L’Alta Via Stage Race è terminata da poco più di 10 giorni: tutto il carrozzone dell’organizzazione è stato ormai smobilitato, il clamore si è affievolito, le classifiche sono state digerite, la fatica è stata recuperata, tutti sono tornati a casa, alle proprie occupazioni abituali.
È proprio adesso il momento ideale – quando la mente è lucida ma le emozioni sono ancora vive e calde - per rivolgere qualche domanda a Ricardo Serrato e Ugo Sirigu, i due biker che hanno corso e raccontato per noi questa affascinante gara a tappe.
Quella che ne è uscita fuori è una sorta di “intervista doppia”, un piacevole botta-e-risposta, da cui emergono, ancora una volta, piccole storie inedite, condite da grande umanità e sensibilità.
Oltre, ovviamente, a una profonda e invincibile passione sportiva.
Perché l’Alta Via Stage Race è «qualcosa di più di una semplice gara»…
- Quale è stato il momento più bello della gara?
- Ugo: Di sicuro il momento più bello è stato l'arrivo a Bolano (dove è partita la prima tappa, ndr), ritirare i numeri e prendere possesso della nostra tenda, quella che sarebbe diventata la nostra dimora per i restanti otto giorni.
Lì ci siamo resi conto che la nostra avventura stava per cominciare: l'inizio della prima tappa, la voglia di mettersi in gioco, e conoscere le altre persone che come noi affrontavano la stessa esperienza.
- Riccardo: Il momento più bello, un’emozione fortissima, è stato per me l’arrivo ad Airole, forse perché l’ho vissuto quasi come un riscatto, una rivincita.
Quattro anni avevo, infatti, partecipato alla prima, sperimentale edizione dell’Alta Via e poco prima dell’arrivo, in discesa, per evitare un ragazzino che stava facendo una foto, sono caduto procurandomi una ferita ad un gomito e una frattura al bacino.
Capisci quindi che mi era rimasto dentro l’immenso rammarico di una cosa non finita.
E ora invece sono riuscito a portarla a conclusione! É stata davvero una felicità profonda, che quasi non riesco ad esprimere!
- Quale è stato invece il momento più duro della gara?
-Ugo: Il momento più duro per me è stato nella tappa da Varazze a Bardineto: a circa tre quarti di gara ho avuto una crisi dovuta al freddo e all'acqua presa nella tappa precedente tra Praglia e il Turchino.
Nonostante il massaggio fatto la sera precedente, non sono riuscito a smaltire tutta la fatica accumulata, quindi ho cominciato a sentire che la pedalata non era più efficace, le gambe si rifiutavano di girare ma grazie all’incitamento di Riccardo e del meccanico Alessandro Gambino, che quel giorno aveva deciso di fare la tappa con noi, sono riuscito a tirar fuori tutta la grinta che avevo per finire la tappa, dando tutto senza mollare fino alla fine. Però è stata veramente dura!
- Riccardo: Ci sono stati tanti momenti di difficoltà, tanti dubbi, sulla bici che avevo scelto (una full mentre io avevo sempre usato una front), sulla condizione fisica, sull’età…io non sono più un ragazzino! Però fare la gara insieme ad un compagno ti aiuta perché nei momenti duri puoi trovare sostegno e conforto in lui.
Uno dei momenti peggiori in cui mi sono sentito quasi perso è stato durante la seconda tappa in mezzo alla nebbia, quando il gps ha smesso di funzionare e davvero per alcuni minuti interminabili non sapevo più dove ci trovavamo né dove dovevamo andare…
- Quale è stato l’inconveniente meccanico peggiore che hai avuto?
- Ugo: Fortunatamente io non ho avuto problemi meccanici anche perché prima di affrontare questa competizione la bici è stata controllata accuratamente dal nostro meccanico Luca Bondi di Riviera Outdoor. E comunque alla fine di ogni tappa la bici veniva lavata e controllata fin nei suoi minimi dettagli.
- Riccardo: L’unico inconveniente meccanico degno di nota per me è stato il taglio di un copertone ma fortunatamente eravamo in prossimità dell’arrivo di tappa e quindi sono riuscito ad arrivare senza troppi problemi. Anche io devo dire che i meccanici dell’organizzazione sono stati veramente all’altezza e hanno fornito un servizio elevatissimo a tutti i concorrenti.
- Quanta e quale preparazione ha richiesto una gara come l’Alta Via?
- Ugo: Diciamo che la mia preparazione non si discosta molto da quella che faccio normalmente, iniziando a correre da febbraio con gare xc e poi passando alle gran fondo. Quest’ano ho solo aumentato il kilometraggio e il dislivello ma è molto difficile lavorando riuscire a fare una preparazione per una gara simile. Purtroppo noi non siamo abituati a correre 8 giorni di fila e a fare tanto dislivello quindi la fatica dopo il quarto giorno ha cominciato a farsi sentire e abbiamo dovuto dosare molto le energie per non rimanere a secco proprio sul più bello.
- Riccardo: Anche io mi sono preparato facendo tante uscite lunghe, tante ore in bicicletta ogni volta, con tanto dislivello. É però evidente che, dovendo conciliare il lavoro con la preparazione, al massimo si può uscire in bici due giorni di seguito ma di certo pedalare tante ore al giorno per 8 giorni consecutivi è tutta altra cosa!
Soprattutto, sarebbe importante allenarsi molto di più a camminare con la bici in spalla: il cosiddetto portage è un elemento caratterizzante dell’Alta Via Stage Race e portare la bici su sentieri stretti e impervi, dove ci si deve arrampicare magari sulle radici o sulle rocce richiede un allenamento ad hoc. E anche l’alimentazione e l’integrazione dovrebbero essere maggiormente curati, più specifici.
- Che cosa ti ha insegnato questa esperienza, sia dal punto di vista sportivo che umano?
- Ugo: Che non bisogna arrendersi mai. Ci sono giorni buoni e giorni cattivi, ed è proprio in questi ultimi che bisogna tirar fuori tutta la grinta per non mollare, sia nella vita che nello sport. Quando va tutto bene viene tutto facile ma è nei momenti difficili che devi radunare tutte le tue forze per tirartene fuori.
- Riccardo: Sicuramente la voglia di mettersi in gioco, di dare il massimo, di non mollare fino alla fine. Nei giorni scorsi, a gara terminata, spesso ho ripensato ai momenti vissuti e rivedo nella mente facce, paesaggi, luoghi. L’Alta Via è molto più di una competizione sportiva, c’è tutta la Liguria sintetizzata dentro. Io mi sento ligure fin nel midollo e ho amato questa gara proprio perché ti dà la possibilità di conoscere questa terra completamente, da est a ovest, nei suoi aspetti diversissimi. Anche per questo consiglierei l’Alta Via Stage Race.
- Rifaresti l’Alta Via Stage Race?
- Ugo: Perché no… Quest'anno abbiamo fatto esperienza, commettendo errori tipo la gestione del gps e la sua lettura. Magari una miglior gestione delle forze, una alimentazione mirata per questo tipo di competizioni avrebbe sicuramente migliorato la nostra posizione in classifica, ma non importa.
L’importante è esserci divertiti e aver conosciuto un sacco di gente in gamba, dai massaggiatori, ai motociclisti, ai ragazzi che tutti i giorni smontavano e rimontavano le tende, fino alle persone che abbiamo conosciuto nei luoghi in cui abbiamo soggiornato: abbiamo ricevuto sempre una bellissima accoglienza ed è questa la forza dell’Alta Via Stage Race.
- Riccardo: A caldo, subito dopo la gara, avrei risposto di no. Tra l’altro il fattore età non è da sottovalutare… Però adesso ci sto pensando e proprio questa mattina mi facevo questa domanda. Forse la vera sfida sarebbe fare l’Alta Via Stage Race da solo. Del resto, come ho già detto, questa è un’esperienza che devi vivere, devi provare per poterla capire.
Comunque, anche io, facendo tesoro dell’esperienza di quest’anno, partirei con una attrezzature più adeguata, tipo un gps che non ti lascia mentre sei in mezzo alla nebbia!
- Infine, 3 parole per definire la tua esperienza.
- Ugo: Fatica, cuore, passione.
- Riccardo: Rischio di ripetermi ma non posso che dire cuore, passione, Liguria. E se posso aggiungerne una quarta: Anima.
In attesa di rivedere Riccardo e Ugo sui sentieri liguri, per ricordare insieme la loro avventura qui potete trovare tutte i loro report, in (quasi) diretta dall'Alta Via Stage Race 2015.
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Sull'autore
Veronica Micozzi
Mi piace leggere, scrivere, ascoltare. Mi piacciono le storie. Mi piace lo sport. Mi piacciono le novità. E riconosco la sana follia che anima i seguaci della bici. Credo di aver capito perché vi (ci) piace tanto la Mtb, al di là della tecnica, delle capacità, dell’agonismo: è per quella libertà, o illusione, di poter andare ovunque, di poter raggiungere qualsiasi vetta, di poter superare i propri limiti che solo le due ruote sanno regalarti…