Premessa: questo articolo è una provocazione.
E’ stato concepito diversi mesi fa con lo scopo di provare a scardinare le convinzioni più radicate in materia di trasmissioni per bici.
Non si parla di Mtb in maniera diretta, ma vorrei mostrarvi in quale direzione potrebbe evolvere la bici da strada (e forse lo sta già facendo) nel corso dei prossimi anni grazie al modo in cui la Mtb sta evolvendo.
Quindi, se non avete il minimo interesse per il mondo road, lasciate perdere ora di leggere questo articolo.
Se invece lo avete, provate a continuare e a leggere questa storia.
L’argomento di cui si parla è la trasmissione 1x11 su bici da strada.
Blasfemia della tecnica, semplice follia oppure una possibile strada per il prossimo futuro?
L’esperimento folle
L’1x11 in campo Mtb è una realtà consolidata.
Questo sistema ha fatto capire a moltissimi biker che 11 velocità possono bastare per gestire un ventaglio di situazioni molto vasto in ambito off-road.
E ancor di più l’1x12.
Partiamo quindi da questo assunto, a prescindere che sulla vostra bici (Mtb o strada) ci sia o meno una trasmissione monocorona.
Ora proviamo a replicare questo concetto su una bici da strada.
O meglio, su una bici da ciclocross-gravel, una Santa Cruz Stigmata CC (qui il test in versione off-road), allestita in maniera molto road per arrivare al peso di 7,3 Kg in taglia 56, pedali compresi.
L’obiettivo è renderla leggera e adatta quanto più possibile per un uso su strada.
I perni passanti e i freni a disco, però, la rendono molto simile a una Mtb e sappiamo bene che nel mondo road c’è più di una rivoluzione in corso.
E’ solo questione di tempo.
E da qui è venuta fuori l’idea.
E se provassimo a montare l’1x11 anche su una bici da strada (o simili)?
Detto, fatto.
11 rapporti veri, senza sovrapposizioni.
Quali pignoni considerare?
Per tenere quanto più possibile bassi i pesi, ho utilizzato dei pacchi pignone Sram Red da 11-28 e da 11-32 caratterizzati dalla seguente spaziatura:
11-28 : 11,12,13,14,15,16,17,19,22,25,28
11-32 : 11,12,13,14,15,17,19,22,25,28,32
Ho volutamente escluso l’11-36, la cui spaziatura
11-36 : 11,12,13,15,17,19,22,25,28,32,36
porta a salti di cadenza di pedalata molto marcati fra un rapporto e l’altro.
Per un uso escursionistico-gravel funziona molto bene, ma se si cerca un minimo di prestazioni e velocità su strada non è la soluzione più indicata.
Quale corona montare?
Partiamo dagli sviluppi metrici considerando la formula:
(M/P)xC= sviluppo metrico di un dato rapporto
M=numero di denti della corona
P= numero di denti del pignone
C= circonferenza della ruota (copertone compreso)
Mi limito a considerare il rapporto M/P dato che il diametro delle ruote non cambia.
Mi ritengo una persona abbastanza allenata e grazie alla leggerezza della bici e alla sua efficacia su strada ho valutato corone da almeno 46 denti.
Infatti, un rapporto come il 46/32 è del tutto paragonabile a un 36/25, cioè un rapporto piuttosto agile molto comune sulle bici da strada:
46/32=1,43
36/25=1,44
mentre se si considera un pacco pignoni 11-28 otteniamo:
46/28=1,64
che è leggermente più corto (e quindi più agile) di un 42/25
42/25=1,68
Dopo una decina di uscite, però, decido di optare per una corona da 48 denti in modo da avere uno sviluppo metrico maggiore in generale.
Infatti, ho ottenuto:
48/11=4,3
mentre i più comuni 50/11 e 52/11 mi danno:
50/11=4,54
e
52/11=4,72
In sostanza, il 48/11, pur essendo più corto di un 50/11 permette di esercitare una valida spinta sui pedali fino a velocità di 54-56 all’ora.
Ovvero per le necessità di un ciclista medio può risultare più che adeguato.
Per quanto riguarda, invece, i rapporti più corti (cioè quelli per la salita), con una corona da 48 denti otteniamo:
48/32=1,50
che è identico a
39/26=1,50
mentre il
48/28=1,71
corrisponde più o meno a un
39/23=1,69
Il pacco pignoni 11-28, però, è stato impiegato per lo più nelle uscite in cui non erano previste salite lunghe e/o ripide.
Un dettaglio molto importante
La corona utilizzata è una Sram Force 1 X-Sync specifica per pedivelle con giro bulloni da 110 mm e trasmissioni 1x11.
Questa corona si monta su qualunque pedivella Sram pensata per trasmissioni 2x11 e grazie al profilo dei denti leggermente decentrato, la catena riesce a lavorare con un allineamento ancora accettabile tanto con il pignone più grande quanto con quello più piccolo.
Su questo dettaglio il test ha espresso dei verdetti molto chiari.
Continuate a leggere…
Quale cambio?
Per il test è stato utilizzato uno Sram Force 1 a gabbia media, capace di gestire pignoni fino a 36 denti e dotato delle medesime caratteristiche tecniche dei cambi 1x11 da Mtb.
Unica differenza, la presenza di un registro per la tensione del cavo e un tiraggio del cavo differente, compatibile con i comandi cambio Sram da strada.
Volendo è possibile optare anche per un cambio specifico da strada a gabbia lunga, ma in quel caso non si ha più il sistema di ritenzione della catena, cioè il Roller Bearing Clutch, utile quando l’asfalto è particolarmente dissestato.
Il cambio Sram Force 1 a gabbia media pesa un po’ più di un cambio Sram Red a gabbia lunga: 264 gr rilevati contro 164 gr dichiarati.
Ma veniamo al momento clou del test: le salite dolomitiche.
Il test più difficile: il SellaRonda con l'1x11
Dopo aver acquisito confidenza con questo tipo di trasmissione 1x11 sulla Stigmata (grazie a oltre 5 mesi di uso su strada) ho deciso di portare a termine l’esperimento con un’uscita molto impegnativa per i dislivelli e per la quantità di salite.
Ovvero pedalare sulle Dolomiti e affrontare i Passi più celebri.
Quindi, programmo per bene l’uscita con partenza da Cortina d’Ampezzo con direzione Passo Falzarego, quindi Arabba, Passo Pordoi, Passo Sella, Passo Gardena, Corvara, San Cassiano, Passo Valparola e quindi di nuovo Cortina d’Ampezzo.
Mi studio il percorso e considero circa 3100 m di dislivello in circa 110 Km.
L’obiettivo è percorrerlo con un’andatura regolare che mi permetta di affrontare tutte le salite senza soste.
Le soste (anche alimentari), mi dico, sono possibili solo sui passi e quindi adeguo il ritmo di pedalata.
Cerco di tenere il cuore sotto le 160 pulsazioni e mi impegno per tutto il giro, soprattutto nelle fasi iniziali, a pedalare “al di sotto dei miei mezzi” su tutte le salite.
Non devo strafare.
Il Passo Falzarego da Cortina invita a pedalare, perché le pendenze non sono mai tanto impegnative, ma riesco a stare entro le 160 pulsazioni utilizzando più spesso di quanto vorrei il rapporto più agile.
Arrivo al valico e mi dirigo verso il Pordoi.
Da qui inizia la mia avventura SellaRonda e da qui non posso più commettere errori.
Arrivo ad Arabba e so già che mi fermerò al Passo Pordoi per mangiare, quindi, salgo con andatura regolare, tenendo sempre il cuore intorno alle 160 bpm.
La salita non è impossibile, è solo lunga e, procedendo, incontro, come prevedibile, un sacco di ciclisti.
Li sorpasso salutandoli, proseguendo sempre con un ritmo costante e controllato.
La salita del Pordoi è molto piacevole: mai estrema e, ovviamente, spettacolare.
Tiro fuori dalla tasca lo smartphone per fare qualche foto mentre pedalo.
L’emozione di essere qui, che siate biker o stradisti, è enorme, difficile da contenere e allo stesso tempo difficile da gestire.
Guardo il Garmin e guardo costantemente cosa sta facendo il cuore.
Il 48/32, per ora, è adeguato alla situazione e in alcuni casi si riesce anche a utilizzare il 48/28.
Bene così!
Finisce anche il Pordoi e i 2220 m di quota si fanno sentire.
Il cuore nel tratto finale sfora inevitabilmente le 160 bpm, ma è tutto sotto controllo.
Le gambe stanno bene e la bici mi sembra adeguata alla situazione.
Mangio qualcosa, foto di rito al monumento di Fausto Coppi e poi di nuovo in strada, direzione Canazei e Passo Sella.
E in discesa mi accorgo che, uscendo dai tornanti, il 48/11 è più che adeguato.
Può risultare, invece, troppo corto se si ha davanti un lungo rettilineo nel quale si vuole e si può fare velocità.
Ma non è il caso mio e comunque mi accorgo che affrontando bene i tornanti la velocità in uscita può essere molto alta.
Tutta una questione di traiettorie e il grip dell’asfalto asciutto è molto maggiore rispetto a qualunque sentiero offroad…
Ci siamo: ecco il bivio per il Passo Sella.
La salita qui è breve, circa 5,5 km con un dislivello di 412 m, ovvero pendenza media del 7%.
Qui inizia a farsi sentire la fatica e in alcuni momenti le pendenze sono più forti.
La quota e l’acido lattico nelle gambe fanno salire i battiti e non riesco a stare sotto le 160 bpm per tutto il tempo che vorrei.
Ascolto le gambe e cerco di non far pesare troppo la salita sui muscoli.
La velocità cala, ma ciò nonostante non sono il più lento su questa ascesa.
Incontro un gran numero di ciclisti con rapporti molto più agili del mio.
Lo scenario intorno, però, fa quasi dimenticare la fatica.
Impossibile non fare foto.
Cerco di non fermarmi e quando non ci sono auto nei paraggi scatto delle foto.
Solo quando mancano pochi metri alla vetta mi fermo per scattare una foto panoramica.
Non ho proprio resistito…
Passo Sella fatto.
Adesso posso dire di aver superato la metà delle difficoltà previste oggi.
E il Passo Gardena, cioè la prossima salita, è molto facile.
Sul Sella mi fermo di nuovo per mangiare, in modo che la digestione avvenga in discesa ovvero quando non ci sono sforzi da fare.
E in discesa mi arriva l’ennesima conferma di quale vantaggio siano i freni a disco, specie in presenza di tornanti e di lunghi e veloci rettilinei.
Però, il pensiero in questo momento va al Passo Valparola, il più insidioso perché arriva alla fine di un giro molto impegnativo.
Intanto mi godo lo scenario del Gruppo del Sella che toglie il fiato, sebbene sia la milionesima volta che passo su queste strade.
Il cambio funziona in modo impeccabile.
Al mattino, prima di partire (come tutte le volte), ho pulito la catena con un panno e l’ho lubrificata per bene per avere la migliore efficienza possibile.
E tutto sembra funzionare alla grande.
Gli incroci più estremi, però, non sono silenziosissimi: quando la catena si trova sul 48/32 si avverte che l’incrocio non è proprio ottimale.
Si sente una maggiore ruvidità che però, a mio avviso, rimane entro limiti accettabili.
Con il 48/11 in discesa è lo stesso identico discorso.
Valico il Passo Gardena e mi tuffo verso Colfosco e Corvara, dove mi fermo di nuovo per un panino.
Sono quasi le 13:00 ed è meglio mettere dentro qualcosa di più consistente.
Continuo a pensare alla salita del Passo Valparola.
Agli strappi nei paraggi di San Cassiano.
So che saranno molto difficili, ma cerco di godermi la discesa fino a La Villa.
Il cuore cala di regime segno che le cose stanno funzionando bene.
Ed eccoci qui, l’ultima salita.
I 763 m di dislivello saranno coperti in 13 Km e rotti, ma è la parte finale quella che mi preoccupa, perché lì la quota inizierà a farsi sentire su cuore e gambe.
E sarà l’ultimo (il quinto) dei Passi di giornata.
Procedo con un ritmo molto cauto, cercando di non spingere sui pedali.
La cadenza non è elevatissima, ma nel corso degli ultimi 7-8 mesi mi sono abituato a pedalare con queste frequenze.
Le salite diventano una sorta di lungo esercizio di forza resistenza e controllando bene respirazione, spinta sui pedali e battito, si riesce a salire senza troppi problemi.
Per la verità fino ad ora ha funzionato, ma qui, sul Valparola, credo che sarà più dura del previsto.
E così è, infatti.
Mi alzo sui pedali per alleviare la fatica sui quadricipiti, ma quando mi risiedo mi accorgo, ahimè, che non hanno la brillantezza che avrei voluto.
Segno che sono stanco e che vorrei avere un rapporto più agile.
La spaziatura del pacco pignoni 11-32 mi piace e mi sembra adeguata a questo percorso, quindi, semmai, sarebbe stato meglio montare una corona da 46 denti anziché da 48.
Stringo i denti e attendo con ansia sempre crescente i cartelli che indicano la distanza per il Passo.
Un lungo e sofferto countdown.
E’ dura e alle mie spalle sta per arrivare la pioggia.
Vento forte alle spalle, fa freddo, ma se non altro non sono da solo.
Ci sono anche altri ciclisti che stanno arrancando.
In questo momento sto invidiando il loro rapporto più agile.
Ma cerco di non mollare, soprattutto di testa, perché le gambe stanno per finire.
Anzi, sono finite.
Se mi alzo sui pedali la fatica non si allevia.
“Caro mio, hai finito la forza e l’acido lattico si è impossessato delle tue gambe”
Ci rido (e ci piango) su, ma alla fine il calvario finisce.
Ecco il rifugio.
Ecco il Passo Valparola, ecco il museo della Grande Guerra e decido di fermarmi…
Insomma, come va l’1x11 su una bici da strada?
Il funzionamento di questo mix di componenti è risultato valido e del tutto simile a quello che già conosciamo sulle Mtb.
Il feeling con la cambiata è molto simile.
Il cambio Sram Force 1 è rapido e preciso e richiede solo un po’ di attenzione in più in fase di montaggio per regolare bene la distanza fra la puleggia superiore e il pignone più grande.
La semplicità e l’intuitività di utilizzo sono il suo forte, al pari di quanto avviene sulla Mtb, e in ambito road le differenze sono minime.
Cosa cambia di più?
La spaziatura fra i pignoni, ovvio.
Ma nella realtà, se ci si limita a un pacco pignoni 11-32 (o meglio ancora a un 11-28) le cose non vanno così male e quando si aziona il cambio la frequenza di pedalata non subisce bruschi e spiacevoli cambiamenti.
Rispetto alle 22 velocità nominali di un cambio da strada (effettive però sono molte di meno) le 11 velocità in questa configurazione sulla carta possono sembrare una limitazione, ma nella pratica non risultano così fuori luogo.
Ma perché fare a meno del deragliatore?
Qui entrano in ballo diversi discorsi:
- il deragliatore complica il funzionamento della bici, aumentando l’usura della catena, riducendo la leggerezza e anche l’intuitività di funzionamento
- perché il monocorona semplifica tutto e non solo a livello estetico
- perché se sulla Mtb vi piace, sulla bici da strada potreste adorarlo. A patto, però, di scegliere per bene i rapporti da usare e di accettare dei compromessi sullo sviluppo metrico dei rapporti.
Quindi, c’è una componente, diciamo, filosofica, ma ci sono anche delle motivazioni tecniche non banali e affatto trascurabili.
Quindi, cosa fare?
Qual è la soluzione definitiva? Eccone una…
Il test dell’1x11 su una bici da strada ha emesso un verdetto molto chiaro.
In questo momento è una coperta troppo corta se si pensa di utilizzare la stessa rapportatura su percorsi molto diversi fra loro, a meno di non utilizzare una combinazione di pignoni con un range molto ampio (11-36, ad esempio) accettando però dei salti di cadenza molto marcati fra un rapporto e l’altro.
Nel mio particolare caso, per capire bene, mi sono dotato di due pacchi pignone, cosa che, fra chi pedala su strada, non è affatto rara.
Il SellaRonda è stato portato a compimento, ma il verdetto finale è stato chiaro: serviva una corona da 46 denti e l’incrocio della catena porta a una maggiore ruvidità di funzionamento.
A mio avviso ancora accettabile, ma è doveroso segnalarla.
Senza dimenticare che, ho rispettato la mia andatura perché non avevo occasione-necessità di stare a ruota di altri ciclisti.
In quel caso non è sempre facile trovare il rapporto adatto, ovvero la cadenza di pedalata corretta.
Quindi, per concludere, tutto ciò equivale ad avere una coperta troppo corta.
La soluzione, come detto nel video, è rappresentata da due opzioni:
- l’arrivo dell'1x12
Con un pacco pignoni ispirato a quello della Mtb si può partire da un pignone da 10 denti e le cose cambiano di molto. L'esperienza del SellaRonda mi suggerisce una combinazione 10-34 così composta:
10,11,12,13,14,16,18,20,23,26,30,34
che, in abbinamento a una corona da 48 denti, porta ad avere sviluppi metrici molto più ampi.
Infatti, il 48/10=4,8 è un rapporto anche più lungo di un 52/11=4,72, mentre il 48/34=1,41 è anche più corto di un 36/25=1,44.
Cioè la coperta sarebbe un po’ meno corta e la spaziatura dei pignoni risulterebbe un po’ più regolare.
Se poi dovessero arrivare anche le 13 velocità le cose migliorerebbero ancora.
Chissà…
- una corona flottante
Cioè una corona singola capace di muoversi per dare sempre alla catena il migliore allineamento possibile fra corona e pignone.
Questo migliorerebbe la silenziosità, l’usura della catena e le prestazioni del cambio che, per inciso, nel caso del sistema provato non sono risultate poi così malvagie.
Al momento, comunque, corona e pignoni sono ben allineati solo se parliamo dei pignoni centrali.
Guardate la foto:
mentre l'allineamento diventa critico sui pignoni più esterni.
Ovvero:
In conclusione, quanto siamo lontani dalla realtà con un'ipotesi 1x12 più corona flottante?
A mio avviso non così tanto e forse è solo questione di tempo.
L’1x11 su una bici da strada, per ora, è piuttosto una scelta filosofica che non un vantaggio pratico, ma ha in sé i presupposti per avere successo in futuro.
Io, nel frattempo, continuo ad usarlo con soddisfazione.
Staremo a vedere…
Qui tutti gli altri articoli sulle trasmissioni 1x11
PS: un progetto di corona flottante esiste già ed è dell'italiana Metalsistem, come ci ha gentilmente segnalato P Paolo Lombardi nei commenti. Qui viene spiegato in modo dettagliato.
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Sull'autore
Simone Lanciotti
Sono il direttore e fondatore di MtbCult (nonché di eBikeCult.it e BiciDaStrada.it) e sono giornalista da oltre 20 anni nel settore delle ruote grasse e del ciclismo in generale. La mountain bike è uno strumento per conoscere la natura e se stessi ed è una fonte inesauribile di ispirazione e gioia. E di conseguenza MtbCult (oltre a video test, e-Mtb, approfondimenti e tutorial) parla anche di questo rapporto privilegiato uomo-Natura-macchina. Senza dimenticare il canale YouTube, che è un riferimento soprattutto per i test e gli approfondimenti.