molto simile a quella di Ps2, con lunghi e veloci stradoni di montagne misti a sezioni ripide con rocce e sponde.
La speciale parte molto veloce con un sentiero che è parte del campionato nazionale di Dh, il trail si fa strada attraverso ripidi canyon rocciosi e a tratti presenta piccoli salti e grandi sponde da affrontare belli “allegri”.
Come al solito mi sento bene ad inizio speciale, nonostante la fatica sono sciolto e aggressivo il giusto.
Purtroppo dopo 7/8 minuti a quell’intensità il fisico mi molla ancora.
Stavolta sono preparato e provo a lasciar andare la bici frenando il minimo per non affaticare le braccia e le mani, penso che senza il mio set di Revgrips sarebbe stato veramente difficile mantenere il controllo del mezzo.
La tattica scelta sembra dare risultati e riesco a mantenere un ritmo decente, un paio di riders dietro di me mi prendono e per fortuna la manovre di sorpasso si concludono senza intoppi.
Arrivo alla fine della speciale stanco ma ancora con un discreto controllo del mezzo ed è un grande passo in avanti rispetto al giorno prima!
The thin air
Il trasferimento fino a Ps4 è un vero calvario, circa un’ora di pushing con qualche corto tratto pedalabile.
Penso sia una questione personale ma questo è stato uno dei trasferimenti più duri della mia vita, ho veramente faticato ad arrivare in cima e mi sono dovuto fermare spesso nonostante fossi a piedi.
Penso ormai di accumulare un ritardo allo start della speciale ma contro ogni previsione arrivo in cima ad una trentina di secondi dalla partenza, giusto il tempo di sistemare gli occhiali e si parte!
Ancora in stato confusionale cerco comunque di ricordare il più possibile il trail.
Essendo la Speciale più corta della gara mi risulta più semplice ricordare le linee della run di prova e cerco di non commettere errori stupidi pur mantenendo una buon velocità.
Questa volta il sentiero è molto più tradizionale, un single track con velocità medio/bassa senza i famigerati drittoni di montagna che hanno caratterizzato le speciali precedenti.
Ovviamente rimane il fattore antigrip a farla da padrone, ma ormai ci ho praticamente fatto l’abitudine.
Chiudo la speciale non in modalità zombie per la prima volta e a sorpresa esce un 153º posto assoluto, il migliore tra tutte le Speciali.
Il trasferimento verso l’ultima speciale di gara presenta il solito tris pedalato+truck+ seggiovia, solo che in questo caso c’e una bella 25ina di minuti di pushing come ciliegina sulla torta.
Arrivo in cima distrutto dopo quasi due ore totali di trasferimento.
Ormai non c’e più gel che tenga ma sento di essere arrivato quasi alla fine e devo solo stringere i denti.
Peccato che la Ps 6 sia la più lunga di giornata con quasi 15 minuti di percorrenza.
Stavolta il sentiero lo ricordo bene dalle prove e riesco a prevedere dove spingere di più e dove rallentare per recuperare, mi diverto tantissimo nella parte iniziale dove si riesce veramente ad aprire il gas. Il tratto pedalato stavolta è molto molto lungo e smosso, si cammina su ciuffi d’erba invece che su un sentiero vero e proprio, io prendo l’occasione al balzo per rallentare e recuperare.
Appena la velocità comincia a salire di nuovo provo ad interpretare i piccoli dossi cercando di pompare e doppiarne alcuni, solo che ormai la lucidità è un lontano ricordo e una piccola contropendenza mi tradisce facendomi perdere l’anteriore e facendomi assaggiare per l’ennesima volta la dura e tagliente terra cilena.
Mi rialzo velocemente e rimonto in sella, la bici è okay e riprendo il sentiero facendo sfilare un rider che mi riprende. L’ultimo tratto è in comune con la ps3 con ma devia quasi subito verso l’area paddock con una pedana che lancia verso la zona del traguardo.
Le EWS sono gare fuori dal comune. Fidatevi…
Inutile dire che per tutto il weekend ho aspettato quella rampa per finire la gara con stile, ma purtroppo la realtà non sempre rispecchia le aspettative e arrivo sulla rampa con neanche la forza per tenere il manubrio.
Giuro che se ci fosse stata una chicken line l’avrei presa, ma purtroppo non ho scelte e affronto il salto non molto fiducioso sul suo esito positivo.
In qualche modo atterro su due ruote e riesco ad ammortizzare l’impatto.
I momenti successivi sono un’esplosione di emozioni e il mio velocissimo amico Ben (che chiude nei 100 assoluti) arriva poco dopo di me.
Ci stringiamo in un abbraccio liberatorio e d’un tratto la fatica svanisce lasciando un posto ad un sorriso a 32 denti che rimarrà per diversi giorni.
Dopo l’arrivo vengo a sapere che i riders hanno birra gratis ed è da quel momento che non ricordo più molto bene cosa sia accaduto, so solo che durante il buco temporale Jared Graves mi ha regalato la sua maglietta del day 1, forse per levarmisi di torno una volta per tutte.
Nonostante la fortuna non sia stata proprio dalla mia parte e il tipo di riding non fosse assolutamente quello al quale sono abituato sono stato benissimo in Cile.
La gente è cordialissima e disposta ad aiutare, in più tutti hanno una vera passione per l’outdoor, in tutte le sue forme.
Ho capito che le EWS sono gare fuori dal normale, eventi estremi che richiedono una preparazione apposita e tanta tanta tecnica di guida in qualsiasi condizione.
Le conseguenze di ogni sbaglio si pagano care e il livello medio dei riders, escludendo ovviamente i vari professionisti, è molto alto.
L’adrenalina che regala una corsa del genere è difficile da descrivere, sapere di essere al top mondiale della disciplina dà sicuramente un carica in più.
Personalmente la prossima volta che preparerò la trasferta con più cura dei dettagli e farò una preparazione diversa da quella che uso per le gare locali nel sud della California.
Nel frattempo conservo ricordi indelebili dell’esperienza racing più dura e allo stesso tempo più emozionante della mia vita.
Viva il Cile!!!