La gara di Santa Caterina Valfurva ha segnato la conclusione del Superenduro 2016 (oltre ad essere anche la tappa finale dell'Enduro Cup Lombardia).
La location è di quelle da far brillare gli occhi, e del resto il Superenduro di quest'anno ci ha abituati a sedi di tappa davvero notevoli: da Massa Marittima a Varazze fino a Canazei, è davvero impresa difficile scegliere la migliore!
Nonostante il meteo abbia fatto decisamente penare i partecipanti e costretto gli organizzatori a rivedere il percorso, l'ultimo round del Superenduro è stato sicuramente "memorabile" e il racconto di Franz Savona ce lo conferma in pieno.
A lui la parola, quindi...
VM
Ci siamo, l’appuntamento con la finalissima del Superenduro 2016 è arrivato e, per la quarta e ultima tappa, gli organizzatori non potevano scegliere location più bella di questa: Santa Caterina di Valfurva si trova nel cuore del parco Nazionale dello Stelvio, circondata da vette che superano i 3.000 metri di altitudine.
Un vero paradiso per le mountain bike, visto che all’interno dello Stelvio Natural Trail Park inaugurato poche settimane fa (qui il nostro articolo), si trovano alcuni tra i single track più belli dell’arco alpino.
La gara sulla carta è impegnativa: ad attendere i rider (poco meno di 250, suddivisi tra categoria Pro, E-Bike e categoria Giovani), 41 km, ben 5 speciali da affrontare in un solo giorno e quasi 2.000 metri di dislivello da superare, di cui 1.150 metri pedalati e i restanti 800 metri coperti con gli impianti meccanizzati.
L’obiettivo è quello di portare la gara in alto, molto in alto, dove i ghiacciai sfiorano le nuvole!
I trail qui sono completamente naturali e si sviluppano per gran parte ben al di sopra dei 2.000 metri di quota.
Chi avrà fiato sarà avvantaggiato. Punto!
Come sempre sveglia a orari improponibili, rapido check dell’attrezzatura e via, direzione Santa Caterina.
Un paio di giorni di prove saranno più che sufficienti per prendere “confidenza” col terreno e abituare i polmoni all’aria “sottile” dei tremila! Già, perché una prova speciale partirà proprio da quella quota…
Alle 10, io e i miei compagni d’avventura, siamo al parcheggio della funivia Plaghera-Vallalpe, quella per intenderci che copre i primi 800 metri di dislivello; i restanti 1.1150 metri ci toccherà pedalarli, ma poco importa, siamo qui per questo.
È venerdì, e il tempo è ancora fantastico…
La prima PS (da ripetere nuovamente a fine gara come PS5) denominata “La Linea”, è un impegnativo trail guidato, ricavato dentro un bosco di larici, zeppo di radici e continui cambi di pendenza, una breve sezione scassata e una rampa finale pedalata.
Spettacolare la PS 2 “Dinamite Trail”: si parte su una cresta panoramica collocata a 2.950 metri di quota, per “tuffarsi” poi su un fettucciato “alla francese” in campo aperto, con terreno roccioso e prati d’alta montagna, e terminare in un single track flow e veloce, molto veloce.
Di tutt’altro tenore la PS 3 “Valle dell’Alpe”: si tratta della speciale più pedalata, più fisica e più lunga (quasi dieci minuti di percorrenza) di tutta la gara, con una sezione molto tecnica nella parte centrale, caratterizzata da sassi e roccioni, dove è imperativo trovare la velocità giusta per fare galleggiare la bici.
Infine c’è la PS4, “Dos Bolon”, la più breve ma anche la più divertente, ricavata interamente in un trail scassato d’alta montagna tra pini e rododendri, in un continuo susseguirsi di curve e tornanti a gomito.
Si prova con “moderazione”, bisogna conservare le energie per la domenica mattina.
È sabato, e il tempo è ancora spettacolare…
Purtroppo la favola termina qui, perché la storia che sto per raccontarvi ha preso una piega completamente differente da quello che doveva essere un epico giro in alta montagna, con speciali da urlo.
Le pessime condizioni meteo previste per la giornata di domenica hanno costretto la direzione gara, sempre precisa e puntuale, a rivedere completamente il percorso.
Il sabato sera, così, viene comunicato ai concorrenti che per motivi di sicurezza verrà annullata la PS4, quella che per raggiungerla prevedeva un vero e proprio trasferimento in alta montagna, con l’attraversamento di guadi e trail esposti, raggiungibili solo con gli elicotteri; quest’ultimi, visto il forte maltempo non sarebbero potuti decollare in caso di incidente.
La sicurezza prima di tutto.
La partenza, inoltre, viene posticipata alle 10, nella speranza che il tempo migliori.
La domenica mattina, però, ci svegliamo sotto un violentissimo temporale e in quota ha addirittura nevicato!
Nuova riunione della direzione di gara che decide all’unanimità di sopprimere la PS2, quella che partiva da 3.000 metri di quota, mentre la PS3 viene dimezzata: gli impianti che dovevano portarci all’attacco della speciale resteranno chiusi a causa delle avverse condizioni meteo.
Il nuovo percorso gara pertanto sarà composto dalle PS1 da ripetere due volte e dalla “nuova” PS3, con un inedito e lunghissimo trasferimento pedalato di circa due ore e 700 metri di dislivello, dapprima lungo la strada del Gavia e poi lungo una gippabile di servizio.
Alle 10.27 parte la mia gara.
Un breve trasferimento su asfalto mi porta all’attacco della scivolosissima PS1.
“Tre, due, uno… via”! Ci siamo.
Parto, mi immetto su un ripidone pieno di radici, ma non ho nemmeno il tempo di capire cosa stia succedendo e mi ritrovo “spiaggiato” a bordo pista.
Mi rialzo velocemente, ma la discesa è un vero e proprio terno al lotto.
La PS1, come temevo, è un fiume di fango, le radici senza corteccia sono viscide come saponette. Passo due concorrenti che si “attardano” in speciale, arrivo su un insidiosissimo scivolo d’erba, tento di controllare la bici al meglio, ma sono di nuovo faccia a terra.
Poco importa, sarà il “leitmotiv” della giornata!
Passo le fotocellule e mi dirigo al CO.
Mi rifocillo, do una sciacquata alla trasmissione e via, su per il lunghissimo trasferimento pedalato che mi porterà all’attacco della seconda speciale (la ex PS3, per intenderci). Purtroppo ricomincia a piovere e la temperatura è crollata.
Fa un freddo pazzesco, sono fradicio (questa volta ho anche il K-Way…), ma c’è poco da fare.
Testa bassa e pedalare.
A dieci minuti di distanza dalla partenza della speciale, gli uomini del soccorso alpino hanno allestito un ricovero molto spartano dove è possibile cambiarsi: indosso tutto quello che ho nello zaino, un leggero pile termico e pure il gilet windstopper; rimetto il K-way e raggiungo la partenza.
Smette di piovere, ma gambe e braccia sono gelate.
La mascherina completamente bagnata è inutilizzabile.
Parto senza lente, ma ahimè, è un errore che pagherò caro: i ripetuti schizzi di acqua e fango mi impediranno di guardare “lontano”... e proprio sul punto più tecnico e ripido della speciale, piazzo un bel “fron flip” completo.
Vado giù al tappeto: mi rialzo, breve check a ossa e mezzo, sembra tutto ok e riparto velocemente.
Passo il traguardo, mangio una barretta e mi “fiondo” velocemente verso l’inizio dell’ultima speciale (ex PS 5… ).
Questa volta pulisco accuratamente la lente, l’obiettivo è arrivare sano e salvo alla fine della discesa.
In effetti le condizioni del terreno sono nettamente peggiorate rispetto alla mattina, mi gioco jolly “a mazzi”, ma fortunatamente tutto fila liscio e raggiungo indenne l’arrivo della gara, assieme al mio compagno di Team e gara Andrea “Indu”.
L’umore è alle stelle, nonostante il freddo preso: quella di oggi era una gara da portare a casa, disputatasi in condizioni di guida e ambientali proibitive.
Bravissimi gli oltre 190 concorrenti che, nonostante il brutto tempo, hanno deciso stoicamente di presentarsi al via, sfidando freddo, pioggia e fango.
Tantissimi i ritirati dopo la difficilissima PS1e molti quelli che non si sono presentati al via, nonostante la sera prima avessero ritirato la tabella di gara.
Così, dopo questa “movimentata” prova, cala il sipario su un’entusiasmante stagione del Superenduro che, dopo il flow della Maremma Toscana, il tecnico della riviera Ligure e lo splendore delle Dolomiti (qui trovate tutti i nostri report), ha portato un po’ di sana avventura in alta montagna a coronamento di una stagione pazzesca per scelta delle location e bellezza dei trail.
Che altro chiedere allo staff del Superenduro 2016: «Enrico, facci divertire ancora l’anno prossimo!»
Qui trovate la classifica del 4º round del Superenduro 2016 e i vincitori del circuito.
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Redazione MtbCult
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