Enrico Guala: il Superenduro diventerà un progetto di tutti

Simone Lanciotti
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Enrico Guala: il Superenduro diventerà un progetto di tutti

Simone Lanciotti
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Il Superenduro non ci sarà nel 2015. Uno stop che molti sospettavano e temevano e che solo oggi è stato ufficializzato.
Il comunicato ufficiale lo avete appena letto e spiega le motivazioni che hanno portato Enrico Guala e Franco Monchiero a questa decisione.
Le domande, però, restano tante, molte delle quali le abbiamo rivolte a Enrico Guala.

«Nel 2015 - dichiara Guala al telefono - il Superenduro si ferma con le gare organizzate come Superenduro, non ci sarà il circuito come lo conosciamo, organizzeremo la Ews a Finale e continueremo a fare la parte di comunicazione.
Il Superenduro non chiude, ma si ferma per capire dove sta andando l’enduro e lo vuole fare insieme a tutti gli attori coinvolti nell’ambito enduro. Fci compresa.
Inizieremo già da gennaio una serie di incontri con tutti gli attori coinvolti o con coloro che vorranno sedersi a un tavolo per ragionare insieme a noi, intesi come me e Franco e altri.
Non c’è stata una scissione al nostro interno come qualcuno ha preventivato o sperato.
In questi mesi di pensiero sono state tantissime le voci, ma anche le proposte e gli interessi da parte di altre realtà, persone e operatori per entrare nel Superenduro.
In molti hanno espresso la volontà di fare, però, visto lo standard che abbiamo raggiunto, vogliamo continuare con le cose fatte come le abbiamo sempre fatte.
Non vogliamo scendere a compromessi.
Nel 2014 abbiamo dovuto fare delle rinunce e cambiare dei piani e non è una cosa che vogliamo si ripeta.
Se ci sarà ancora il Superenduro lo decideremo insieme al movimento italiano mantenendo il livello che ha sempre avuto.
Anzi, io e Franco abbiamo un difetto che ci accomuna: siamo esigenti e alziamo l’asticella di continuo.
Non ci accontentiamo.
Non ci riusciamo.
Ed è per questo che abbiamo investito in sviluppo, ben oltre il dovuto.
Nell’ultimo periodo probabilmente non siamo stati bravi a spiegare i motivi delle nostre scelte.
Le gare che diventavano di due giorni, ad esempio.
Non abbiamo spiegato il concetto di Experience, che non sono sempre state allestite con lo standard del Superenduro.
Ma senza i soldi non si riesce a fare le cose, soprattutto a questo livello.

- E’ mancato il lato business?
- No, non è una visione corretta.
Il lato business non c’è mai stato.
Superenduro non ha mai fatto soldi.
E’ stato pensato per il settore e, tramite il lavoro di professionisti, è cresciuto tanto qualitativamente.
E poi c’è anche una stanchezza fisica e mentale da parte mia e di Franco.
E’ bello trovare tutto pronto ogni anno, ma per costruire questa macchina c’è uno sforzo umano non indifferente.
Soprattutto in termini di tempo.
E questo viene a mancare adesso.
La parte economica non è così forte.
Ma ci sono stanchezza e consapevolezza che per come sta maturando l’enduro in Italia (cioè tante gare piccole) non ci sono le condizioni per continuare.
Dove ci vogliamo collocare nell’ambito dei circuiti nazionali?
E’ stata una scelta consapevole e responsabile.

- Avete creato una macchina splendida e adesso la spegnete? Non credi che questo rappresenti un danno?
- E’ vero, ma non si può continuare a tirare la carovana all’infinito e, almeno per quest’anno, sarà un problema e ce ne dispiace.
Ci sono comunque molte gare e circuiti regionali, a patto che gli organizzatori riescano a sostenersi economicamente.
Ciò che ha portato a questa frammentazione è proprio la difficoltà nel rimanere sostenibili quando c’è tanta offerta (di gare) e poca domanda.
Il Superenduro ha spiegato all’Italia come creare le gare di enduro ed è bello che ci siano nuove realtà che partono.
Anzi.
Però, non si può nemmeno passare da 10 a 100 gare.

- La frammentazione, però, è anche congenita nel Dna dell’enduro perché queste gare non sono eventi di massa. Le iscrizioni sono limitate.
- Se diciamo che il bacino degli enduristi è composto da 1000 persone (numero a caso) posso immaginare 4 gare di enduro a settimana e non 20.
4 gare a settimana corrispondono a 250 partenti a gara.
E con prezzi sostenibili.
Dare assistenza e qualità qui costa più che in qualunque altra gara. Fettucciamento, marshall, cronometristi, giudici e tutto ciò costa.
E servono persone competenti.
Io sono per la crescita dei circuiti regionali che sono la base del movimento, ma calmierati a quella che è la quantità di partecipanti e di utenza.
Avrei auspicato una crescita un po’ più organica del movimento, ma adesso dobbiamo stare attenti che gli eventi siano di qualità.
Per anni abbiamo gestito il movimento enduro con le gare Sprint proprio per far crescere il movimento garantendo un’esperienza di qualità anche a chi veniva a fare le prime gare di enduro.

Enrico Guala e Fred Glo (a destra) sono gli organizzatori che per primi hanno creduto nell'Enduro World Series.

Enrico Guala e Fred Glo (a destra) sono gli organizzatori che per primi hanno creduto nell'Enduro World Series.

- Si riparte nel 2016, quindi?
- Non promettiamo di ripartire nel 2016.
Ci devono essere dei presupposti sui quali ragioneremo tutti insieme.
Spero ci sia apertura di visioni con gli interlocutori italiani.
Pensa che ci riconoscono più meriti all’estero che in Italia.
Alcune delle accuse che abbiamo ricevuto sono incomprensibili.
Forse perché non siamo riusciti a spiegare il perché di come facciamo le cose.
Non saprei.
Ma siamo ben disposti ad andare avanti anche perché il Superenduro non si ferma.
Serve di capire con tutti cosa fare in futuro.
Entro fine gennaio faremo una riunione e lo comunicheremo.
Non vogliamo metterci in cattedra per dire “le cose si fanno così”.
Anche se potremmo farlo.
Ma siamo disposti a metterci in discussione.
Anche con i media, per capire in futuro quale può essere il vostro ruolo.

- Non credi che gli appassionati potrebbero sentirsi traditi dallo stop nel 2015?
- Lo accetto, lo capisco, ma non vuole essere un tradimento.
Cercherò di spiegare le motivazioni.
130 partenti a Madesimo, 200 e rotti a Sauze: dove sono tutti questi appassionati?
Non è che stiamo parlando di poche persone?
Dove è questo tradimento?
Dove sono gli amatori che “non possono vivere senza il Superenduro”?
Forse abbiamo alzato troppo l’asticella portando le gare a due giorni.
Non hanno partecipato più di tanto quest’anno.
Ripeto: probabilmente non siamo riusciti a spiegare ciò che c’è dietro al Superenduro e il perché dei suoi costi.
In questo abbiamo sbagliato.

- Quale discussione vorresti intavolare a fine gennaio?
- Vorrei che ogni attore mettesse sul tavolo le proprie ragioni per cui serve un circuito nazionale di forza e che ci dicesse come secondo lui il circuito deve essere.
Servono delle gare dure per prepararsi alle Ews?
Serve un contentpool dal quale prelevare contenuti audio e video per i report?
Ogni attore deve parlare e dirci il proprio punto di vista.
Io ho delle idee e anche Franco ha le sue, ma adesso facciamo un passo indietro, forse su alcune cose non ci siamo capiti, adesso diteci voi di cosa avete bisogno.
E’ una scelta, questa, davvero poco strategica e soprattutto di cuore.
E’ delicata, può sembrare arrogante come cosa, ma non è così.
Ed è innegabile che abbiamo avuto un ruolo mondiale nell’enduro.
A volte con Franco ci siamo sentiti come molti italiani che devono migrare all’estero per essere compresi e apprezzati.
L’Italia non è tanto un Paese in crisi economica, quanto in crisi culturale.

- Quale ruolo deve avere la Fci? Cosa auspichi da parte loro?
- La Fci è stato il primo ente a riconoscere il titolo nazionale di campione di enduro.
Quello che auspico è che ci si possa incontrare e che la Fci sia una parte attiva, che capisca questo sport che è molto diverso dalle altre discipline della Mtb.
Serve di andare avanti con la Fci con gli organizzatori per fare qualità.
Abbiamo messo in bici della gente e creato nuovi tesserati.
I giovani sono una risorsa molto importante e per i giovani l’enduro è una disciplina perfetta perché contiene tutti gli elementi che servono a livello educativo e ludico. Hai tutto.
E’ una disciplina da giovani e non da ex discesisti.

Dopo aver parlato con Guala due cose sembrano essere certe.
La prima: l’enduro non si ferma perché è una disciplina nata e consolidata fra gli appassionati.
La seconda: l’enduro, come tutte le discipline, ha bisogno di riferimenti.
Il Superenduro, per tutto ciò che è stato fino a oggi, continuerà a esserlo, soprattutto per le gare che verranno.
Ma, nel frattempo, quale sarà lo scenario enduro italiano del 2015?
E’ questa la domanda a cui si deve cercare una risposta.

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Sull'autore
Simone Lanciotti

Sono il direttore e fondatore di MtbCult (nonché di eBikeCult.it e BiciDaStrada.it) e sono giornalista da oltre 20 anni nel settore delle ruote grasse e del ciclismo in generale. La mountain bike è uno strumento per conoscere la natura e se stessi ed è una fonte inesauribile di ispirazione e gioia. E di conseguenza MtbCult (oltre a video test, e-Mtb, approfondimenti e tutorial) parla anche di questo rapporto privilegiato uomo-Natura-macchina. Senza dimenticare il canale YouTube, che è un riferimento soprattutto per i test e gli approfondimenti.

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