Maurizio
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Salve, sono un escursionista in Mtb a cui talvolta piace lanciarsi in discese veloci e ho notato che spesso le cadute sono dovute ad una rotazione di 180° della ruota anteriore, capita spesso anche ad altri amici di pedale.
Leggendo le informazioni sulle tecniche di guida sul vostro sito ne deduco che mi mancano nozioni basilari e importanti oppure può essere un difetto di attenzione, del tipo è meglio guardare dritto davanti e non la ruota anteriore, il terreno certamente e la traiettoria ma non il manubrio, il cardio o altro.
Sembra un’idiozia ma credo sia una delle cause più comuni di cadute con conseguenze spesso gravi.
Sarebbe interessante avere una risposta al riguardo.
Vi ringrazio.
Risposta di Daniele Foresi
Sembrerà strano, ma la Mtb è bella anche perché si cade, perché la caduta fa parte del processo di apprendimento, e non solo in bici. Siamo caduti la prima volta che abbiamo provato a camminare, la prima volta che abbiamo provato ad andare in bici senza rotelle e probabilmente anche la prima volta che abbiamo fatto una escursione seria.
Ogni “volo”, se attentamente analizzato può farci capire molte cose sia sul settaggio della bici, sia su carenze tecniche nell'affrontare determinati passaggi.
Quando si affrontano le discese uno dei motivi di caduta più ricorrenti è proprio la chiusura improvvisa dello sterzo.
Le cause possono essere tante, dalla distrazione alla stanchezza, dalla mancanza di lucidità a una lacuna di tecnica di guida.
Mai distrarsi alla guida
In Mtb, specialmente in discesa e alle alte velocità, dobbiamo imparare a sentire il nostro corpo, tanto a livello fisico quanto psicologico.
Dobbiamo evitare qualsiasi tipo di distrazione e concentrarci solo sul tracciato, guardare anche solo per un secondo il cardiofrequenzimetro o il contachilometri potrebbe fare la differenza tra entrare correttamente in curva o anticipare correttamente un'asperità del terreno e schiantarsi al suolo.
La tecnica resta l'aspetto più importante da considerare, affrontare un qualsiasi ostacolo senza la giusta preparazione porta, a lungo andare, a stancarsi di più e a commettere errori più facilmente.
In questo articolo avevamo affrontato la questione delle curve, presentando anche un video dove analizzavamo i movimenti dei professionisti e ci siamo accorti che anche se le traiettorie erano diverse, i movimenti di base erano gli stessi.
Ma dato che i sentieri non sono fatti di sole curve, che cosa fare nei tratti rettilinei, specialmente se pieni di radici e di sassi?
Bisogna ricordare che essere rilassati e morbidi sulla bici aiuta molto ad attutire gli urti che giungono dal terreno. Tenere le ginocchia aperte e i gomiti larghi, oltre a mettere in funzione le “sospensioni umane”, consente alla bici più libertà di movimento e, a noi, di mantenere meglio il controllo avendo più margine di recupero in caso di errore.
Come settare le sospensioni?
Il set up della nostra bicicletta è altrettanto importante. Due sono i fattori da considerare: Sag e velocità di estensione (o di ritorno).
Del Sag ne avevamo parlato qui.
Il lavoro della forcella può essere diviso in due fasi: una di compressione e una di estensione. Sulla maggior parte dei modelli da Xc/Trail/Enduro la compressione viene gestita tramite il manettino (ad esempio il Ctd di Fox) che si trova sopra lo stelo della forcella.
La velocità di ritorno, ossia la rapidità con la quale la forcella si estende dopo la compressione, viene gestita tramite un registro esterno, solitamente posto sotto al fodero basso. Il ritorno deve essere impostato in modo che la forcella non si estenda in maniera troppo brusca (altrimenti la ruota anteriore rimbalza dopo un impatto), né in maniera troppo lenta (altrimenti la forcella non riesce ad assorbire in modo efficace l’impatto successivo).
La velocità di ritorno, in linea di principio, varia in base al precarico: tanto più la forcella è “dura” (cioè tanto maggiore è la pressione dell’aria all’interno) e tanto più frenata dovrà essere l’estensione della forcella stessa.
Una questione di fisico
Un altro fattore che spesso è causa di cadute rovinose è la stanchezza. Il nostro allenamento non sempre è adeguato e anche solo due o tre minuti di discesa "a tutta" possono portare il fisico al limite. In questi casi è imperativo fare una sosta e riposarsi, anche se perdiamo il gruppo e dobbiamo continuare la discesa in solitaria. Meglio scendere piano e da soli piuttosto che rischiare infortuni.
Ci sono diversi campanelli di allarme che ci possono far capire che stiamo sorpassando la nostra soglia di resistenza. Il più chiaro è il dolore alle braccia e alle mani: quando abbiamo la sensazione che non riusciamo più a stringere il manubrio, o quando iniziamo a frenare con due dita, fermarsi è l'unica soluzione per recuperare le energie.
Un altro fattore meno considerato, ma altrettanto pericoloso, è la lucidità mentale. In discesa dobbiamo sempre guardare almeno 4-5 metri avanti a noi, per anticipare con i movimenti giusti le asperità del terreno. Quando ci accorgiamo che stiamo guardando la ruota anteriore e non riusciamo a spostare in avanti lo sguardo, allora è proprio il caso di fermarsi e tirare un attimo il fiato.
In generale, guardare la ruota anteriore equivale a guidare bendati.
Per migliorare la resistenza fisica, e quindi anche quella mentale, è necessario spendere tante ore in sella, ma anche fare esercizi di potenziamento a casa o in palestra.
La Mtb è uno sport fisico e come ogni altro sport necessita di un minimo di allenamento per poter affrontare in sicurezza le uscite.
Le cadute non sono completamente evitabili, anche ai professionisti capita di sbagliare, anche a loro si chiude lo sterzo, anche se si allenano tanto e hanno un livello di resistenza non comparabile a quello di un amatore. Ma con il giusto approccio mentale e una preparazione fisica di base chiunque può affrontare le discese con maggiore sicurezza.