Nel mondo del ciclismo e degli altri sport di endurance, si parla sempre di più della glicemia e del ruolo che questo parametro possa avere, sia nella vita di tutti i giorni, sia nella performance.
Fino a poco tempo fa, la glicemia (quantità di glucosio presente nel sangue) veniva presa in considerazione solo dai soggetti con disturbi tipo diabete o altre disfunzioni ormonali.
Nell'ultimo periodo, invece, diversi atleti sani utilizzano questo valore per ottimizzare gli allenamenti, l'integrazione e l'alimentazione nelle varie fasi della giornata.
Questo è possibile grazie a dei misuratori della glicemia di ultima generazione (Supersapiens è il più famoso), che attualmente non si possono utilizzare in gara (da regolamento), ma sono molto utilizzati in allenamento, soprattutto dai professionisti.
Chris Froome li ha definiti come “il futuro della preparazione atletica”, uno step integrativo al misuratore di potenza. Al contempo, sono molti anche gli scettici...
Ma come stanno le cose realmente?
Che ruolo ha la glicemia nell'attività sportiva?
Come funzionano e per chi sono questi misuratori?
Per rispondere a queste ed altre domande abbiamo chiamato in causa due professionisti del settore: Laura Martinelli (una delle dietiste più celebri nel mondo del ciclismo, che collabora anche con il team professionistico BikeExchange-Jayco) e Alexander Bertuccioli (Medico, Biologo e Nutrizionista affiliato al comitato scientifico della Federazione Italiana Fitness).
Abbiamo fatto ai due esperti le stesse domande ed è stato curioso osservare come le loro risposte siano in parte allineate e in parte contrastanti. Questo conferma il fatto che stiamo parlando di un argomento tutto nuovo, che lascia spazio a diverse interpretazioni e necessita di un ulteriore periodo di studio e sperimentazione per avere un quadro completo e definitivo.
Ora bando alle ciance: buona lettura!
- Quanto incide l'andamento della glicemia nella vita di tutti i giorni e nell'attività sportiva?
- Martinelli: L'andamento della glicemia è uno dei fattori principali da considerare quando si valuta il rischio cardiovascolare, quindi è strettamente connesso al raggiungimento e al mantenimento di un buono stato di salute. Per quanto riguarda l’attività sportiva, invece, la relazione fra glicemia e performance o glicemia e recupero è ancora alquanto nebulosa.
- Bertuccioli: Nella vita di tutti i giorni in un soggetto sano non più di tanto, l’organismo ha diversi meccanismi di compenso attraverso i quali bilancia, anche situazioni piuttosto difficili. Quello che molto spesso si attribuisce a un “calo di glicemia” di solito deriva da altri fattori: variazioni di pressione improvvise (es. alzandosi di scatto), situazioni che agiscono sul nervo vago (es. ernia iatale), problemi dell’orecchio interno e così via. Dal punto di vista sportivo, invece, per le attività intense superiori all’ora (sempre nel soggetto sano) una fornitura energetica non adeguata può portare a una progressiva e sempre più impattante perdita della prestazione. Ma attenzione anche in questo caso è fondamentale non scambiare i sintomi della disidratazione per sintomi di ipoglicemia! Troppo spesso vedo atleti dover fare i conti con presunti cali di energia che spesso e volentieri non sono altro che segni di disidratazione.
- Da quali fattori è influenzato l'andamento della glicemia, oltre che dall'alimentazione?
- M: E’ influenzato anche dalla richiesta energetica dell’esercizio fisico, nonché dagli stati emotivi. Il nostro corpo, infatti, reagisce allo stress producendo ormoni regolatori che fanno alzare il livello di glucosio nel sangue.
- B: Qualità del sonno e del riposo (recupero e supercompensazione) intensità e durata dello sforzo, eventuale coinvolgimento emotivo (per esempio rilascio di adrenalina dopo uno spavento come nel rischio di caduta) ma soprattutto livello e tipologia di allenamento, non solo muscolare ma anche metabolico. Un atleta può essere sia più “efficiente” nell’utilizzo del glucosio disponibile, sia maggiormente in grado di attingere anche ai grassi come fonte di energia “risparmiando zuccheri”, fattore strategicamente molto importante, che oltre ad essere condizionabile con l’alimentazione può essere notevolmente migliorato con una buona gestione delle frequenze cardiache (cercando di mantenere una certa regolarità, evitando grandi sbalzi).
- E' così importante mantenere una glicemia stabile? O si sta dando troppa importanza all'argomento in questo periodo?
- M: Da un punto di vista di prevenzione e tutela della salute, il mantenimento di livelli glicemici quanto più stabili possibile è fondamentale, in quanto la stabilità glicemica consente una produzione fisiologica (non eccessiva) di insulina, l’ormone deputato a far entrare il glucosio dal sangue alle cellule. In tal modo, questo ormone così prezioso rimane efficace negli anni.
Al contrario, gli sbalzi glicemici sono pericolosi per la salute perché, appunto, inducono il corpo a iper-produrre insulina e ciò a lungo andare ne riduce l’efficacia, i tessuti diventano poco sensibili e viene a crearsi uno stato di ridotta sensibilità all’insulina, anticamera del diabete tipo 2.
Per quanto riguarda il contesto sportivo, probabilmente i claim commerciali stanno anticipando la letteratura scientifica a supporto.
- B: Abbiamo continuamente oscillazioni fisiologiche che dipendono da volume, numero e frequenza dei pasti, intensità e durata degli sforzi fisici, assenza o presenza di adeguato recupero, con una serie di processi di cui spesso siamo completamente inconsapevoli. Il soggetto sano, in genere non vede particolari problemi, nel soggetto malato (come ad esempio il diabetico) sicuramente c’è un’importanza superiore, soprattutto nei casi di diabete insulino-dipendente.
- Può essere utile, all'atleta, monitorare la glicemia durante la giornata e/o durante l'allenamento?
- M: Sì, assolutamente. Il monitoraggio della glicemia può aggiungere dati interessanti per personalizzare e affinare il programma di allenamento e di nutrizione in base alle peculiarità specifiche dell’atleta, come la reazione ad un determinato alimento o esercizio.
- B: Durante la giornata, in assenza di particolari sintomi o di malattia, non c’è motivo per sottoporsi a monitoraggio, anche perché non faremmo altro che confermare quello che viene descritto nei testi di fisiologia. Durante l’allenamento potrebbe essere utile, in atleti di elite o comunque di alto livello per studiare il comportamento dell’organismo e progettare una strategia di rifornimento. Ma anche in questo caso è importante ribadire che sono tanti i fattori che determinano la risposta e quindi le necessità dell’organismo e quindi è molto importante che l'atleta impari ad ascoltarsi, magari utilizzando lo strumento come un aiuto per imparare a dare un significato alle sensazioni, prevenendo eventuali problemi.
- Sistemi tipo Supersapiens o similari che tipo di misurazione fanno? Sono attendibili?
- M: Supersapiens (e sensori simili) è dotato di piccolo ago che si inserisce sotto pelle e analizza la glicemia nel tessuto sottocutaneo, il sensore trasmette alla relativa applicazione i livelli di glucosio minuto per minuto. Sull’attendibilità fatico a rispondere, in quanto la letteratura sull’argomento è in via di sviluppo. Tuttavia, la sensibilità e l’attenzione del panorama scientifico sull’argomento è crescente, confido quindi che in un prossimo futuro potremo avere le risposte che stiamo aspettando.
- B: Sono sistemi che eseguono una misura in periferia, monitorando il comparto interstiziale che può essere ben rappresentativo della situazione sanguigna ma con una capacità di lettura ritardata. Il fluido presente nell’interstizio impiega diversi minuti per “equilibrare” i suoi livelli di glucosio con quelli del sangue, quindi il dato fornito rappresenta la situazione del sangue in media da 6 a 15 minuti (a seconda dello strumento) prima dell’effettiva lettura. Quando uno strumento mi segnala una glicemia tendente a scendere la situazione reale potrebbe essere ben diversa, devo esserne assolutamente consapevole quando lo utilizzo.
- A suo avviso, un sistema del genere può davvero aiutare lo sportivo nella gestione dell'alimentazione e dell'integrazione? O c'è il rischio che complichi ancora di più le cose?
- M: Si suol dire “Too much information kills information” (Troppe informazioni ammazzano l'informazione, ndr). Questo modo di dire si applica benissimo alla nutrizione sportiva e al mondo della performance atletica in senso lato: l’informazione è utile fintanto che si riesca a coglierne il reale valore e ad attribuirne il giusto livello di importanza. Credo che questi sensori possano realmente contribuire alla personalizzazione del programma nutrizionale, senza dimenticare però che la glicemia è uno dei tanti fattori in gioco.
- B: Nella gestione diretta ancora no, in quanto l’avere un dato che rappresenta una situazione precedente di diversi minuti se preso alla lettera può facilmente diventare fuorviante. Inoltre, le variabili chiamate in causa sono tante, per cui rimane ancora necessario affidarsi a una corretta lettura e interpretazione delle proprie sensazioni. Può essere invece molto utile utilizzarlo nei test e nelle simulazioni di gara per una pianificazione della strategia alimentare e integrativa di massima e soprattutto è molto interessante per imparare ad ascoltarsi meglio, dando un significato più chiaro a determinate sensazioni che si sperimentano in attività.
- È utile anche all'amatore in salute o è un sistema pensato solo per chi ha problemi fisici (tipo diabete) e per i professionisti che devono curare il minimo dettaglio?
- M: Io credo possa giovare anche all’amatore in salute, ma in tal caso non consiglierei l’utilizzo continuativo del sensore, in quanto già con qualche mese di utilizzo l’atleta ha la possibilità di analizzare la risposta glicemica per ottimizzare la sua alimentazione usuale.
- B: Se so che alla fine saranno più gli amatori, rispetto a professionisti, ad impiegare sistemi di questo tipo, ma penso che la giusta collocazione sia per atleti professionisti o comunque molto avanzati, ma anche per soggetti che hanno qualche problema specifico, come appunto i diabetici, ovviamente con l’opportuno training da parte di un diabetologo con esperienza in ambito sportivo.
- Per concludere: a prescindere da questi sistemi di monitoraggio, qual è il miglior modo per mantenere un andamento costante della glicemia o comunque per evitare picchi anomali?
- M: E’ fondamentale pianificare struttura e tempistica dei pasti, integrando il programma nutrizionale coerentemente con quello di allenamento.
Per modulare la risposta glicemica post-prandiale (livello di glicemia in seguito al pasto, ndr) è bene favorire il consumo di cereali integrali, legumi, verdura fresca e di stagione, frutta a medio-basso indice glicemico, ma anche limitare dolci e zuccheri semplici.
Infine, suddividere l’apporto calorico giornaliero in 3 pasti principali (colazione, pranzo e cena) e 2-3 spuntini contribuisce al mantenimento di buoni livelli glicemici, in quanto previene situazioni di glicemia troppo bassa a seguito di digiuni prolungati e, in secondo luogo, aiuta a gestire meglio il pasto successivo, giungendo a tavola con meno appetito.
- B: Alimentazione, allenamento e strategia: ripartire dal fare bene le cose basilari che abbiamo sempre fatto, sviluppando quella sensibilità e capacità di ascolto dell’organismo che ci permette in maniera dinamica di gestire le più disparate situazioni, quando sappiamo fare molto bene questo e/o per imparare a fare più velocemente questo, ben venga la tecnologia impiegata dove si dimostra realmente utile.
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Sull'autore
Daniele Concordia
Mi piacciono il cross country e le marathon, specialità per le quali ho un'esperienza decennale. Ho avuto un passato agonistico sin da giovanissimo, ho una laurea in scienze motorie e altri trascorsi professionali nell’ambito editoriale della bici.