Parla Franco Monchiero, la persona che a tutti gli effetti ha inventato l’enduro in Italia e, insieme a Enrico Guala, ha creato la formula Superenduro.
Il sottoscritto lo ha raggiunto telefonicamente per sentire la sua voce e cercare le risposte alle domande più stringenti che in questi giorni affollano il web.
- Lo stop del Superenduro è stato annunciato con ritardo. Non si poteva evitare?
- La gente deve capire che non è semplice gestire queste cose.
Prima di tutto non è stato fatto apposta.
Siamo arrivati a queste conclusioni dopo lunghi ragionamenti.
Quando penso al 2014 mi sembra 2 giorni fa che eravamo a Finale Ligure per l’Ews.
Durante la stagione elabori delle idee, pensi a delle migliorie, ma non trovi il tempo per definire il dettaglio.
Lo so che non è giusto dare questa comunicazione in ritardo, ma io non faccio questo di lavoro.
Io prendo le ferie per lavorare sul Superenduro prima, durante e dopo gli eventi.
E’ stato un attimo finire la stagione, ne abbiamo pensate e dette tante di cose, ma poi ognuno ha i suoi impegni.
Purtroppo ci sono dei tempi tecnici per fare queste cose.
Chiedo scusa di questa cosa al mondo, ma non è stato semplice.
Non mi piace che qualcuno ci accusi di averlo fatto apposta.
E’ una decisione che è stata meditata ed è rimasta in bilico fino all’ultimo.
- E cosa succederà nel 2016?
- Ci stiamo muovendo, perché il Superenduro non ha chiuso, semmai non organizza gare nel 2015, ma non ci fermiamo del tutto.
Abbiamo amici, tipo quelli di Sestri Levante, a cui vorremo dare aiuto e supporto nel case servisse, anche in forma non ufficiale.
Se ci sono i presupposti per continuare continueremo, altrimenti pazienza.
Smetteremo del tutto.
Negli ultimi tempi non ero contento del lavoro che stavamo facendo e della considerazione che avevamo da parte dell’utenza.
Questo annuncio ha generato un gran casino che non è tanto normale.
Tutto quello che abbiamo sentito in questi giorni, mi toglie la passione.
Sono nel settore da una vita, ma non sento di avere degli obblighi verso questo mondo.
Le cose le ho sempre fatte per passione.
Provo a spiegarmi meglio.
E’ come fare una cosa per il bene della comunità ma che ti porta a ricevere solo critiche. Allora smetti di farla.
Me ne sto a casa, ho 54 anni, sto bene anche a fare altro.
Se, però, effettivamente questa cosa è una cosa che serve e ritrovo la passione, allora ok, si riparte.
Io, per il 2015, mi sono visto davanti una prospettiva di cose fatte sempre allo stesso modo e con gli stessi risultati, le critiche gratuite, anche di qualche tuo collega.
Così non ha senso.
- Il fatto che il Superenduro non vi abbia portato degli introiti è stato un errore secondo te?
- C’è stato, forse, un errore di strategia. Abbiamo preferito reinvestire i soldi ricavati. Era una passione e un gioco che ci ha fatto mettere in secondo piano l’interesse economico.
Noi siamo fatti così.
Abbiamo investito, sempre, per generosità e passione.
Se avessi messo qualche soldo in tasca (e di soldi comunque ne sono passati nelle casse del Superenduro) non mi sarei divertito così e magari avrei smesso anche prima.
- Perché non avete annunciato le vostre difficoltà lo scorso anno a Finale Ligure?
- Io ed Enrico in questo siamo così: tendiamo a rimandare il problema un attimo più avanti. Siamo fatti così.
Ogni lunedì post gara mi ritrovo una tale mole di e-mail a cui rispondere che in un attimo ci siamo ritrovati a Natale e non siamo riusciti a essere puntuali.
Io mi scuso di questo, ma non c’è stato modo di fare diversamente.
- Manterrai ancora il tuo ruolo in Fci?
- Il mio ruolo, finché la Federazione me ne dà la possibilità, rimane invariato. Credo di aver accumulato una certa esperienza che voglio mettere a disposizione.
Ho chiesto alla Fci di mettere il suo cappello su un circuito enduro.
A breve mi incontrerò in Federazione per definire un po’ di dettagli, mettere in piedi un ufficio stampa, dare visibilità e forse il mio lavoro in Fci verrà ancora di più incrementato.
Io lavoro in questo settore e se l’enduro crollasse in questo momento sarebbe un danno anche per me.
Sono ancora coinvolto nella trattativa.
- E l’ipotesi di un circuito alternativo con Davide Bonandrini?
- La via migliore e più funzionale è che la Fci metta il suo cappello. Poi se ci sono dei partner che vogliono intervenire ben venga.
Ma la Fci deve prendere in mano la cosa.
Può essere anche che il Superenduro entri in gioco in questo nuovo circuito.
Se la Fci riconoscesse un circuito sarebbe una mossa storica.
- Quindi il Superenduro potrebbe tornare come rivale?
- Quello che sarà sarà.
Il Superenduro a suo tempo lo inventai per un discorso commerciale legato al lavoro che facevo.
Io vendevo delle bici che non avevano una categoria agonistica di appartenenza (qui la sua intervista a riguardo, ndr).
“Devo inventarmi qualcosa che giustifichi a livello agonistico queste bici”.
Gravity, ma senza impianti di risalita. Ed ecco l’enduro, è stato facilissimo.
A me interessa la promozione di quel modo di interpretare la bici. Che ha un potenziale enorme.
E mi interessa che venga fatto bene.
I miei ruoli continuo a ricoprirli e se Superenduro può tornare, ritornerà.
E se fosse qualcun altro a farlo, ben venga.
Quindi, l’enduro nazionale dovrebbe mantenere il supporto tecnico di Franco Monchiero.
Adesso non rimane che attendere le scelte che la Federazione Ciclistica Italiana farà in merito all’enduro.
A livello internazionale questa disciplina non è riconosciuta.
Per l’Uci è quasi come se non esistesse.
La Fci ha già compiuto un passo importante riconoscendo la maglia di campione italiano di enduro, e ciò rappresenta un’anomalia.
Sarebbe davvero importante per la Mtb se "mettesse il suo cappello" anche su un circuito di gare enduro.
Staremo a vedere.
Nel frattempo, l’esperienza e la passione di Franco Monchiero sono sempre ben vive.
E con questo l’enduro italiano può tirare un mezzo sospiro di sollievo.
Foto d'apertura di Matteo Cappè-Superenduro
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Sull'autore
Simone Lanciotti
Sono il direttore e fondatore di MtbCult (nonché di eBikeCult.it e BiciDaStrada.it) e sono giornalista da oltre 20 anni nel settore delle ruote grasse e del ciclismo in generale. La mountain bike è uno strumento per conoscere la natura e se stessi ed è una fonte inesauribile di ispirazione e gioia. E di conseguenza MtbCult (oltre a video test, e-Mtb, approfondimenti e tutorial) parla anche di questo rapporto privilegiato uomo-Natura-macchina. Senza dimenticare il canale YouTube, che è un riferimento soprattutto per i test e gli approfondimenti.