Cedric Gracia è uno dei personaggi più amati e più seguiti del mondo delle ruote grasse.
Ha vissuto in prima persona i tanti cambiamenti che la Mtb ha visto negli ultimi 15 anni e nel primo appuntamento ci parla dei suoi gravi infortuni e di ciò che lo spinge ad andare in bici. Buona lettura…
GS
Anche se lo si conosce da tanti anni, Cedric è un tipo che continua a sorprendere. E’ molto diverso dagli altri rider che fuggono dai fan, schivano i giornalisti e non hanno capito che lo sport non significa solo arrivare primi al traguardo.
Anche se con uno stile distinto, si può dire che Gracia è lo Jose Hermida della discesa, uno che si avvicina a Steve Peat, un altro bravo a capire che lo sport è show business.
Cedric è accessibile e simpatico, specialmente con i suoi sostenitori.
A loro non dice mai di no, perchè sa che senza non potrebbe andare avanti.
Possiamo quasi dire che più che un professionista, è un professionista tifoso che ha saputo fare del suo hobby una professione.
Solo così capisci perchè ti dice che il risultato è la minor cosa, e che se i trionfi arrivano, bene, altrimenti non c’è problema.
Perchè l’importante è come si vive l’attività e come l’hai condivisa con gli amici. In questo aspetto ricorda molto la filosofía di Gary Fisher.
Due anni di paura
Il non dare peso alla vittoria non significa che Cedric abbia deciso di alzare il piede dall’acceleratore.
Anzi, è vero il contrario.
In discesa dà tutto, in ogni tratto, perchè non sa concepire la Mtb in altro modo. La massima velocità lo ha costretto negli ultimi due anni a passare lunghi periodi in ospedale con due lesioni che stavano per costargli la vita.
La prima in Val di Sole, in Coppa del mondo downhill, dove ha impattato con un tronco procurandosi una dolorosa rottura del bacino con emorragia interna tamponata molto tardi.
La cattiva sorte è tornata poi alla Megavalanche dell’Isola de La Reuniòn, quando una banale caduta ha fatto sì che il manubrio si conficcasse nell’arteria femorale, tranciandola quasi di netto. Cedric per cinquanta minuti ha tamponato quell’emorragia con le sue stesse mani, in attesa dell’elicottero. Una lesione che generalmente può costare la vita a una persona anche in sette minuti.
Se non vi impressionate alla vista del sangue, guardate questo video...
Era da tempo che volevamo parlare con lui. Così siamo andati ad Andorra con un’infinità di domande.
Cedric ci ha ricevuti come sempre con la porta di casa spalancata. Lui è l’uomo dalle mille facce, ma nessuna rende giustizia alla sua personalità e al suo enorme talento.
- Come sta Cedric Gracia?
- Ora che sono passati tanti mesi dall’incidente, si può dire che sto bene. Quando guardo il video e rivedo come sono andate le cose, penso che sono stato molto fortunato.
- Cosa ricordi di quel giorno?
- E’ stata dura, perchè l’arteria femorale si è disintegrata e mancavano solo otto o nove centimetri per non poterla più ricucire. I medici mi hanno fatto un bypass e hanno utilizzato la safena, una vena molto più fina e con minor flusso sanguigno. Se non avesse funzionato, sarebbe servito un tubo di plastica e in quel caso avrei smesso di fare sport.
- Ma ora è tutto sistemato.
- Sì, anche se a volte non sento la gamba internamente e si gonfia. Però è sempre stato così alla fine di ogni gara ? Utilizzo delle calze elastiche e quando devo fare un viaggio lungo in aereo devo iniettarmi una sostanza per rendere il sangue liquido, altrimenti potrei incorrere in una trombosi.
- Ti hanno operato all’Isola de La Reunion o in Europa?
- All’Isola, non c’erano alternative. Ora mi curo in Spagna, con lo stesso medico del torero Josè Tomas, che ha avuto una lesione simile alla mia. Entrambi abbiamo avuto molta fortuna.
- Prima di questo gravissimo infortunio, eri già incappato in un altro incidente in Val di Sole, dove ti eri rotto il bacino.
- Quello sì che ha fatto male, però fa parte del passato. Sapevo di dover lavorare e superare il dolore, però con la frattura del bacino non si muore. La riabilitazione è stata dura, di solito una frattura come quella che ho avuto io ti obbliga a camminare con la stampelle per tutta la vita.
- Anche in quel caso ci sono state complicazioni.
- Avevo un’emorragia interna e non se n’erano accorti. Mi sentivo sempre più male e dissi a mia moglie che era meglio se mi venivano a prendere con l’elisoccorso perché mi rendevo conto di star passando a miglior vita.
- Chi ha visto l’incidente ha detto che poteva essere catastrofico.
- Sono caduto su un enorme tronco tagliato. Ho sbattuto con la spalla, e quando stavo in aria sono riuscito a girarmi e cadere di fianco. Ho evitato così la sedia a rotelle.
- Dove hai preso tutta l'energia per tornare alle gare?
- Non lo so. Ho avuto più voglia di risalire in bici che di tornare alle competizioni e vincere. La vittoria non è il mio obiettivo. Quel che mi piace è andare in bici e per me esser tornato equivale ad aver vinto un mondiale.
- Eppure la motivazione di un corridore è la vittoria, no?
- A me fa piacere andare in bici con gli amici. Forse è questo il mio problema, vincere non mi interessa. Gli altri rider mi parlano delle loro precedenti vittorie. Non vivo di passato, nè di medaglie e titoli. Io tengo a memoria i momenti passati con gli amici nel fine settimana e cerco di farli succedere di nuovo.
- Cosa ti è passato per la testa quando hai visto tutto quel sangue?
- Prima di togliermi i pantaloni, sapevo che era successo qualcosa di grave. Non sono medico, ma sapevo il perchè stava uscendo tutte quel sangue. Non potevo chiamare nessuno al telefono perchè non potevo lasciare la ferita. Per fortuna che i miei amici erano lì vicino. Sono arrivato in ospedale con soli due litri di sangue, normalmente ne abbiamo in corpo sei o sette. Il medico non riusciva a capire come potevo essere arrivato vivo.
- Il video di quel momento è impressionante.
- E non avete visto quello di 56 minuti, che però abbiamo rimosso, era troppo cruento. C’è stato un momento in cui ho salutato mia moglie, mio padre, i miei amici. Sapevo che stava per finire tutto. Mi dicevano che mi sarei ripreso, ma ero così rilassato che ci voleva poco a lasciarsi andare. Non stavo soffrendo, ero come chi sta per addormentarsi sul divano davanti alla tv.
- Menomale che è arrivato l’elicottero...
- I minuti passavano e quando è venuto un pompiere ad aiutarmi gli ho detto di chiamare subito un elicottero e che non mi importava se costava 3, 4 o 5 mila euro. Poverino, era più spaventato di me.
- E’ stato il più grande spavento della tua vita?
- Sì, perchè in Val di Sole sapevo che non sarei morto. A La Reunion era questione di tempo. Non contavano la fama, i soldi, il nome. La vita dipendeva da quell’elicottero.
- Dopo quello che ti è successo, spingi ancora al limite?
- Sì, non m’importa. Sono stato due o tre volte vicino alla morte, ma la vita è così. Se muoio in bici, sono contento. Il giorno che avrò paura, farò un’altra cosa.
- Dopo tanti infortuni, non hai pensato di appendere la bici al chiodo?
- Mai. Se deciderò di lasciare, sarà per un altro motivo e non per gli infortuni. Di sicuro farò meno competizioni e mi dedicherò più a realizzare video. Che poi è ciò che la gente vuole vedere da me.
QUI LA SECONDA PARTE DELL'INTERVISTA
Ps: e ora facciamo un giro a casa di Cedric...